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18 settembre 2018 -  9 Tishri 5778
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filosofiA

Interrogarsi di fronte al perdono    

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img headerMartha Nussbaum / RABBIA E PERDONO. LA GENEROSITÀ COME GIUSTIZIA / Il Mulino

Nei giorni in cui siamo chiamati a guardare, con maggiore attenzione e intensità, alle nostre azioni (e omissioni di azioni) per renderne conto prima di fronte agli altri e, quindi, di fronte al “Giudice di tutta la terra” (Genesi; 18, 25), può sorgere spontaneo passare dall’interrogativo ‘in cosa consiste la mia teshuvà?’ a ‘in cosa consiste la teshuvà?’ per approdare a quello, più strutturale, ‘in cosa consiste il pentimento e il perdono? Quali concetti rappresentano queste azioni e che ruolo hanno nelle nostre relazioni?’. Che poi, in un’ottica simpatetica con la Tradizione, l’aspetto speculativo sia “grande perché porta all’azione” – e che dunque quest’ultimo interrogativo sia propedeutico a meglio compiere la propria tehsuvà – o che, viceversa, sia interrogare fine a se stesso, è scelta che concerne il singolo. Come che sia può essere interessante confrontarsi con l’analisi condotta da Martha Nussbaum in Rabbia e perdono La generosità come giustizia (il Mulino, 2017). Sulla scorta di Nietzsche, Nussbaum si ripropone di mettere a punto una genealogia del concetto di perdono al fine di comprenderne il ruolo nel consesso civile e, specificatamente nell’ambito normativo. Prendendo le mosse dall’Orestea di Eschilo, passando dalle norme sulla Teshuvà [Hilkhot Teshuvà] di Maimonide, sino alle esperienze di Gandhi, Martin Luther King e Nelson Mandela, il volume affronta alcune delle declinazioni del concetto di perdono – presente in ciascuna di esse e tuttavia mai esaurito da nessuna.

Cosimo Nicolini Coen 
 

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storia

Polonia, la città che aspettò il Messia invano

img headerIsaac Bashevis Singer / SATANA A GORAJ / Adelphi

Satana a Goraj è il primo romanzo di Isaac Bashevis Singer. Fu scritto in yiddish e pubblicato a puntate sulla rivista polacca “Der Globus” tra gennaio e settembre del 1933, e in volume nel 1935, poco prima della definitiva partenza dell’autore per gli Stati Uniti.
Pubblicato in Italia a più riprese a partire dagli anni sessanta, è ora riproposto da Adelphi nella storica traduzione di Adriana Dell’Orto, per la cura di Elisabetta Zevi.
Al centro della storia, una delle più sconvolgenti vicende dell’ebraismo est Europeo, e anzi della storia ebraica tout court: l’avvento del falso Messia Shabbatay Tzevi.
Alle soglie del 1666 si diffuse in Polonia la notizia che per gli ebrei la fine dell'Esilio era imminente: un uomo chiamato Shabbatay Tzevi si era rivelato come il Messia, e presto una “nuvola sarebbe apparsa e li avrebbe portati tutti in Terra Santa”.
I segni non erano mancati: nel decennio precedente i cosacchi dell'atamano ucraino Chmel'nitskij avevano massacrato quasi centomila ebrei, “scorticando vivi gli uomini, sgozzando i bambini, violando le donne per poi squarciarne i ventri e cucirvi dentro gatti vivi”.

mdp 

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biografie

L'ebreo che fotografava
i documenti fascisti 

STORIA

L'olandese sfuggente

Roger Sabbadini / UNAVOIDABLE HOPE / Alighieri Publishers LLC

Unavoidable Hope: la storia di Alessandro Sabbadini. I fascisti lo cacciarono dall'esercito italiano con le leggi razziali. Tornò a combatterli da uomo libero con la divisa dell'esercito americano. Unavoidable Hope è il libro di Roger Sabbadini, che racconta la storia del padre Alessandro, «Alex» per i suoi compagni d'avventura. Alessandro aveva 23 anni quando ha lasciato l'Italia nel '39, dopo l'emanazione delle leggi razziali fu congedato senza onori dall'esercito perché era ebreo. Arrivò negli Stati Uniti per diventare un Ritchie Boy, un soldato dell'U.S. Army addestrato ad interrogare il nemico e ricavare informazioni preziose. L'avvincente racconto di Sabbadini inizia quando il sergente Alex sbarca con gli alleati ad Anzio nell'operazione Shingle il 22 gennaio del '44. Dalla spiaggia vede a Nettuno Villa Silvia, la residenza estiva di famiglia, oramai deserta. Sono passati quasi cinque anni da quell'addio a Roma, e da allora non ha più avuto notizie dei suoi cari.

Ariela Piattelli,
La Stampa


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Willem Frederik Hermans / LA CASA VUOTA / Bur


Nel 2000 gli artisti britannici Jake e Dinos Chapman crearono Hell, un'opera strepitosa che quattro anni dopo bruciò in un incendio. Nel 2008 i due fratelli presentarono Fucking Hell, una replica accresciuta del precedente lavoro: è un gigantesco plastico disposto in nove teche di vetro, che mette in scena un grandguignol infernale in cui torme di nazisti vengono dilaniati con orrende torture. Per realizzare questa spettacolare rappresentazione di ultraviolenza, in cui si consuma una sorta di olocausto invertito, i Chapman hanno utilizzato, e modificato alla bisogna, sessantamila soldatini. I'effetto è straordinario e quasi impossibile da raccontare a parole. Molti anni prima, in una scala ridotta, "da camera", e utilizzando soltanto sessanta pagine invece di sessantamila soldatini, lo scrittore olandese Willem Frederik Hermans (1921-1995) ottenne un effetto simile con il suo romanzo breve La casa vuota. La vicenda è ambientata nel 1944.

Guido De Franceschi,
Il Sole 24 Ore IL


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