società
Neofascisti, le ragioni di un ritorno
Claudio Vercelli / NEOFASCISMI / Ed. del Capricorno
Va riconosciuto che, oggi più che mai, si ha a che fare con una destra
radicale che è passata da posizioni di mera restaurazione o
conservazione a soggetto in costante movimento, che ambisce a
mobilitare una parte delle collettività non solo sul piano politico, ma
anche e soprattutto sociale. Quest’area registra, a modo suo, la crisi
della «vecchia» politica e della rappresentanza democratica, ossia la
loro subalternità rispetto a quei processi decisionali che oggi contano
più che mai nel determinare prosperità o declino delle comunità umane.
Se la democrazia si riduce a «governance» e se l’esercizio di questa,
nei fatti, è delegato a organismi e soggetti che non sono il prodotto
di un processo partecipativo, bensì di un’autoattribuzione di potere da
parte di gruppi d’interesse corporati, il vuoto di rappresentanza
reclama d’essere in qualche modo colmato. Così facendo, il radicalismo
politico si rivolge a quelle ampie parti di società che si sentono
abbandonate. Non è un caso se la polemica «antiborghese» abbia da tempo
ripreso pieno vigore nel neofascismo. Il quale, da sostegno per
«maggioranze silenziose» iperconservatrici ha ora invece di nuovo
rivestito i panni del plebeismo.
Claudio Vercelli, storico
Pagine Ebraiche, dicembre 2018
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storia
Ebrei nel mondo arabo, il conflitto irrisolto
Georges Bensoussan / GLI EBREI DEL MONDO ARABO. L’ARGOMENTO PROIBITO / Giuntina
Gli ebrei del mondo arabo. L’argomento proibito, il nuovo libro di
Georges Bensoussan pubblicato in queste settimane da Giuntina aggiunge
un importante tassello al processo di indagine che lo storico francese,
ma nato in Marocco, ha sostanzialmente avviato nel 2012 con Juifs en
pays arabes. Le grand déracinement. (1850-1975). Con quel testo
Bensoussan compiva vari atti di rottura che ancora oggi non gli sono
perdonati. Il primo atto è quello di indicare come il processo di
espulsione o di fuga che in gran parte gli ebrei vivono e intraprendono
soprattutto all’indomani della fine della seconda guerra mondiale è un
luogo non frequentato dalla ricerca storica. Quel tema obbliga a
ripensare come si sono formate le classi dirigenti politiche nelle ex
colonie, che cosa abbia significato il processo di decolonizzazione,
quali rotture abbia prodotto. Il secondo atto di rottura riguarda gli
elementi di conflittualità che sottostanno a quella fuga in massa,
tanto da configurare nel giro di una generazione, la sostanziale
scomparsa della componente ebraica in quella porzione di mondo. In quel
libro che per moti aspetti era una la rottura di un tabù la parola o il
concetto più ricorrente era umiliazione.
David Bidussa, storico sociale delle idee
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poesia
L'uomo che sapeva tutto
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letteratura
Un racconto per notti infinite
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Avraham Ben-Yitzhak / POESIE / Portatori d'acqua di Pesaro
Provate a immaginare un uomo, un poeta, che nell'arco della sua intera
vita pubblica undici poesie. Undici poesie soltanto. Eppure questo
corpus così esiguo acquisirà un'importanza eminente nel panorama
mondiale. E il suo autore diventerà, suo malgrado, una grande figura
romanzesca, quasi un culto a cui hanno tributato la loro venerazione
alcuni fra gli intellettuali più blasonati del Novecento. Benvenuti nel
paradosso del dottor Sonne. Che all'anagrafe si chiamava Abraham Sonne,
come autore si firmerà col nome di penna Avraham Ben-Yitzhak ma poi,
una volta dismessi i panni da poeta, sarà conosciuto da tutti come,
appunto, "il dottor Sonne". Nato in Galizia, allora periferia da basso
impero (quello austro-ungarico), nel 1883, Sonne proveniva da una
borghese famiglia ebraica. Schivo e riservato, si fece notare fin da
giovane. Nella comunità ebraica del suo paesino natale, Przemysl, era
in atto un forte scontro tra sionisti, che invocavano un ritorno degli
ebrei in Palestina, e territorialisti, che puntavano all'insediamento
anche in altri territori in parti diverse del mondo. Durante un
dibattito, dopo che l'esponente di quest'ultima fazione, noto e
carismatico, ebbe finito di esporre la sua tesi, un giovincello,
sconosciuto a tutti, si alzò in piedi.
Marco Filoni,
Il Venerdì,
25 dicembre 2018
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Isaac Bashevis Singer / NEMICI. UNA STORIA D'AMORE / Adelphi
Parole-sassi, che cadono senza un suono. Forse il pozzo ha un fondo.
Forse laggiù c'è acqua, limacciosa, malsana, plumbea. Ma la distanza è
troppa, nessuno può udire il tonfo delle pietre che s'inabissano. Per
Herman Broder le notti non hanno fine, e le parole che le attraversano
scompaiono senza lasciare tracce. Chissà se toccano il fondo della sua
anima. Chissà se esiste più, questo fondo. Quando il racconto comincia,
Herman cerca con tutte le forze di riprendere coscienza dal sonno, di
liberarsi da un incubo. Nel dormiveglia non sa dove sia. Se a Brooklyn,
in Polonia o in un campo tedesco. «Si svegliava sempre malconcio e
sgualcito, come se avesse passato la notte a fare la lotta». Anche
Giacobbe, nella Bibbia, aveva trascorso una notte intera a lottare con
un misterioso antagonista. Ma lui, il patriarca, viveva al tempo della
fede, nell'età in cui Dio parlava, operava, proteggeva. All'alba,
Giacobbe si era liberato dalla stretta dell'avversario. Da quello
scontro era uscito claudicante ma pieno di energia, fiducioso verso la
vita, aperto verso il futuro. Herman si è salvato. Ma per lui l'alba
non ha colori.Non ha fede, non ha prospettive. Solo odori, corpi,
desideri, disagi. Nei campi di sterminio, al di là dell'Oceano, oltre
il tempo, sono sepolti i sentimenti, s'è dissolta la possibilità di
capire, s'è spento il calore del cuore.
Giulio Busi,
Il Sole 24 Ore Domenica,
23 dicembre 2018
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