Molti
interventi degli abituali commentatori sono dedicati in questi giorni
alla valutazione della missione del ministro degli Interni Matteo
Salvini in Israele. I loro testi saranno pubblicati nelle prossime ore
in un contesto che favorisca il libero confronto fra le idee. I lettori
che lo desiderano potranno proporre un proprio scritto sul tema dopo
aver preso visione delle indicazioni generali che appaiono come ogni
giorno in fondo a questo notiziario nell’area della gerenza.
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La ferita e la reazione
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Memoria
ferita a Roma, dove la rimozione di 20 pietre d’inciampo in ricordo dei
membri delle famiglie Di Consiglio e Di Castro trucidati dalla Shoah ha
suscitato l’indignazione di istituzioni, mondo ebraico, tanti comuni
cittadini. In centinaia ieri sera hanno partecipato a un presidio
convocato dall’associazione Arte in Memoria con il sostegno di UCEI e
Comunità ebraica romana.
“È un gesto di matrice fascista, figlio di un antisemitismo ormai
tollerato, fomentato e legittimato dal clima di intolleranza diffuso
nel Paese verso deboli e stranieri” afferma Adachiara Zevi, presidente
di Arte in Memoria, in una intervista con Repubblica. “La più grande
delle preoccupazioni per quanto mi riguarda è che, per quanto possa
essere grave aver divelto una pietra d’inciampo e aver offeso
nuovamente la memoria dei martiri delle Fosse Ardeatine, domani si
possa passare a gesti più eclatanti, e offendere le persone” dichiara
la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello in una intervista
al Messaggero.
Dalla presidente del Senato Casellati a quello della Camera Fico, dal
presidente della Regione Lazio Zingaretti alla sindaca Raggi: molte le
voci di condanna che si sono levate. Mentre il ministro Salvini,
incontrando la stampa estera alla vigilia del suo viaggio in Israele, a
proposito di una lettera aperta di alcuni ebrei italiani in dissenso
con le sue politiche ha detto: “Non è che ogni volta che vado in
Israele devo dire che gli antisemiti sono delinquenti. Piuttosto, il
nascente antisemitismo fa rima con l’estremismo islamico a cui qualcuno
non presta la necessaria attenzione. Farò di tutto per stroncare
l’antisemitismo in Italia”.
L’episodio, oltre che nelle cronache, è affrontato in alcuni commenti.
“Chiunque sia il responsabile di questo sfregio, il significato di un
gesto così feroce nel suo aspetto simbolico è che l’odio per gli ebrei
non può che passare per la negazione della Shoah, attività molto
frequentata dagli antisemiti di matrice neo-nazista e di matrice
islamista radicale” scrive sul Corriere Pierluigi Battista.
“Confesso – scrive Corrado Augias su Repubblica – che mi piacerebbe
parlare con uno degli autori di questo scempio, uno di questi figli
della miseria culturale e dell’abbandono, ascoltare le sue motivazioni,
guardarlo negli occhi mentre le espone, condividere il suo smarrimento”.
Così invece Anna Foa su Avvenire: “Le associazioni che propagandano
l’antisemitismo e il razzismo non sono clandestine, fanno pubbliche
manifestazioni autorizzate dalle autorità in nome della libertà di
stampa e di espressione, affiggono manifesti, non sono aliene da atti
di squadrismo”.
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lo scempio contro le pietre d'inciampo
Roma, la ferita e la reazione
Memoria
ferita a Roma, dove la rimozione di 20 pietre d’inciampo in ricordo dei
membri delle famiglie Di Consiglio e Di Castro trucidati dalla Shoah ha
suscitato l’indignazione di istituzioni, mondo ebraico, tanti comuni
cittadini. In centinaia ieri sera hanno partecipato a un presidio
convocato dall’associazione Arte in Memoria con il sostegno di UCEI e
Comunità ebraica romana. In via Madonna de’ Monti, al civico 82, una
folla silenziosa si è ritrovata per dire no allo sfregio di ricordo e
consapevolezza. Venti buchi neri dove prima c’erano venti pietre, poste
nel 2012 dall’artista tedesco Gunter Demnig e rimosse da ignoti su cui
gli inquirenti stanno indagando. Un vuoto, ha sottolineato la
presidente di Arte in Memoria Adachiara Zevi, che sarà presto colmato.
