Margherita Loy /
UNA STORIA UNGHERESE / Atlantide
Dall'1 gennaio 1945 ad aprile inoltrato di quello stesso anno una
ragazza racconta al suo diario l'assedio di Buda. Con la madre, il
fratello e la fidanzata di lui si è rifugiata nella cantina, fredda,
gremita, mentre il palazzo sovrastante viene via via sgretolato
dall'onda d'urto delle bombe che cadono tutt'intorno. L'armata rossa è
a pochi chilometri da Pest, l'esercito ungherese allo sbaraglio, ma i
tedeschi non mollano. Kinga, ventunenne immaginaria, è l'artificio con
cui Margherita Loy ha deciso di narrare Una storia ungherese,
precipitato romanzesco degli indizi sbocconcellati che il suocero
Manfredo fece trapelare in vita a proposito della sua infanzia e del
suo paese, di cui non parlava volentieri. «Se fai troppe domande mi
costringerai a dirti qualche bugia», le rispose, consegnandole
nondimeno 28 pagine dattiloscritte dal titolo The siege of Budapest,
redatte dalla madre Alinka in inglese, e alcune foto di resti bruciati.
A partire da questi documenti, Loy trova una sua strada, luminosa anche
se dolorosa, tra i tetri ricordi che ogni famiglia si trasmette a
proposito dell'ultima guerra e delle persecuzioni razziali.
Lara Ricci,
Il Sole 24 Ore Domenica, 18 novembre 2018
Leggi
tutto