Giuseppe Momigliano,
rabbino
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“Questa
pietra che ho posto come stele sarà Casa di D.O” ( Genesi 28,22). Sono
le parole che Giacobbe pronuncia al risveglio dal sogno in cui il
Signore gli era apparso nella visione della “scala posata in terra, la
cui cima giungeva in cielo e su di essa angeli del Signore salivano e
scendevano”. Giacobbe sta per lasciare la terra di Canaan ma lo
accompagnano la promessa di protezione e la benedizione dell’Eterno,
per lui e per la sua discendenza, il dono rinnovato di quella terra –
che prenderà il nome di Terra d’Israele – e l’annuncio che, come già
era stato detto ad Abramo e ad Isacco, dalla sua stirpe si spargerà
benedizione per tutti i popoli.
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Davide
Assael,
ricercatore
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Seppur con una piccola rappresentanza, si aggiunge anche l’Italia alla
lugubre lista di revisionisti della Shoah. No, non si tratta della solita
combriccola di negazionisti che da sempre circolano in Europa, ma di
rappresentanti istituzionali, di alto o basso (bassissimo) rango che
siano. Dopo aver visto il governo polacco minacciare la galera per chi
accosta i campi di sterminio nazisti a responsabilità polacche, aver
assistito all’inaugurazione a Budapest di un Museo alla Shoah, che
assomiglia di più ad un monumento di celebrazione nazionale, si è
voluto aggiungere alla lista il Comune di Vicenza, dove la giunta ha
cancellato la dicitura nazi-fascista dall’eccidio del 9 novembre 1944.
Allarmante la giustificazione. Lo si è fatto «nell’ottica di una
memoria condivisa […] ci sono state vittime da entrambe le parti.».
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Israele, regge la tregua
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La
vita nelle comunità e nelle città israeliane vicino a Gaza è tornata
lentamente alla normalità in queste ore, dopo due giorni di intensi
attacchi missilistici dalla Striscia da parte dei terroristi di Hamas.
Le scuole sono state riaperte e sono ripresi i servizi ferroviari a sud
di Ashkelon, una delle città più colpite dai razzi palestinesi (460,
come riporta il Fatto Quotidiano). Il cessate il fuoco, scrivono i
quotidiani israeliani, è arrivato tramite la mediazione egiziana. “Il
premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva già detto di voler evitare
una ‘guerra non necessaria’, – riporta il Foglio – anche se su di lui
aumenta la pressione degli alleati politici della destra più radicale
per trovare una soluzione militare ai cicli di violenza a Gaza”. Tra i
contrari a una tregua, il ministro della Difesa Avigdor Lieberman. E
mentre i cittadini del Sud d’Israele provano a tornare alla normalità,
da Gerusalemme arriva la notizia dell’elezione del nuovo sindaco: a
guidare la capitale sarà Moshe Leon, vicino a Lieberman, che ha
sconfitto al secondo turno il rivale Ofer Berkowitz, considerato il
candidato laico.
Libia, vertice senza intesa. La stretta di mano tra i due rivali
libici, il generale Khalifa Haftar e il leader Fayez al-Sarraj è stato
un segnale positivo arrivato dal vertice di Palermo organizzato dal
governo italiano ma non cambia molto la situazione sul terreno,
scrivono i quotidiani oggi. “Nel corso degli incontri – scrive il
Corriere – Haftar ha garantito una sorta di tregua a Sarraj almeno fino
alle prossime elezioni” ma non si è arrivati a una vera intesa, scrive
Repubblica. Positivo invece il quadro del Presidente del Consiglio
Conte, che ai giornalisti ha sottolineato come “Stabilizzando la Libia
ci aspettiamo effetti benefici non solo per l’Italia o non solo per la
Libia, ma anche per l’Europa, stiamo fornendo un servizio a tutta
l’Europa. E tutto questo senza rivendicare una leadership sul piano
economico, politico o di altro tipo”.
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lieberman lascia dopo la tregua con hamas
Il ministro della Difesa si dimette
Israele verso elezioni anticipate
Il
ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman ha annunciato nelle
scorse ore le sue dimissioni, chiedendo che si torni subito alle urne e
che venga fissata il prima possibile la data delle elezioni anticipate.
Lieberman ha annunciato che tutti i membri del suo partito, Yisrael
Beiteinu, lasceranno la coalizione guidata dal Primo ministro Benjamin
Netanyahu e aprendo una complicata crisi nella maggioranza di governo.
