Alberto Sermoneta, rabbino
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"Veikhas
e'anan et ohel mo'ed ukhvod A' malé et ha miskan - E la nube di fumo
avvolse la Tenda della Radunanza e la Gloria di D-o riempì il Santuario"
Con questo verso che ci racconta l'istituzione del culto del Mishkan, si conclude il libro di Shemot.
Non con poche critiche fu costruito il Mishkan - luogo che accentrava
tutte le istituzioni del popolo ebraico - tant'è che Mosè fu costretto
a rendere pubblico e dettagliato il conteggio delle spese - "Elle
pekudé ha mishkan - Questo è il conteggio del Mishkan" - ossia delle
spese sostenute per la costruzione del Santuario.
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Gadi
Luzzatto
Voghera, direttore
Fondazione CDEC
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L’Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane è capofila di un progetto su religioni
e violenza sulle donne dal titolo “Not in my name”. Un lavoro che
coinvolge anche le chiese cristiane e la componente islamica. Non entro
nelle dinamiche del progetto, che prevede interventi didattici in
alcune scuole per un radicamento della consapevolezza del fondamentale
ruolo della donna nelle religioni nella nostra contemporaneità. Mi
piace però sottolineare che esiste un impegno concreto di riflessione
su questo tema.
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Asse sulle startup
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Undici
imprese italiane impegnate nella innovazione tecnologiche in viaggio in
Israele con Intesa San Paolo. Numerosi gli incontri in un Paese che il
Corriere definisce “Il più innovativo al mondo, con il più alto numero
di startup e brevetti pro capite e una percentuale superiore al 4% di
Pil investita in sviluppo”. Per il Sole 24 Ore è in fase di attuazione
un accordo “che farà di Torino un laboratorio a cielo aperto per le
ultime soluzioni hi-tech sviluppate da startup israeliane”.
Si è di messa Marika Poletti, capo di gabinetto dell’assessore agli
Enti locali del Consiglio provinciale di Trento che ha una svastica
tatuata sulla gamba e di cui è circolato in rete un video inneggiante
al Terzo Reich. Ad intervenire su questa vicenda, segnala tra gli altri
il Corriere, erano state la Presidente UCEI Noemi Di Segni, la
presidente della Comunità ebraica meranese Eli Rossi Borenstein e la
senatrice a vita Liliana Segre, oltre alla sezione trentina
dell’associazione Italia-Israele.
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liliana segre all'accademia dei lincei "I giovani, antidoto all'odio"
IPer
una volta il suo pubblico non è composto da giovani cui da trent’anni
si rivolge nelle scuole, nelle università, nei teatri.
Ospite dell’Accademia Nazionale dei Lincei e del suo presidente Giorgio
Parisi, la Testimone della Shoah e senatrice a vita Liliana Segre
idealmente però parla ancora a loro. Ma non solo. Nuovi messaggi, nuove
parole contro l’odio in un momento segnato, come riconoscerà a fine
incontro l’ambasciatore francese Christian Masset, dal ritorno sulla
scena di parole e comportamenti malati che in Francia e un po’ in tutta
Europa suscitano inquietudine.
“Avendo visto i frutti dell’odio, il mio impegno è quello di essere
ambasciatrice di pace e speranza” esordisce la Testimone, la cui
lezione aveva come titolo “Il futuro della Memoria”.
“Sono anni – ha spiegato poi – che incontro i giovani. I loro scritti,
le loro emozioni sono come un balsamo per ferite che non chiuderanno
mai, ma che si possono comunque lenire. Per noi, pochi rimasti, sempre
in prima linea, non è poco”.
Parte dalle Leggi razziste, dall’espulsione da scuola, per arrivare al
tentativo di espatrio in Svizzera fallito, alla cattura, alla
deportazione nel lager, alla fine dell’incubo dopo durissime prove.
