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5 luglio 2018 - 22 tamuz 5778
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società

Sacko e l’Italia che lotta per i diritti   

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La sera del 2 giugno, a San Calogero, un piccolo centro vicino a Vibo Valentia, Soumayla Sacko, lavoratore arrivato dal Mali, è stato ucciso a fucilate mentre raccoglieva vecchie lamiere in una fornace in disuso: una sorta di discarica ingombra di tonnellate di rifiuti tossici e pericolosi, e per questa ragione da molti anni chiusa per disposizione dell'autorità giudiziaria. Le lamiere sarebbero servite a costruire “alloggi” nella baraccopoli di San Ferdinando: non più confortevoli di quelli fatti di cartone e legno (le lamiere al sole diventano rapidamente roventi) ma almeno meno pericolosi, considerato che un incendio ne aveva da poco distrutti parecchi, con le immaginabili conseguenze. Sacko proveniva dalla regione Caye del Mali, dove aveva fatto l'agricoltore fino a quando la desertificazione del territorio non aveva reso impossibile ricavare la sussistenza da una terra diventata troppo arida. Era in Italia con un regolare permesso di soggiorno. C'è un aspetto investigativo e penale, in questa vicenda, che è ovviamente di competenza della magistratura per quanto riguarda l’accertamento delle responsabilità dirette. Ma non è tutto qui: nell'accaduto vi sono altresì aspetti sociali, politici e culturali che sono invece competenza urgente di tutti noi.

Enzo Campelli, Pagine Ebraiche, luglio 2018


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MACHSHEVET ISRAEL

Il corpo umano, il Patto e la crescita  

img headerIl corpo umano può essere tanto oggetto quanto fonte (in senso lato) di normativa. Nel primo caso il corpo si fa ricettacolo passivo dell’agire normativo. Nel secondo è il corpo stesso, alcune sue caratteristiche biologiche, ad essere stimolo e matrice della produzione normativa. Il tema è di per sé vasto e tocca il nodo del rapporto tra sfera biologica e sociale. Prendiamo due casi, da tutti conosciuti, della normativa ebraica: il brit milà (l’atto della circoncisione rituale) e il bar mizvà – non quale rimando al rito omonimo bensì come qualificazione dell’ebreo entrato nella maggiore età religiosa. Nel caso del brit milà l’aspetto tecnico-fisico, che per parafrasare la filosofa inglese Elizabeth Anscombe potremmo designare quale “fatto bruto” (1958), presenta un rapporto di dipendenza, per quanto concerne il significato, dall’aspetto rituale (“fatto non bruto”). A riprova di ciò sappiamo che se un ebreo si è sottoposto, a qualsivoglia età, a un’operazione di circoncisione fuori dal contesto rituale che caratterizza il brit milà, ebbene quella circoncisione, della cui concretezza non si può dubitare, non sarà sufficiente a far uscire il detto ebreo (o il genitore se si tratta di minore) dall’obbligo del brit milà – e per conseguenza questi sarebbe tenuto alla hatafat dam, minimo versamento di sangue e relativa berahà [benedizione]. Questioni di competenza rabbinica, certo. Ciò che qui interessa è che nel caso del brit millà il corpo è oggetto passivo di normazione, la quale trova il suo criterio dirimente nella sinergia con l’elemento simbolico (berahot etc). Una dinamica differente, per quanto concerne la natura del rapporto tra elemento fattuale (corpo) e simbolico (norma) sembrerebbe profilarsi nel caso del Bar Mizva.

Cosimo Nicolini Coen 

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Società      

Simone Veil nel pantheon degli smemorati

A volte il caso aiuta. Le spoglie di Simone Veil sono traslate al Pantheon, a poche ore dall'evanescente e salomonica conclusione del Consiglio europeo sull'immigrazione. Oggi, nel tempio degli eroi francesi, il presidente Macron ricorderà l'icona dell'emancipazione femminile, la vittima della deportazione nazista, lo spirito di resistenza, l'impegno europeista, proprio mentre l'Europa in cui la Veil è stata protagonista si mostra timida e incerta di fronte alle tragedie del nostro tempo, avviata a rappresentare più una somma suicida di egoismi che a crescere nella consapevolezza della propria forza e dei propri valori e diritti fondamentali. In questa Europa, la Francia di Macron non fa eccezione. Dopo avere illuso molti di essere in controtendenza, ora sembra più attenta (come spesso le accade nella Storia) alla forma di un ideale (sempre in questi giorni, addirittura una legge per abolire la parola razza dalla Costituzione) che alla sostanza di scelte conseguenti che oltrepassino l'interesse nazionale.

Massimo Nava, Corriere della Sera,
1 luglio 2018


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società 

Quello che i Finzi-Contini non videro 

Paragonare i demagoghi di oggi a Hitler non è quasi mai una buona idea. Un atteggiamento simile banalizza gli orrori compiuti dal regime nazista e distoglie l'attenzione dai nostri problemi. Ammesso che l'allarmismo possa essere controproducente, occorre però domandarsi quando le democrazie siano davvero a rischio. Ciò che sino a pochi anni fa era inimmaginabile — un presidente Usa che insulta gli alleati e loda i dittatori, definisce la stampa libera un nemico, mette in galera i rifugiati e toglie loro i figli — è diventato la norma. A che punto sarà troppo tardi per dare l'allarme? Su questa domanda sono stati scritti alcuni grandi libri. Il giardino dei Finzi-Contini, capolavoro di Giorgio Bassani, descrive l'esistenza dei borghesi italiani durante il fascismo. Attorno a questi personaggi colti, che danno per scontata la loro vita agiata, viene a stringersi lentamente un cappio ammantato di legittimità legale e sociale.


Ian Buruma, Repubblica,
4 luglio 2018 


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