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5 febbraio 2019 -  29 shevat 5779
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STORIA

1938, il registro della vergogna      

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img headerCapristo Fabre / IL REGISTRO / Il Mulino

Direttori generali, professori, insegnanti, ingegneri e chimici, operai della Zecca, postini e maestre elementari. Uno studio rigoroso per raccontare con nuovi elementi la cacciata degli ebrei dallo Stato italiano, grazie allo studio dei protocolli della Corte dei Conti. Uno sguardo nuovo e approfondito per riflettere, attraverso il filtro della storia e della ricerca, sugli effetti delle Leggi razziste e sul significato del loro ricordo a poco più di 80 anni dalla promulgazione da parte del fascismo. L'elenco, spiegano gli autori de Il registro Annalisa Capristo e Giorgio Fabre, è stato ricostruito sulla base dei registri di protocollo e raccoglie tutti i decreti "di cessazione" e "di liquidazione" di tutti i dipendenti ebrei dello Stato italiano che percepivano uno stipendio e la cui eliminazione doveva essere registrata per legge dalla Corte. E insieme ad essa l'eventuale spesa che si sarebbe in conseguenza dovuta accollare lo Stato. I registri dei protocolli sono divisi per ministero di provenienza dell'atto, e dunque contengono i nomi di tutti i dipendenti ebrei, suddivisi ministero per ministero. "Si dispone così per la prima volta - riflettono gli autori - dell'intero quadro delle decisioni prese sui dipendenti ebrei statali dispensati dal servizio nel 1938. E si tratta senza dubbio di un quadro complessivamente grande, se non enorme".

Adam Smulevich, Pagine Ebraiche, febbraio 2019 

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memoria

La denuncia di Elie Wiesel contro chi non agì

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Elie Wiesel / IL MONDO SAPEVA / Giuntina

Nell’ottobre del 1999, nell’aula magna dell’Università di Friburgo in Svizzera, Elie Wiesel pronuncia un discorso incentrato sul rapporto tra passato e futuro, dal quale emerge l’interrogativo: come fare i conti con un passato gravido di orrori come quello dell’Europa del Novecento? Che fare dei cumuli di cadaveri, dei bambini assassinati, della complicità silenziosa di chi sapeva ed è rimasto a guardare? Questo discorso del grande autore, testimone della Shoah e premio Nobel per la Pace nel 1986, rappresenta un formidabile appello a resistere alla tentazione della violenza e alla banalizzazione della memoria. E sullo sfondo Wiesel ci pone una domanda, terribile e attuale: se Auschwitz non è riuscito a eliminare l’ingiustizia, cosa potrà riuscirci?
Il testo, finora inedito in Italia, è ora pubblicato da Giuntina, in un agile volume di ottanta pagine, dal titolo “Il mondo sapeva. La Shoah e il nuovo millennio”.
Scrive l’autore: “All’epoca non sapevamo. Non sapevamo che il mondo libero sapeva. Altrimenti, credetemi, non avremmo potuto resistere. Eppure, sapevano. Roosevelt sapeva. Churchill sapeva. In Vaticano sapevano. Qui, da voi, in questo paese neutrale, sapevate. E i vostri predecessori, amici miei – perché vi considero miei amici – anche i vostri predecessori sapevano.”

mdp 

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tradizione

Il Talmud babilonese affronta il Digiuno

storia

La lezione dei maestri antifascisti

Michael Ascoli (a cura di) / TALMUD BABILONESE: TRATTATO TA`ANIT/ Giuntina

Il titolo è sobrio, senza giri di parole. Ta'anit, Digiuno: nulla più e nulla meno di un confronto a tu per tu con uno dei più misteriosi e profondi fenomeni della tradizione religiosa. La fuga dalla fame e dal bisogno è forse la leva più immediata e forte del nostro essere nel mondo. Perché, allora, varie religioni, e tra queste l'ebraica, scelgono la privazione come via verso il divino, come un modo per interagire con le forze invisibili che reggono la natura e i cuori degli uomini? Il volume pubblicato da Giuntina, con la solita accuratezza, è il terzo del grande progetto di traduzione italiana del Talmud babilonese. Il trattato sul digiuno è complesso, sobrio, profondo. Proprio come difficile è la sfida dell'astinenza e della rinuncia. Una sfida che va riservata ai momenti di crisi, come ultimo rimedio quando lo stato abituale delle cose è sul punto di alterarsi, o la sciagura è già avvenuta.




Giulio Busi,
Il Sole 24 Ore Domenica, 3 febbraio 2019


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Massimo Castoldi / INSEGNARE LIBERTÀ. STORIE DI MAESTRI ANTIFASCISTI / Donzelli

Com'è importante la figura del maestro in una società civile. Sotto una dittatura, poi, quanto pesano la sua dignità, il suo coraggio per far sì che i bambini a lui affidati crescano nel rispetto delle regole dei rapporti umani cancellate dal regime, qualsiasi regime. E uscito da Donzelli un libro di Massimo Castoldi, professore di Filologia italiana all'Università di Pavia, studioso della memorialistica della Resistenza: Insegnare libertà. Storie di maestri antifascisti. Un libro amaro, doloroso, commovente, utile a far capire perché quel passato deve davvero passare per sempre, soprattutto oggi che il fascismo sembra venga guardato con indulgenza. (Sere fa, durante il programma di Lilli Gruber, Luciano Canfora spiegò con limpidezza a un giornalista di idee nerastre, ignorante anche nel linguaggio, che cosa significa la parola fascistoide, purtroppo tornata nel clima di una certa politica del nostro tempo).

Corrado Stajano, Corriere della Sera,
1 febbraio 2019


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