ECONOMIA
I paesi dove è più facile fare gli imprenditori

Nelle scorse settimane la Banca Mondiale ha pubblicato l’aggiornamento
annuale dell’importante classifica “Ease of doing business” (a cui fa
riferimento la tabella qui riprodotta), ossia la graduatoria di 130
paesi a seconda della facilità con cui si può svolgere attività
imprenditoriale. Fra le sorprese, il fatto che Israele ha scalato
cinque posizioni ma si colloca solo al 49-mo posto e, in secondo luogo,
il fatto che l’Italia si colloca appena due posizioni più in basso, al
51-mo posto. Come si spiegano questi risultati, in parte inattesi e in
contrasto con il luogo comune secondo cui l’economia israeliana è molto
più dinamica di quella italiana? La graduatoria si basa su dieci
parametri, che secondo la Banca mondiale misurano l’accoglienza di un
paese nei confronti delle imprese: tra questi il livello delle tasse,
la rapidità con cui si effettuano i passaggi di proprietà immobiliare,
i tempi occorrenti per un allaccio elettrico e così via. Ebbene Israele
lo scorso anno aveva tra i suoi punti deboli proprio i tempi delle
trascrizioni immobiliari, ma per questo indicatore quest’anno è salita
dal 130-mo all’89-mo posto grazie all’avvio del catasto (Tabu)
telematico e la possibilità di effettuare le trascrizioni via Internet.
Israele è in bassa classifica anche sul fronte del livello di
imposizione (elevato) e per la facilità con cui si può esigere il
rispetto dei contratti (90-mo posto per entrambi).
Aviram Levy, Pagine Ebraiche, gennaio 2019
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MACHSHEVET
ISRAEL
Popolo, collettività e Stato
La
presentazione del libro di Hana Kasher Elion al kol ha-goim (Idra 2018
) a Bar Ilan, cui facevo riferimento in uno scorso intervento, è stata
l’occasione per discutere del tema della distinzione di Israel (e
quindi delle nozioni fornite dalla Tradizione a riguardo) da due
differenti punti di vista: uno inerente le fonti, l’altro l’attualità.
Per quanto riguarda le prime uno degli interventi metteva in evidenza
come Maimonide stesso si sarebbe trovato in “difficoltà emotiva” nel
coniugare l’universale dello sekhel (aspetto aristotelico) rispetto
alla distinzione tra Am Israel e gli altri popoli. Ed è forse in nome
di questa parità di intelletto che avrebbe – stando all’intervento –
spiegato la condizione del brith non già come dovuta a una scelta da
parte del Signore bensì come merito di Abramo di aver scelto la via di
questi. Alla nozione di popolo e di patto si scoprirebbe, anteposta,
quella di libera scelta da parte dell’uomo. Tuttavia l’Autrice metteva
in evidenza, nelle sue conclusioni, come Maimonide spiegasse la
necessità che il futuro re di Israele non sia discendente di convertiti
(una distinzione che si ritrova per la nevuà, la capacità profetica, e
che fa da contraltare a quanto detto circa l’ascendenza davidica) sulla
base dell’argomento secondo cui è preferibile che Re e popolo si
immedesimino, garantendo così l’unità della collettività. A interessare
è che in questo argomento si coglie l’aspetto deterministico presente –
non fosse che a livello meramente ipotetico – nella nozione di popolo.
Cosimo Nicolini Coen
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memoria
Lo Stato antisemita
La
memoria del 27 gennaio è un continente vasto, pauroso, che sappiamo di
avere alle spalle. Eppure, mentre collettivamente c'impegniamo a
ricordare l'inferno che è divampato nella nostra Europa ottant'anni fa,
una domanda c'inquieta. Cosa ci aspetta? Come se navigassimo in mare
aperto, e scrutassimo con ansia i segni di una terra che sentiamo
vicina, ma che non ancora non vediamo. Il continente verso cui facciamo
rotta potrà mai essere tenebroso e amaro come quello abitato dalle
generazioni che ci hanno da poco preceduto? L'ansia della Storia fa
parte della Storia stessa. Temiamo e quindi agiamo, ripensiamo
continuamente il nostro essere, riandiamo a ciò che è avvenuto per
orientarci e per farci coraggio. O non piuttosto per perderci e per
confonderci?Si parla spesso dell'istituzionalizzazione della Giornata
della memoria, del pericolo di renderla una ricorrenza formale,
staccata dalla realtà, di vuote cerimonie e di parole di circostanza.
Giulio Busi, Il Sole 24 Ore Domenica,
27 gennaio 2019
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memoria
Studio per non dimenticare
L’ignoranza
sull'Olocausto sta crescendo, in particolare tra i giovani. Un recente
sondaggio della Cnn in Europa ha rivelato che circa un terzo degli
intervistati europei in 12 Paesi ha dichiarato di sapere «solo
qualcosa» a proposito dell'Olocausto. In Francia, quasi il 20% dei
giovani trai 18 e i 34 anni, ha affermato di non averne mai sentito
parlare. E negli Stati Uniti un sondaggio fatto all'inizio di
quest'anno ha mostrato che il 66% dei millennial non aveva alcuna
conoscenza di Auschwitz. Nel loro complesso questi studi mostrano
un'immagine inquietante, con il passare degli anni lacune sempre più
ampie si aprono nella conoscenza e nella comprensione dell'Olocausto.
Non è preoccupante solo il fatto che l'Olocausto stia svanendo dalla
memoria. Il problema è anche che le lezioni da trarre dal genocidio
nazista di sei milioni di ebrei non saranno adoperate per affrontare le
sfide contemporanee poste alla civiltà. Non si può ignorare la
correlazione tra l'aumento dell'antisemitismo e la diminuita
consapevolezza nei confronti dell'Olocausto.
Harry D. Wall, La Stampa,
27 gennaio 2019
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Shir
Shishi - una poesia per erev shabbat
Istruzioni per l’espatrio clandestino
Ecco
una lirica sempre attuale del grande poeta Dan pagis sopravvissuto
ragazzo alla Shoah e mancato nel 1986. A leggere queste poche righe
viene in mente che una volta sei profugo tu, una volta lo è un migrante
su una nave fantasma.
Uomo inventato, parti.
Ecco il passaporto.
Ti è proibito ricordare.
Devi corrispondere alle generalità:
i tuoi occhi ora sono azzurri.
Non fuggire con le scintille
tra gli sbuffi della locomotiva;
sei un essere umano e siedi in un vagone. Accomodati.
Il cappotto è decoroso, l’aspetto è dignitoso,
il nuovo nome è pronto nella tua gola.
Parti, parti. Ti è proibito scordare.
(Dan Pagis, Tutte le poesie, hakibbutz Hame'uchad, 1991)
Sarah Kaminski, Università
di Torino
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Pagine
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