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31 gennaio 2018 - 22 shevat 5779
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ECONOMIA

I paesi dove è più facile fare gli imprenditori

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Nelle scorse settimane la Banca Mondiale ha pubblicato l’aggiornamento annuale dell’importante classifica “Ease of doing business” (a cui fa riferimento la tabella qui riprodotta), ossia la graduatoria di 130 paesi a seconda della facilità con cui si può svolgere attività imprenditoriale. Fra le sorprese, il fatto che Israele ha scalato cinque posizioni ma si colloca solo al 49-mo posto e, in secondo luogo, il fatto che l’Italia si colloca appena due posizioni più in basso, al 51-mo posto. Come si spiegano questi risultati, in parte inattesi e in contrasto con il luogo comune secondo cui l’economia israeliana è molto più dinamica di quella italiana? La graduatoria si basa su dieci parametri, che secondo la Banca mondiale misurano l’accoglienza di un paese nei confronti delle imprese: tra questi il livello delle tasse, la rapidità con cui si effettuano i passaggi di proprietà immobiliare, i tempi occorrenti per un allaccio elettrico e così via. Ebbene Israele lo scorso anno aveva tra i suoi punti deboli proprio i tempi delle trascrizioni immobiliari, ma per questo indicatore quest’anno è salita dal 130-mo all’89-mo posto grazie all’avvio del catasto (Tabu) telematico e la possibilità di effettuare le trascrizioni via Internet. Israele è in bassa classifica anche sul fronte del livello di imposizione (elevato) e per la facilità con cui si può esigere il rispetto dei contratti (90-mo posto per entrambi).

Aviram Levy, Pagine Ebraiche, gennaio 2019

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MACHSHEVET ISRAEL

Popolo, collettività e Stato 

img headerLa presentazione del libro di Hana Kasher Elion al kol ha-goim (Idra 2018 ) a Bar Ilan, cui facevo riferimento in uno scorso intervento, è stata l’occasione per discutere del tema della distinzione di Israel (e quindi delle nozioni fornite dalla Tradizione a riguardo) da due differenti punti di vista: uno inerente le fonti, l’altro l’attualità. Per quanto riguarda le prime uno degli interventi metteva in evidenza come Maimonide stesso si sarebbe trovato in “difficoltà emotiva” nel coniugare l’universale dello sekhel (aspetto aristotelico) rispetto alla distinzione tra Am Israel e gli altri popoli. Ed è forse in nome di questa parità di intelletto che avrebbe – stando all’intervento – spiegato la condizione del brith non già come dovuta a una scelta da parte del Signore bensì come merito di Abramo di aver scelto la via di questi. Alla nozione di popolo e di patto si scoprirebbe, anteposta, quella di libera scelta da parte dell’uomo. Tuttavia l’Autrice metteva in evidenza, nelle sue conclusioni, come Maimonide spiegasse la necessità che il futuro re di Israele non sia discendente di convertiti (una distinzione che si ritrova per la nevuà, la capacità profetica, e che fa da contraltare a quanto detto circa l’ascendenza davidica) sulla base dell’argomento secondo cui è preferibile che Re e popolo si immedesimino, garantendo così l’unità della collettività. A interessare è che in questo argomento si coglie l’aspetto deterministico presente – non fosse che a livello meramente ipotetico – nella nozione di popolo.

Cosimo Nicolini Coen 

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memoria        

Lo Stato antisemita 

La memoria del 27 gennaio è un continente vasto, pauroso, che sappiamo di avere alle spalle. Eppure, mentre collettivamente c'impegniamo a ricordare l'inferno che è divampato nella nostra Europa ottant'anni fa, una domanda c'inquieta. Cosa ci aspetta? Come se navigassimo in mare aperto, e scrutassimo con ansia i segni di una terra che sentiamo vicina, ma che non ancora non vediamo. Il continente verso cui facciamo rotta potrà mai essere tenebroso e amaro come quello abitato dalle generazioni che ci hanno da poco preceduto? L'ansia della Storia fa parte della Storia stessa. Temiamo e quindi agiamo, ripensiamo continuamente il nostro essere, riandiamo a ciò che è avvenuto per orientarci e per farci coraggio. O non piuttosto per perderci e per confonderci?Si parla spesso dell'istituzionalizzazione della Giornata della memoria, del pericolo di renderla una ricorrenza formale, staccata dalla realtà, di vuote cerimonie e di parole di circostanza.


Giulio Busi, Il Sole 24 Ore Domenica,
27 gennaio 2019  


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memoria 

Studio per non dimenticare

L’ignoranza sull'Olocausto sta crescendo, in particolare tra i giovani. Un recente sondaggio della Cnn in Europa ha rivelato che circa un terzo degli intervistati europei in 12 Paesi ha dichiarato di sapere «solo qualcosa» a proposito dell'Olocausto. In Francia, quasi il 20% dei giovani trai 18 e i 34 anni, ha affermato di non averne mai sentito parlare. E negli Stati Uniti un sondaggio fatto all'inizio di quest'anno ha mostrato che il 66% dei millennial non aveva alcuna conoscenza di Auschwitz. Nel loro complesso questi studi mostrano un'immagine inquietante, con il passare degli anni lacune sempre più ampie si aprono nella conoscenza e nella comprensione dell'Olocausto. Non è preoccupante solo il fatto che l'Olocausto stia svanendo dalla memoria. Il problema è anche che le lezioni da trarre dal genocidio nazista di sei milioni di ebrei non saranno adoperate per affrontare le sfide contemporanee poste alla civiltà. Non si può ignorare la correlazione tra l'aumento dell'antisemitismo e la diminuita consapevolezza nei confronti dell'Olocausto.

Harry D. Wall, La Stampa,
27 gennaio 2019 


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Shir Shishi - una poesia per erev shabbat

Istruzioni per l’espatrio clandestino

img headerEcco una lirica sempre attuale del grande poeta Dan pagis sopravvissuto ragazzo alla Shoah e mancato nel 1986. A leggere queste poche righe viene in mente che una volta sei profugo tu, una volta lo è un migrante su una nave fantasma.
 
Uomo inventato, parti.
Ecco il passaporto.
Ti è proibito ricordare.
Devi corrispondere alle generalità:
i tuoi occhi ora sono azzurri.
Non fuggire con le scintille
tra gli sbuffi della locomotiva;
sei un essere umano e siedi in un vagone. Accomodati.
Il cappotto è decoroso, l’aspetto è dignitoso,
il nuovo nome è pronto nella tua gola.
Parti, parti. Ti è proibito scordare.

(Dan Pagis, Tutte le poesie, hakibbutz Hame'uchad, 1991)

Sarah Kaminski, Università di Torino 

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