Insieme alle nuove “stolpersteine” che saranno poste nella Capitale tra
il 15 e il 16 gennaio e il ritorno della Biennale di arte contemporanea
sulla Memoria alla sinagoga di Ostia Antica, prevista per il giorno 20.
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pagine ebraiche - dicembre 2018
Sinagoghe che non lo sono più
Tutto
ha inizio nel 2012, quando Bernadett Alpern, fotografa di Budapest
allora venticinquenne, in seguito alla scomparsa del nonno, decide
d’intraprendere una ricerca genealogica della propria famiglia e le sue
radici ebraiche. Così, una volta arrivata a Sárbogárd, città natale di
suo nonno a metà strada tra Budapest ed il celebre lago Balaton, decide
di visitare i luoghi principali legati alla giovinezza del parente
appena scomparso, tra cui la sinagoga che frequentava insieme alla sua
famiglia prima della Shoah. Tuttavia, una volta giunta difronte
all’edificio che una volta ospitava la piccola comunità ebraica
cittadina, che fino al 1944 contava circa 500 persone, scoprì che
questo ospitava un negozio di mobili usati. Infatti, in seguito allo
sterminio dell’ebraismo ungherese per mano dei nazisti e dei suoi
alleati magiari, solo 34 ebrei tornarono nella loro città natale, dove
tentarono, invano, di ricostruire la propria vita. Così, nel 1960 la
sinagoga venne venduta, e da allora adoperata per altri scopi. Nel
2012, quando Bernadett visitò gli interni dell’edificio, vi si potevano
ancora trovare, nascosti in soffitta, degli antichi libri di preghiera,
mentre nel negozio poco o nulla richiamava il suo antico uso religioso.
Michele Migliori, Pagine Ebraiche Dicembre 2018 Leggi
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Partiti rosa |
Ho
letto che gruppi di donne penserebbero a un “partito rosa”. L’ebraismo
italiano ci ha già provato in anni recenti: la lista “Binah”
(Saggezza), che oggi esprime la presidentessa UCEI Noemi Di Segni,
nacque proprio come esperimento di genere nel 2012, salvo poi aprirsi a
candidati maschietti nelle elezioni comunitarie successive. In linea
teorica, simili iniziative non mi trovano d’accordo. Le obiezioni sono
più che bolse: le donne non dovrebbero competere in un campionato
separato, così come i giovani e chiunque possa essere ascritto a un
gruppo specifico…
Tutto giusto, ma. Dalla teoria alla pratica può cambiare molto: fino a
ieri, per il noto principio “a mali estremi estremi rimedi”.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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La recita fuori dal teatro |
Amleto
ed Arlecchino iniziano tutti e due con la ‘a’ e finiscono con la ‘o’, e
forse per quello molti li ritengono uguali. Invece, non lo sono. Per
esempio, nel discorso inaugurale dell’anno accademico 1938/1939, tenuto
il 10 novembre 1938, il Rettore dell’Università di Roma, Pietro de
Francisci aveva fornito un’icastica spiegazione della via nazionale
all’antisemitismo, pretendendo che i professori espulsi lo
ringraziassero, inserendosi sulla scia di quel 18 settembre 1938 in
cui, nel suo discorso a Trieste col quale annunciava l’emanazione delle
leggi razziali, Benito Mussolini spiegava che “alla fine, il mondo
dovrà forse stupirsi, più della nostra generosità che del nostro
rigore, a meno che, i nemici di altre frontiere e quelli dell’interno e
soprattutto i loro improvvisati e inattesi amici, che da troppe
cattedre li difendono, non ci costringano a mutare radicalmente cammino.
Emanuele Calò
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