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6 Maggio 2018 - 21 Iyar 5778
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Jonathan Sacks, rabbino
Regole chiare e un’appropriata disciplina aiutano a stabilire e mantenere l’ordine per figli, ma anche famiglie e società, più soddisfatti. L’amore non è abbastanza. I rapporti umani hanno bisogno di regole.
 
David Bidussa,
storico sociale
delle idee
La scena del 1948 in Medio Oriente è fatta di tre atti: 1. Nascita di Israele; 2. esodo palestinese; 3. espulsione degli ebrei da molti paesi arabi. A 70 anni di distanza il Medio Oriente in libreria, – non importa se libri cartacei, digitali, se di parole o graphic novel – non c’è traccia di una visione capace di andare oltre le parole dell’odio.
 
Tel Aviv, lo sprint a Viviani
È il velocista Elia Viviani il vincitore della seconda tappa israeliana del Giro d’Italia, da Haifa a Tel Aviv. Uno sprint sontuoso quello del corridore veneto, in mezzo a due ali festanti di folla. “Elia è il profeta della volata” titola la Gazzetta dello sport.
“La passione di Israele per il ciclismo – si legge ancora, facendo un bilancio di queste prime giornate – è la fuga del canadese Boivin, che insegue e raggiunge Davide Ballerini e Lars Bak, e li stacca tra l’entusiasmo folcloristico (131 km di attacco). Il calore di Israele sono i tifosi a torso nudo che a piedi incitano Boivin sulla salita di Zikhron Ya’aqov, o che gli corrono vicino in bici: un tifo genuino, che rimanda ad anni in cui non c’erano transenne a bordo strada e veder passare i corridori era la festa del paese”.
Tante le storie e le emozioni di questo inedito avvio della corsa rosa. Nel presentare la tappa odierna da Beersheva a Eilat, sempre la Gazzetta propone un ritratto dell’ex podista Shaul Ladany, già due volte ospite della Run for Mem in Italia, che sopravvisse bambino al lager e poi all’attentato palestinese ai Giochi di Monaco ’72.
“Per incontrare uno dei quattro sopravvissuti – scrive la Gazzetta – bisogna andare a Omer, sobborgo zeppo di villette appena fuori Beersheva: bandierine israeliane ovunque e segnali stradali che mettono in guardia dall’attraversamento di cammelli. Shaul Ladany ha occhi azzurri piccolissimi dietro a un paio di occhiali enormi. È stato un marciatore di buon livello. Ma se è famoso, lo deve alla sua storia personale”.
 
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  davar
oggi l'ultimo arrivo ad eilat 
Israele saluta il Giro d'Italia

Tre giorni di sport e passione
Un paio d’ore ancora e si saprà il nome del re del deserto, e cioè il vincitore della terza tappa israeliana del Giro d’Italia da Beersheva a Eilat. Quasi 230 chilometri, interamente pedalati nel Negev. L’emozionante epilogo di una tre giorni di grande sport e passione popolare che resterà nella storia della corsa.
La risposta del pubblico israeliano è stata infatti straordinaria, oltre ogni più rosea previsione. Entusiasmo in ogni città attraversata dal Giro, scattato nella tarda mattinata di venerdì con la cronometro individuale di Gerusalemme. Tanti occhi puntati sui beniamini di casa, i corridori della Israel Cycling Academy che si sono già distinti per combattività (in particolare grazie al canadese Guillaume Boivin, per due frazioni di fila in fuga da lontano). Ma dal primo all’ultimo del gruppo, per ciascuno c’è stato un applauso e un incoraggiamento. Tom Dumoulin, vincitore della crono, ha scaldato i cuori con il suo sorriso sul podio e le sue dichiarazioni.
“Il pubblico di Gerusalemme mi ha aiutato, ho amato queste strade. Una folla incredibile per un paese che non ha una così solida tradizione ciclistica” ha detto il campione olandese, vincitore in carica del Giro. E lo stesso è accaduto con Elia Viviani, trionfatore ieri a Tel Aviv con uno sprint maestoso.
Sottolinea Sylvan Adams, presidente del comitato onorario della Grande Partenza: “Mi inorgoglisce il fatto che tanti miei connazionali si siano riversati per le strade di Israele per incitare tutti i corridori. Un impatto molto positivo, tanto che sono arrivate parole di ammirazione dall’organizzazione italiana della corsa. Ogni cosa è andata al meglio, compresa la copertura mediatica estremamente significativa in tutto il mondo”.
Entusiasmo condiviso dai due ciclisti israeliani in corsa, Guy Sagiv e Guy Niv. “Quando sono partito ho sentito tremare il terreno. Tutta la folla ha tifato per me, dall’inizio alla fine. È stata – dice Sagiv – una sensazione mai provata prima”.
“Ogni volta che ho avuto dolore o provato stanchezza, mi sono guardato attorno. Il tifo ai due lati del percorso – ha confermato Niv – mi ha aiutato a spingere ancora di più”.