“Nel raccontare la Shoah – sottolinea – non bisogna aver paura di
soffermarsi su dettagli luridi. Del secchio per i bisogni che
condividevamo nel vagone, ad esempio. Sono dettagli importanti. Perché
mentre conosciamo un po’ tutti le storie più note, talvolta ci
dimentichiamo che il percorso per togliere la dignità umana comincia
proprio da un secchio”. Una consapevolezza che, osserva, “è
fondamentale per il futuro della Memoria”. Leggi
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qui roma - l'incontro
"Dialogo, la strada è giusta"
Un’udienza
da papa Bergoglio, incontri al vertice con esponenti di governo sia
italiani che vaticani, un confronto sulle prospettive dell’ebraismo
italiano e romano con alcuni dei suoi protagonisti. Tre giornate di
lavoro nella Capitale per l’American Jewish Committee, incentrate anche
sulla prospettiva di un Dialogo con la Chiesa cattolica ritenuto di
fondamentale importanza.
Questo anche il tema di un incontro pubblico che si è svolto nelle
scorse ore nella sede della Pontificia Università Gregoriana, in
collaborazione con il Centro Cardinal Bea. Al tavolo, incalzati dal
direttore del Centro Emmanuel Vetö, il direttore internazionale degli
affari interreligiosi AJC rav David Rosen e il cardinale Kurt Koch,
presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e della
Pontificia Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo.
“Jewish Catholic Relations in the Francis Era: Achievements and
Challenges” il tema di un incontro che ha spaziato su diversi fronti: i
progressi del Dialogo, le relazioni della Santa Sede con Israele, i
nodi di natura teologica. Leggi
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Antisemitismo percepito
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Non
è detto che il livello di antisemitismo effettivamente presente
all’interno di una società corrisponda a quello percepito dagli ebrei
(che, peraltro, a sua volta non necessariamente corrisponde
all’effettivo pericolo che gli ebrei corrono, come dimostrano numerosi
esempi storici). È comunque ragionevole supporre che vi sia una qualche
correlazione, anche perché il fatto stesso che gli ebrei si sentano
meno sicuri è di per sé un segnale preoccupante.
Si può dire lo stesso per il livello di antisemitismo percepito dai non
ebrei? Il resoconto sull’indagine SWG pubblicato alle pp.4-5 del numero
di febbraio di Pagine ebraiche sembra darlo per scontato. Devo però
confessare che la cosa mi ha un po’ sorpresa, perché io,
istintivamente, sarei stata portata ad affermare esattamente il
contrario: al mio primo sguardo sulle tabelle, infatti, il dato che mi
è apparso più inquietante è stato quel 51% tra gli intervistati che
ritiene che nell’Italia di oggi il sentimento antisemita sia presente
poco o per nulla. Se l’esistenza dell’antisemitismo in Italia è un dato
di fatto – questo è stato il mio ragionamento istintivo – è molto
preoccupante constatare che la maggioranza assoluta degli italiani
sembra non vederlo.
Anna Segre, insegnante
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Titoli ingannevoli
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“Negli
ultimi giorni il tema dell’antisemitismo è tornato alla ribalta in
Europa. È dello scorso 19 febbraio la notizia della profanazione di un
cimitero ebraico in Francia, e nemmeno a una settimana prima risalgono
gli insulti al filosofo francese Alain Finkielkraut durante una
manifestazione dei Gilet gialli. Se il primo caso è sicuramente un atto
di antisemitismo esplicito, il secondo, seppur diretto al filosofo in
maniera verbalmente violenta, potrebbe essere letto come un gesto di
critica alla politica di Israele”.
Dunque, non c’è soltanto la signora Vera Pegna che in qualche modo
legittima l’aggressione a Alain Finkielkraut. Questo incipit è tratto
da un articolo comparso sul The Vision – descritto come “la nuova
testata online rivolta ai millennials” – col solito titolo ingannevole
“Perché si può criticare Israele senza essere antisemiti”.
Francesco Moises Bassano
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