società
1938, il silenzio dei giuristi
Quando
ci occupiamo della tragedia delle leggi razziali, gli ingredienti che
la segnano sono purtroppo sempre gli stessi: da un lato la strategia
della persecuzione, nei suoi presupposti, nelle sue modalità, nei suoi
fini. Dall'altro gli effetti e le reazioni che essa provoca, da quelle
dei contemporanei a quelle di chi verrà dopo. Pur preceduto da tanti
minacciosi segnali nel corso degli anni - non tanto quelli della storia
plurisecolare, ma, più da vicino, la virulenza della Civiltà Cattolica
di fine Ottocento, gli scritti sulla razza dei primi Anni Trenta e poi,
soprattutto, la vicenda coloniale (che aveva introdotto nella
legislazione la difesa della razza bianca) - l'arrivo di quelle leggi,
preceduto in rapida sequenza dal Manifesto sulla razza, parve a molti
ebrei italiani un fulmine inatteso. Il regime aveva definito il loro
trattamento nelle discipline post concordatarie, la vita si era
assestata su quei binari al punto che tanti di loro erano diventati
fascisti o comunque estimatori del fascismo. Fu difficile perciò capire
tanta sudditanza alla Germania e il bisogno, in un tempo che per il
regime non era ancora amaro, di un capro espiatorio, il solito.
Giuliano Amato, La Stampa,
18 novembre 2018
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