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27 febbraio 2018 -  13 adar 5778
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LETTERATURA

Appelfeld, la salvezza nella lingua ebraica

img header“L’arte è essenzialmente testimonianza. Testimonianza umana, importante quanto quella più scientifica della storiografia”. In un colloquio torinese con Manuel Disegni, il grande scrittore israeliano Aharon Appelfeld spiegava così il ruolo avuto nella sua vita dalla letteratura, intesa appunto come arte della testimonianza. Nel suo caso, soprattutto testimonianza dell’orrore della Shoah, che nelle sue innumerevoli opere (45) Appelfeld – scomparso in gennaio all’età di 85 anni – seppe raccontare con lucida e disarmante innocenza. “Non sono capace di immaginare un vero scrittore che non tratti di se stesso e della sua vita” spiegò a Disegni, che lo intervistò per Pagine Ebraiche, riassumendo in poche parole la propria identità letteraria. Considerato uno dei maggiori scrittori israeliani, Appelfeld nacque nel 1932 nei pressi di Czernowitz, nella Bucovina del nord, allora Romania e oggi Ucraina. I genitori erano ebrei secolari, che guardavano a se stessi con una visione cosmopolita. I suoi nonni invece – come raccontò lui stesso – erano ebrei osservanti, contadini che costruirono una sinagoga sui i loro terreni. La sua vita cambiò nel 1941 quando l’esercito rumeno, alleato dei nazisti, riconquistò la sua cittadina, Jadova, dal controllo sovietico. Sua madre e sua nonna furono assassinate. Appelfeld invece riuscì a scappare con il padre ma dopo poco entrambi furono catturati e deportati in un lager in Transnistria, dove furono separati. A nove anni si trovò da solo ma riuscì ad avere la forza di fuggire di nuovo, trascorrendo due anni a nascondersi nella foresta, svolgendo i più strani lavori per un gruppo di prostitute e di ladre.

Pagine Ebraiche, febbraio 2018

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NARRATIVa

Etiopia, la guerra che l’Italia non ricorda

img headerFrancesca Melandri / SANGUE GIUSTO / Rizzoli

Un passato coloniale che non è stato ancora elaborato, durante il quale l’Italia “imperiale” si macchiò di stragi e crimini efferati. La guerra d’Etiopia (1935-1936) ha segnato la storia del Paese, e le tante vite (e coscienze) di coloro che quel conflitto cruento, di qualche anno precedente la seconda guerra mondiale, lo vissero, spesso credendo convintamente nel fascismo e nelle teorie sulla superiorità razziale che già allora venivano applicate (le prime leggi razziste furono infatti quelle contro il “meticciato”, che, tra le altre cose, vietavano le unioni tra italiani e africani, imponendo una netta separazione). Anticipando drammaticamente quanto avvenuto negli anni successivi nei confronti della minoranza ebraica.
Il tema è al centro del romanzo Sangue giusto di Francesca Melandri, pubblicato da Rizzoli. Oltre cinquecento pagine in cui si alternano vicende dei nostri giorni a flashback che ripercorrono la vita dell’ormai anziano Attilio Profeti, soldato in Etiopia negli anni ’30.
La storia inizia con lo stupore di una donna, Ilaria, che trova ad attenderla, di fronte alla porta di casa, un ragazzo con la pelle nera e le gambe lunghe, che le mostra un passaporto. “Mi chiamo Shimeta Ietmgeta Attilaprofeti” le dice, “e tu sei mia zia.”

mdp

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JUDAICA

Se stiamo insieme
«Dio risiede»   

MEDICINA E SHOAH

Scienza di morte

Giovanni Stanghellini / NOI SIAMO UN DIALOGO / Raffaello Cortina



Lo studente ha viaggiato a lungo, solo per vedere il Rabbi. Un attimo di attenzione gli basta, poiché la sua domanda è semplice. «Maestro, qual è la via?». La risposta è altrettanto breve: «Non c'è una via. Gog e Magog di Martin Buber, apparso dapprima a puntate sul giornale ebraico «Davar», tra l'ottobre 1941 e il gennaio 1942, è un romanzo-non-romanzo. A tratti appassionante, talvolta lento, sempre profondo. Forse per la sua ibrida forma letteraria, quest'opera della maturità, ambientata durante le guerre napoleoniche, non ha trovato l'attenzione critica che merita. Eppure, tra le pieghe del racconto, incentrato su due grandi maestri chasidici, è nascosto molto del miglior Buber mistico e, cosa che può sorprendere, anche non poco del filosofo. Perché non c'è una strada?




Giulio Busi,
Il Sole 24 Ore Domenica, 25 febbraio 2018


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Silvia Marinozzi (a cura di) / RICORDARE IL MALE
E PROMUOVERE
LA BIOETICA
/ Sapienza Università Editrice

II quinto volume della collana «Sapienza per tutti» (Sapienza Università Editrice) raccoglie, per la cura di Silvia Marinozzi, quattordici contributi, lucidi e documentati, sul tema «Medicina e Shoah». Tema dolorosissimo e necessario per portare conoscenza in quel luogo, mai abbastanza esplorato, dove i principi della medicina incontrano quelli della dignità umana. Raccontando la storia della sperimentazione nazista su soggetti umani, il libro documenta l'orrore delle teorie e delle pratiche eugeniche e consegna la tenebra di queste pagine di storia al dibattito bioetico e biopolitico. Come ricorda nell'introduzione il Rettore Eugenio Gaudio, il progetto del volume nasce con l'inaugurazione della mostra itinerante «Medicina e Shoah. Dalle sperimentazioni naziste alla bioetica», organizzata presso il Museo di Storia della Medicina della Sapienza.

Vittorio Lingiardi, Il Sole 24 Ore Domenica, 25 febbraio 2018

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