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18 ottobre 2018 - 9 Cheshwan 5779
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Società

Le priorità della Diaspora

img header"E amerai H. tuo D. con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze". Questo versetto dello Shemà' è commentato dalla Mishnah (Berakhot 9,5) e da Rashì. Il cuore rappresenta gli istinti e la Torah ci ingiunge di amare D. sia con l'istinto del bene che con l'istinto del male. Entrambi devono essere messi al servizio della volontà Divina. "Con tutta la tua anima" significa "anche se D. ci portasse via l'anima", cioè se ci costringesse al martirio come Rabbì 'Aqivà che pronunciò questo versetto mentre veniva eseguita la sua condanna a morte per mano dei Romani. Infine "con tutte le tue forze" allude al mamon, le forze economiche della persona. Su quest'ultimo punto Rashì aggiunge una considerazione: avendo già detto che dobbiamo amare D. fino al martirio, c'è bisogno di specificare l'aspetto finanziario? "Forse che esiste qualcuno attaccato più al proprio denaro che al proprio corpo?", domanda Rashì. Evidentemente sì. Esiste qualcuno per il quale il successo economico è più importante della persona. La conferma viene da un episodio della Torah (Bemidbar 32). Siamo al termine dei quarant'anni di peregrinazioni nel deserto e alla vigilia dell'ingresso in Eretz Israel. Ma due tribù esprimono un'idea diversa: Reuven e Gad (cui si aggiunse metà di Menasheh) posseggono molto bestiame. Gli aggettivi che la Torah usa a questo proposito sono rav e 'atzum meod, gli stessi che adopera in un altro passo per definire la proliferazione del popolo ebraico in Egitto. Nel loro immaginario gli animali prendono il posto delle persone. I proprietari del bestiame evidenziano che il territorio di Ghil'ad situato in Transgiordania e dunque fuori da Eretz Israel è adatto al pascolo di tanta ricchezza e domandano di fermarvisi.

Rav Alberto Moshe Somekh, Pagine Ebraiche, ottobre 2018 

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MACHSHEVET ISRAEL

La poesia tra i versetti biblici  

img headerSNel guardare al Tanakh si è soliti distinguere tra norma e narrazione, tra prescrizione e “tutto ciò che non è Halakhà”, come per via negativa si definisce il genere dell’Aggadà. La distinzione, inaggirabile, è, però, punto di avvio per ulteriori distinzioni, sia all’interno del campo normativo che di quello ‘narrativo’. Dunque, “approcci ‘normativi’ e univoci” rischiano di nascondere “territori preziosi”, quelli non normativi all’interno dei quali spicca il genere poetico, “sintesi di sensi e suoni” dove “godimento estetico” e pensiero si intrecciano vicendevolmente. Con queste ultime parole si esprime Sara Ferrari, nel suo recente volume Poeti e poesia della Bibbia, edito per Claudiana. Ma – è necessario chiedersi, sulla scorta di J. L. Kugel – fino a che punto e in base a quali criteri è possibile distinguere, all’interno del Tanakh, tra prosa e poesia? È questo uno tra gli interrogativi che attraversa i diversi capitoli del volume che, in modo analitico, getta luce sugli elementi formali che contraddistinguono il genere poetico in contesti come la cantica del mare, “Debora e le altre” (Giudici 5,1-31) o Osea (2,4-25). Attraverso un’analisi testuale e intertestuale , mai parca di confronti con la letteratura scientifica in materia nonché con la Tradizione (in primis Rashi), Ferrari getta luce sul ruolo del genere poetico nell’economia biblica – non esimendosi da una riflessione sul ruolo della poesia nella letteratura occidentale (pp. 138 e seg.).
Su questo sfondo si staglia il secondo interrogativo, anch’esso trasversale ai diversi capitoli, inerente la matrice di genere femminile nella redazione dei testi poetici in questione nonché il rilievo dato alle figure femminili, quindi alla questione di genere, nella ricezione moderna e contemporanea degli stessi. Così Ferrari richiama la nostra attenzione sulle teorie che sostengono un’authorship femminile del “cantico di Miriam” – componente (forse) primigenia del cantico del mare – nonché di Debora, Anna (I Samuele 2,1-10) e del Cantico dei cantici.

Cosimo Nicolini Coen 

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1938-2018      

“Guardiamo al futuro
con dignità”  

Ragazzi miei, scrivo per voi perché comprendo come nei vostri cervelli ancor giovani e freschi e non abituati a una visione più vasta e più calma delle cose umane, gli avvenimenti di questi ultimi giorni abbiano potuto produrre un certo smarrimento del pensiero con un'amara ed angosciosa sensazione di un'ingiustizia immeritata e non vorrei che questo smarrimento e questa angoscia lasciasse in voi quel senso d'inferiorità ch'è così molesto, doloroso e dannoso e che potrebbe pregiudicare la regolarità e la dirittura del vostro cammino su quella via della vita che per noi è sempre stata difficile e che ora minaccia ad essere ancora più difficile in Italia per la vostra generazione. La difficoltà della vita, ragazzi miei, si combattono e si vincono, ma per combattere e per vincere bisogna essere forti bisogna sentirsi forti, bisogna portare nel più profondo, nel più intimo dell'animo nostro, quella fierezza del nostro essere, quella incrollabile certezza della nostra ragione, quella luminosa fiamma affidataci dai nostri padri e, ricordatelo bene, mai spentasi da quando Israele è comparso sull'agone della Storia.


Naftoli Emdin, Il Sole 24 Ore Domenica,
13 ottobre 2018


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1938-2018 

Lo Stato italiano
contro gli ebrei

La responsabilità delle leggi razziali antiebraiche introdotte a partire dal 1938 è certo di Mussolini, del parlamento fascista (alla Camera dei Deputati 340 voti favorevoli, 0 contrari) e di Vittorio Emanuele III; quest'ultimo successore sul trono di Carlo Alberto, che novant'anni prima aveva dato lo Statuto (tutti i regnicoli sono eguali dinanzi alla legge) e riconosciuto a ebrei e valdesi i diritti civili. Tra leggi e circolari l'espulsione degli ebrei dalla vita sociale fu progressiva e alla fine completa. L'impulso politico che aveva prodotto le leggi e le circolari ministeriali richiese atti di esecuzione. In particolare, per l'espulsione degli ebrei dai posti che occupavano nelle professioni liberali e nella pubblica amministrazione, furono necessari atti amministrativi individuali per ciascuno dei colpiti. Molti organismi, molte persone furono quindi coinvolti e parteciparono all'opera. Alla ricostruzione dell'esecuzione delle leggi razziali e all'identificazione di coloro che ne furono vittime si sono dedicati gli autori di due recenti studi. Il Consiglio Superiore della Magistratura e il Consiglio Nazionale Forense hanno da poco pubblicato un volume sull'allontanamento di magistrati e avvocati ebrei.

Vladimiro Zagrebelsky, La Stampa,
13 ottobre 2018 


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