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 9 ottobre 2018 -  30 Tishri 5778
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viaggi

Leo Diena, la Resistenza e la ricostruzione   

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img headerAnna Grasselli Diena, Clemente Diena / UNA RICERCA / SEB 27

Un libro ripercorre finalmente la figura e l’opera di Leo Diena, nato nel 1916 da antica famiglia ebraica piemontese, antifascista, resistente, uomo di elevato impegno civile realizzato in tutto il corso della sua vita professionale a Milano. Al Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea CDEC si sta progettando una grande ricerca nazionale sugli ebrei che parteciparono all’antifascismo e alla resistenza. Si andrà a scavare nell’educazione dei giovani di allora per cercare di ricostruire il movente primo della massiccia adesione di essi alla lotta contro il fascismo e l’oppressore tedesco, se ne seguiranno le scelte politiche, le vicende resistenziali, i legami amicali e parentali. Si è solo agli inizi, in mezzo a mille difficoltà. La principale è che non si hanno più a disposizione testimoni diretti da interrogare. Ne sopravvive un pugno in Piemonte; per il resto, ci si dovrà accontentare della letteratura e di un fondo archivistico molto importante che si trova presso il CDEC. È questo il frutto di una felice intuizione di un gruppo di giovani ebrei riunito nella Federazione Giovanile Ebrei d’Italia FGEI. Nella seconda metà degli Anni Cinquanta e negli Anni Sessanta del ‘900 si diedero come compito di ritrovare le tracce dell’impegno resistenziale dei padri o degli amici dei genitori, distribuendo decine di questionari e riunendoli in un fondo archivistico ad hoc creato, da consegnare alla storia. Il CDEC ha ereditato questo materiale, che costituisce anche uno dei primi nuclei fondanti del suo archivio come preziosa pietra miliare su qualsiasi ricerca si voglia condurre sugli ebrei partigiani.

Liliana Picciotto, Pagine Ebraiche, settembre 2018 
 

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biografie

Le vite intrecciate di due grandi autori

img headerAnna Folli / MORANTEMORAVIA / Neri Pozza

Erano una coppia leggendaria. Li chiamavano MoranteMoravia, tutto attaccato, come fossero un’unica persona, ed è questo il titolo della doppia biografia (sottotitolo: “Una storia d’amore”) pubblicata da Anna Folli con Neri Pozza.
Eppure Alberto Moravia ed Elsa Morante, la coppia più famosa del ‘900 letterario italiano, non potevano essere più diversi.
Ironico, entusiasta, con una grande passione per la discussione e il dialogo, Moravia era un uomo lontano dal monumento letterario che i suoi contemporanei gli eressero sin dai primi esordi. Giovane, timida e poverissima, Elsa Morante cercava di costruire l’immagine di una donna sicura, ma nascondeva una grande vulnerabilità affettiva, un bisogno estremo di conferme.
Entrambi provenivano da famiglie con radici ebraiche. Alberto Moravia, al secolo Alberto Pincherle, le aveva per parte di padre, Carlo Pincherle, di famiglia veneziana, architetto e pittore, imparentato anche con i fratelli Rosselli; la Morante per parte di madre: era figlia di Irma Poggibonsi, ebrea originaria di Modena. Ambedue, con l’ebraismo, avevano un rapporto complesso, caratterizzato da una sostanziale lontananza (più che dall'appartenenza identitaria, percepita e in qualche modo vissuta da ambedue, dagli aspetti religiosi: Moravia descriveva se stesso, senza mezzi termini, come un ateo).

mdp 

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narrativa

A Bruxelles una burocrazia da romanzo 

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Che fatica disfarsi
del fascismo      

Robert Menasse / LA CAPITALE / Sellerio

«Se vogliamo colpire a morte un'idea, la prima cosa da fare è approvarla e promettere tutto l'appoggio necessario»: regola non scritta della Disunione Europea, e del suo cuore chiamato Bruxelles. Là dove, una sera come tante, il cielo «stava facendo il suo dovere: pioveva. Adesso sembrava piovessero gocce di luce blu». O dove un'altra sera incontri «la scultura Il sogno Europa in Rue de la Loi. La figura in bronzo di un uomo cieco (o sonnambulo?) che dal basamento fa un passo nel vuoto». E quella statua parla già da sola. Non era mai stato scritto un romanzo sull'Unione Europea, la sua burocrazia, gli uomini che vi lavorano, la città che li ospita. Era (è) molto difficile farlo: troppo complesso l'enigma nascosto fra vertici, carte e timbri. Ma ora Robert Menasse, scrittore austriaco che a lungo ha studiato la Commissione Europea dal suo interno, lo ha fatto: e il risultato è La capitale (Sellerio), 300 mila copie già vendute in Germania, traduzioni avviate in 24 Paesi, vincitore del Deutscher Buchpreis 2017, il premio letterario più autorevole per gli scrittori di lingua tedesca.

Luigi Offeddu,
Corriere La Lettura


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Mario Mirri /LA GUERRA DI MARIO / Laterza

Il veneto Luigi Meneghello, prima di diventare un autorevole ambasciatore della letteratura italiana in Gran Bretagna, era stato partigiano: a lui, nato nel 1922 e scomparso nel 2007, si deve uno dei più importanti romanzi autobiografici sulla Resistenza, I piccoli maestri (Feltrinelli,1964; Bur, 2o13). Tuttavia non aveva mai nascosto la sua partecipazione alle attività culturali del regime, tra cui la vittoria ottenuta da ragazzo diciottenne, nel 1940, alle gare studentesche denominate Littoriali. Un alloro conseguito proprio nel campo della dottrina fascista. Colpisce però, pur conoscendo questo retroterra, il racconto contenuto nel libro La guerra di Mario (Laterza). L'autore, che si è spento nello scorso maggio all'età di 93 anni, è lo storico Mario Mirri, che fu compagno di Meneghello nella guerra di Liberazione e compare tra I piccoli maestri del romanzo. Nel narrare la sua vita rispondendo alle domande di un giovane, Mirri rievoca l'orientamento antifascista del padre e quello assunto da lui stesso sin dagli anni della media superiore.


Antonio Carioti
Il Corriere della Sera


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