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10 aprile 2018 -  25 nissan 5778
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NARRATIVA

Le storie di Napoli e dei suoi ebrei

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img headerPierpaolo Punturello / NAPOLI, VIA CAPPELLA VECCHIA 31 / Belforte

Il libro “Napoli, via Cappella Vecchia 31” verrà presentato a Gerusalemme giovedì 12 aprile alle ore 19.30 nella sede della Hevrat Yehude Italia be-Israel in via Rehov Hillel 25.

"Sta a noi, solo a noi il cammino". Lo dice uno dei personaggi di Napoli, Via Cappella Vecchia 31, l'indirizzo della sinagoga che rav Pierpaolo Pinhas Punturello ha scelto come titolo della sua raccolta di racconti, pubblicata da Belforte, ma si riconosce chiara e forte la voce dell'autore. Ha appena quarant'anni, rav Punturello, ma le idee chiare da lungo tempo: nato in quella Napoli che ritrae nel suo libro, ha affiancato gli anni da studente all’Istituto Universitario Orientale della sua città agli studi rabbinici, con rav Giuseppe Laras, per poi proseguire il suo percorso in Israele. Dopo essere stato rabbino della sua comunità vive ora a Gerusalemme, dove lavora come educatore e collabora con numerosi giornali italiani, e si occupa di identità di confine e fenomeni di criptoebraismo. Ci sono tre sorelle e una madre che vorrebbe trasmettere loro la propria storia e l'emozione e la forza delle proprie radici e del passato, e cerca di impedire il matrimonio in chiesa di una di loro, una scelta troppo incomprensibile per non essere fonte di dolore.

Ada Treves, Pagine Ebraiche, aprile 2018
 

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NARRATIVA

"Sono un ebreo atipico..."

img headerPierpaolo Punturello / NAPOLI, VIA CAPPELLA VECCHIA 31 / Belforte

“Probabilmente sono un ebreo atipico, se mai esista un tipo unico di ebreo. Eppure io sono nato ebreo. Nel senso che nella mia personale memoria non sono mai stato altro da quello che sono. Mia madre, cristiana, scelse per me l’ebraismo sin da prima della mia nascita. In realtà non sono neanche sicuro che abbia scelto o sia stata costretta a scegliere perché questa era la volontà di mio padre che è nato ebreo. Veramente nato ebreo. Ma mamma non c’è più, da troppi anni: è morta e troppe domande restano e resteranno senza risposte. Crescendo senza di lei, ho sentito molte leggende sul suo ruolo di madre cristiana degli ebrei: pare che avesse scelto anche lei la strada dell’ebraismo, pare che invece se ne fosse pentita, pare che fin quando lei fosse viva noi osservassimo i precetti e mangiassimo casher, pare che il rabbino di Napoli avesse preso degli accordi con lei per procedere alla sua conversione. Pare che addirittura il portiere del palazzo, dove si trova il Tempio, si ricordi di mamma che ci aspettava nel cortile, con mia sorella nel passeggino, dopo le lezioni con il rabbino... Io non lo so, non ne ho memoria, non lo ricordo. Certo ricordo il giovane rabbino che ci faceva lezione di ebraico, ricordo qualche lettera in quella lingua antica, il suono di qualche parola, ricordo il Tempio, ricordo papà nel Tempio, ma non ricordo mamma.

Pagine Ebraiche, aprile 2018

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SAGGISTICA

Il precetto da aggiungere secondo Fackenheim

img headerMassimo Giuliani (a cura di) / EMIL L. FACKENHEIM:
UN FILOSOFO TRA AUSCHWITZ E LA NUOVA GERUSALEMME / edizioni Università degli Studi di Trento

