FILOSOFIA
Marx, 200 anni e una questione aperta
Pochi
pensatori hanno il privilegio di veder attribuito alla cultura ebraica
la fonte ispiratrice delle loro opere e contemporaneamente di essere
tacciati di antisemitismi. A Karl Marx è toccato questa sorte. Molti
commentatori, soprattutto antimarxisti e nazisti, hanno cercato di
spiegare le radici del marxismo con le origini ebraiche dell’autore,
altri con la sua rinuncia della sua all’identità ebraica. Certamente in
alcuni tratti la violenza del suo linguaggio anti-ebraico lascia
sbigottiti. Cominciamo dai fatti prima di passare alle sue opere. Marx
nasce da una famiglia ebraica di Treviri, sulla Mosella, in Renania.
Sia il nonno materno, Moses Lowow, che quello paterno, Marx Levi, erano
rabbini. Rabbini erano anche uno zio, il bisnonno e il trisnonno
materno. Il padre Herschel, consigliere giudiziario e presidente
dell’ordine degli avvocati di Treviri era di idee progressiste,
liberali e kantiane. “Spirito colto, innamorato della letteratura e
della filosofia classica, egli ammirava soprattutto Lessing, Voltaire e
Rousseau, come difensori dell’umanesimo borghese.” Nel 1816, due anni
prima della nascita di Karl, in concomitanza con una legge prussiana
che impediva agli ebrei di esercitare il mestiere di avvocato, si
convertì al protestantesimo. Non al cattolicesimo, che era la religione
dominate in Renania.
Rony Hamaui, economista
Pagine Ebraiche, giugno 2018
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