Ha dichiarato Noemi Di Segni, presidente UCEI: “Siamo quasi in arrivo ad Eilat, all’ultima tappa del Giro che ha animato in questi giorni le arterie più importanti di Israele, riempiendo il nostro cuore di orgoglio per quello che questa importantissima iniziativa rappresenta per Israele e tutti coloro che hanno desiderato condividerne le ragioni.
È la migliore risposta convinta e determinata che si poteva dare a tutti coloro che esplicitamente, subliminalmente, o collaborando tacitamente, rifiutano di accettare Israele e ne delegittimano la stessa esistenza. Una risposta che parte da Israele assieme a tutte le istituzioni italiane e squadre di ogni parte del mondo che hanno creduto in questo progetto, l’hanno sostenuto ed hanno declinato ogni invito a desistere”.


Adam Smulevich


l'ambasciatore sandro de bernardin 
"Abbas, parole gravissime"
“In qualità di Presidente dell’International Holocaust Remembrance Alliance, vorrei esprimere il mio sgomento e la mia preoccupazione per le dichiarazioni rilasciate lo scorso 2 maggio dal Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas. Facendo ricorso a una serie di stereotipi antisemiti, il Presidente Abbas ha dichiarato pubblicamente che l’Olocausto è stato una conseguenza della funzione sociale degli ebrei e del loro presunto coinvolgimento in prestiti e altre attività economiche”.
È quanto dichiara l’ambasciatore Sandro De Bernardin, attuale presidente dell’Ihra, l’organizzazione che riunisce governi ed esperti per rafforzare, sviluppare e promuovere la conoscenza, la memoria e la ricerca sulla Shoah a livello mondiale e portare avanti i principi della Dichiarazione di Stoccolma del 2000.
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qui torino - il convegno
A ottanta anni dall'infamia
A Torino si torna a parlare di Leggi razziste. Ad organizzare il convegno “A ottant’anni dalle leggi razziali fasciste” è stato il Centro Culturale Protestante, assieme alla Comunità ebraica locale. Un tavolo dei relatori a due voci, quella dello storico Alberto Cavaglion, docente all’Università di Firenze, affiancata da quella di Daniele Garrone della Facoltà valdese di teologia.
1938 e 2018, celebrazioni della memoria a confronto, questo il tema affrontato da Cavaglion che, rivolgendosi alle giovani generazioni, riflette sui cambiamenti, mettendo in luce elementi insoliti, nuovi spunti di riflessione sul significato stesso delle memoria storica. Una memoria che ha bisogno di poggiare le basi su un’analisi di lungo periodo.


Alice Fubini
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pilpul

La cariatide infelice
Che Abu Mazen si produca in una tiritera di rancido sapore negazionista e di indiscutibile “spessore” antisemita sulla colpa delle vittime d’essere vittime non è per nulla una novità, nello scenario della politica palestinese e mediorientale. Il refrain in parte del mondo arabo è che la Shoah è una menzogna e che comunque gli ebrei “se la sono cercata” (negazione e imputazione, ancorché apparentemente antitetiche, coesistono nello stesso discorso, trattandosi di un cortocircuito logico permanente). Diciamo che ancora nel recente passato il rais palestinese aveva attenuato, con calcolo di opportunistica prudenza, alcune posizioni di cui tuttavia non aveva mai fatto esercizio di abiura. In altre parole: non lo diceva ma continuava a pensarlo. Ragion per cui le sue esternazioni sulla Shoah colpiscono solo per la circostanza e i tempi in cui sono fatte (e non per il merito), segnalando l’ulteriore declino di una leadership debole e ripiegata su di sé, afasica, completamente incapace di riformulare il tema della «questione palestinese» e rilanciarlo sul piano dell’attenzione pubblica. La politica, nelle comunità della Cisgiordania e Gaza, è rigorosamente polarizzata e sequestrata da due attori complementari: da una parte Hamas, organizzazione fondamentalista e fascista; dall’altra, l’alleanza corporativa e generazionale dei vecchi olpisti, cariatidi ed icone del tempo che fu. Né l’una né l’altra molleranno il potere al quale stanno aggrappate.

Claudio Vercelli
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