Emil Ludwig Fackenheim è stato un importante pensatore del ‘900, la cui riflessione filosofica si è concentrata in particolare sulla Shoah e sui cruciali dilemmi filosofici e teologici che da essa scaturiscono.
Nato ad Halle, in Germania, nel 1916, rabbino e filosofo, egli stesso scampò allo sterminio, riuscendo a sottrarsi alla persecuzione prima che divenisse genocidio: nel corso della Notte dei Cristalli Fackenheim fu infatti arrestato e internato nel campo di concentramento di Sachsenhausen, dal quale riuscì a fuggire, riparando prima in Gran Bretagna, dove fu trattato, in quanto tedesco (e assurdamente) come prigioniero di guerra, e poi in Canada, che divenne la sua terra d’adozione. Un vissuto che influenzò tutta la sua vita e la sua riflessione.
Un ampio excursus nel pensiero e nell’opera di Fackenheim è stato di recente pubblicato dalle edizioni dell’Università degli Studi di Trento, a cura di Massimo Giuliani, che presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia di quell’università è docente di pensiero ebraico, in un volume dal titolo “Emil L. Fackenheim: un filosofo tra Auschwitz e la nuova Gerusalemme”.

Marco Di Porto 

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NARRATIVA

Una via verso l'essenziale
  

narrativa

Amore e tradimenti
al tempo delle persecuzioni

Nicole Krauss /
SELVA OSCURA
/ Guanda

La scrittura è fatta per crescere. Come una foresta, o come una casa che s'innalzi sulle sue fondamenta. Non si scrive se non aggiungendo. Una lettera dopo l'altra, una frase che si salda alla successiva. Nel «Sefer Yezirah», straordinario documento della mistica ebraica, composto tra l'età tardo-antica e la prima etàmedievale, questa dinamica di progressivo incremento del linguaggio è espressa con lucida chiarezza: «Come le combinò? Due pietre edificano due case. Tre pietre sei case. Quattro, ventiquattro case. Cinque, centoventi case». I mattoni dell'edificio sono qui le consonanti ebraiche, che Dio accosta le une alle altre all'origine dei tempi, per realizzare il mondo. Dopo quell'esordio divino, la parola è destinata a dire se stessa. Viviamo su sedimenti di milioni e milioni di discorsi già fatti, sepolti nella nostra memoria culturale come fossili antichissimi, materici, inesplorati. Un fato ineludibile, questo della ripetizione e dell'aggiunta, a cui non sfugge nessuno. Nemmeno chi vorrebbe togliere, rinunciare, svuotare. È un paradosso antico, di cui non sempre siamo consapevoli. Volete scavarvi una nuova via verso l'essenziale, sfrondare gli orpelli, recuperare frasi più profonde e sincere? L'unica scelta che avete è di scrivere altri frasi, ridire, accumulare ulteriori segni. Selva oscura di Nicole Krauss è, in ordine di tempo, uno degli ultimi tentativi letterari di riconquistare la roccia, il basalto del dire.

Giulio Busi,
Il Sole 24 Ore Domenica, 10 aprile 2018


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Lia Levi / QUESTA SERA
È GIÀ DOMANI
/
edizioni e/o

Ciò che ti coinvolge e travolge nel romanzo di Lia Levi, che è molto di più di un percorso di memoria (Questa sera è già domani, edizioni e/o) è il nodo di due sentimenti fortissimi - amore e tradimento - che spadroneggiano come in un romanzo di sentimenti fra pagine dove ti aspetti soprattutto fascisti, poliziotti, delatori, burocrati conformisti, personaggi vili di un mondo in cui sono entrate in vigore all'improvviso le "leggi razziali".
Ed è apparso su tutte le prime pagine il manifesto "Per la difesa della razza" firmato non solo da personaggi ignobili e ignoti, ma anche da "grandi nomi" del tempo, ciascuno dei quali avrebbe potuto fermare il delitto. In Questa sera è già domani, la narratrice è dislocata in un luogo in cui sa e conosce il dopo di ciascun momento della narrazione. Ma racconta in modo da non anticipare nulla, perché i suoi personaggi sono, allo stesso tempo, creature tenaci e deboli, con una identità forte che smargina verso la nebbia di eventi incomprensibili, con un coraggio che c'è, che manca, che torna, in quel modo per ciascuno di noi imprevedibile che, con autocompatimento, chiamiamo "la nostra umanità" e che ci consente di capirci e di assolverci quando abbiamo sbagliato.
Emilia, Marc, Alessandro capiscono molto e sbagliano molto, mentre tentano di affrontare la strana e sconosciuta marea che invade all'improvviso non tanto, non solo le case o il lavoro, quanto la parte intima e profonda della identità e della vita.

Furio Colombo,
Il Fatto Quotidiano,
9 aprile 2018


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