Il motivo principale delle sue dimissioni, la decisione del gabinetto
di sicurezza israeliano di arrivare a un cessate il fuoco con la
Striscia di Gaza, dopo lo scontro degli scorsi giorni innescato dalle
centinaia di missili lanciati da Hamas sul Sud d’Israele. “Quello che è
accaduto ieri, il cessate il fuoco, insieme all’accordo con Hamas, è
una capitolazione al terrore. Non c’è altro modo di definirlo”, le
parole di Lieberman, contrario alla tregua così come all’accordo,
mediato dall’Egitto, che ha portato nella Striscia di Gaza un ingente
finanziamento proveniente dal Qatar. “Quello che stiamo facendo in
questo momento è comprare la calma a caro prezzo, senza un piano a
lungo termine per ridurre la violenza contro di noi”, l’accusa
dell’oramai ex capo della Difesa, che ha puntato il dito anche contro
l’esercito: “Per non calcare la mano, dico che la nostra risposta è
stata drasticamente carente ai 500 razzi che ci hanno sparato contro”.
Lieberman era uno dei quattro ministri del gabinetto di sicurezza che
nel corso di una riunione durata sei ore, si era opposto al cessate il
fuoco nella Striscia di Gaza. Oltre a lui, il leader del partito HaBayt
HaYehudi e ministro dell’Educazione Naftali Bennett, che ora, per
rimanere nella coalizione, chiede che gli sia affidato il ministero
della Difesa. Leggi
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qui torino - l'inaugurazione della mostra
Levi e il libro “primogenito”
Alle origini di un successo
Si
inaugura oggi pomeriggio a Torino, presso la Biblioteca Nazionale
Universitaria “Se questo è un uomo, il libro primogenito”, mostra
dedicata al libro che Levi definiva, appunto, “primogenito”. Uscito
nella sua prima edizione nel 1947 per la casa editrice torinese De
Silva, diretta da Franco Antonicelli, vendette solo mille e cinquecento
copie, delle duemila cinquecento stampate. Nonostante le recensioni
notevoli, fra tutte quella di Italo Calvino, si dovette attendere il
1958 per l’edizione Einaudi, e ancora alcuni decenni prima che Levi
venisse considerato uno scrittore dalla statura pari a quella del
testimone.
Se questo è un uomo, ora pubblicato in decine di lingue e ormai
considerata opera imprescindibile, torna ora nella sua prima edizione e
accanto ad alcune delle copie originali, mostrate attraverso la
prospettiva del restauratore, sono esposte anticipazioni su periodici,
l’accoglienza della critica e i primi tentativi di traduzione.
La mostra presenta poi anche i primi risultati di una ricerca, ancora
in corso, che vuole ricostruire la diffusione delle copie vendute e la
storia di alcuni singoli volumi passati di mano in mano nel corso degli
anni, per individuare gli itinerari che ne hanno fatto un veicolo di
consapevolezza.
Pubblichiamo qui un testo dello storico Fabio Levi, direttore del
Centro internazionale di studi Primo Levi e relatore della decima
Lezione, tenutasi da poco e intitolata “Dialoghi”. Leggi
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Ticketless - La Parigi occupata
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Anne
Seghers non è conosciuta come era un tempo (anche dentro il mondo
ebraico: il suo vero nome era Netty Reiling, era nata a Magonza da una
famiglia ebraica e si era laureata in storia dell’arte sulla figura
dell’ebreo nell’opera di Rembrandt). Si ricordava, di solito, il suo
impegno per la libertà nella cultura, la partecipazione al convegno del
1935 a Parigi, alla guerra di Spagna, la controversa fase politica
nella DDR: tutti argomenti che oggi interessano a pochi, se non a
nessuno; ma pochi sono sempre stati in Italia i lettori dei suoi tanti
romanzi, fra cui Transit, dedicato ai disperati tentativi di fuga
dall’Europa sotto il nazismo.
Alberto Cavaglion
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Periscopio - Legge Stato-nazione
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Nella
mia nota pubblicata lo scorso mercoledì 17 ottobre, dedicata alla
controversa Legge fondamentale israeliana sul cd. “Stato nazione”,
avevo preannunciato che avrei espresso, in una successiva occasione,
alcune riserve sul testo della norma. Prima di farlo, ritengo però
opportuno richiamare, in sintesi, i tre punti essenziali affermati la
volta scorsa.
a) La legge non ha il potere di creare la natura delle cose, e degli
stati. Israele è uno Stato ebraico perché tale è e tale resterà, per
sempre, non perché lo stabilisce una legge. E nessuna legge, nessun
Parlamento avrebbe mai il potere di modificare tale realtà.
Francesco Lucrezi, storico
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