società
Sacko e l’Italia che lotta per i diritti
La
sera del 2 giugno, a San Calogero, un piccolo centro vicino a Vibo
Valentia, Soumayla Sacko, lavoratore arrivato dal Mali, è stato ucciso
a fucilate mentre raccoglieva vecchie lamiere in una fornace in disuso:
una sorta di discarica ingombra di tonnellate di rifiuti tossici e
pericolosi, e per questa ragione da molti anni chiusa per disposizione
dell'autorità giudiziaria. Le lamiere sarebbero servite a costruire
“alloggi” nella baraccopoli di San Ferdinando: non più confortevoli di
quelli fatti di cartone e legno (le lamiere al sole diventano
rapidamente roventi) ma almeno meno pericolosi, considerato che un
incendio ne aveva da poco distrutti parecchi, con le immaginabili
conseguenze. Sacko proveniva dalla regione Caye del Mali, dove aveva
fatto l'agricoltore fino a quando la desertificazione del territorio
non aveva reso impossibile ricavare la sussistenza da una terra
diventata troppo arida. Era in Italia con un regolare permesso di
soggiorno. C'è un aspetto investigativo e penale, in questa vicenda,
che è ovviamente di competenza della magistratura per quanto riguarda
l’accertamento delle responsabilità dirette. Ma non è tutto qui:
nell'accaduto vi sono altresì aspetti sociali, politici e culturali che
sono invece competenza urgente di tutti noi.
Enzo Campelli, Pagine Ebraiche, luglio 2018
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