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8 Marzo 2019 - 1 Adar II 5779
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Alberto Sermoneta, rabbino
"Veikhas e'anan et ohel mo'ed ukhvod A' malé et ha miskan - E la nube di fumo avvolse la Tenda della Radunanza e la Gloria di D-o riempì il Santuario"
Con questo verso che ci racconta l'istituzione del culto del Mishkan, si conclude il libro di Shemot.
Non con poche critiche fu costruito il Mishkan - luogo che accentrava tutte le istituzioni del popolo ebraico - tant'è che Mosè fu costretto a rendere pubblico e dettagliato il conteggio delle spese - "Elle pekudé ha mishkan - Questo è il conteggio del Mishkan" - ossia delle spese sostenute per la costruzione del Santuario.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
direttore
Fondazione CDEC
L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane è capofila di un progetto su religioni e violenza sulle donne dal titolo “Not in my name”. Un lavoro che coinvolge anche le chiese cristiane e la componente islamica. Non entro nelle dinamiche del progetto, che prevede interventi didattici in alcune scuole per un radicamento della consapevolezza del fondamentale ruolo della donna nelle religioni nella nostra contemporaneità. Mi piace però sottolineare che esiste un impegno concreto di riflessione su questo tema.
 
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Asse sulle startup
Undici imprese italiane impegnate nella innovazione tecnologiche in viaggio in Israele con Intesa San Paolo. Numerosi gli incontri in un Paese che il Corriere definisce “Il più innovativo al mondo, con il più alto numero di startup e brevetti pro capite e una percentuale superiore al 4% di Pil investita in sviluppo”. Per il Sole 24 Ore è in fase di attuazione un accordo “che farà di Torino un laboratorio a cielo aperto per le ultime soluzioni hi-tech sviluppate da startup israeliane”.

Si è di messa Marika Poletti, capo di gabinetto dell’assessore agli Enti locali del Consiglio provinciale di Trento che ha una svastica tatuata sulla gamba e di cui è circolato in rete un video inneggiante al Terzo Reich. Ad intervenire su questa vicenda, segnala tra gli altri il Corriere, erano state la Presidente UCEI Noemi Di Segni, la presidente della Comunità ebraica meranese Eli Rossi Borenstein e la senatrice a vita Liliana Segre, oltre alla sezione trentina dell’associazione Italia-Israele.
 
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  davar
otto marzo
L'uguaglianza da conquistare
Otto marzo, Giornata internazionale della donna: questo l’omaggio da Gerusalemme del disegnatore Michel Kichka, che in una didascalia si chiede: “La donna sta davanti all’uomo. A quando l’uguaglianza?”. Una domanda che non può essere elusa, se davvero si vuol dare un senso che non sia retorico a questa celebrazione.

liliana segre all'accademia dei lincei
"I giovani, antidoto all'odio"
IPer una volta il suo pubblico non è composto da giovani cui da trent’anni si rivolge nelle scuole, nelle università, nei teatri.
Ospite dell’Accademia Nazionale dei Lincei e del suo presidente Giorgio Parisi, la Testimone della Shoah e senatrice a vita Liliana Segre idealmente però parla ancora a loro. Ma non solo. Nuovi messaggi, nuove parole contro l’odio in un momento segnato, come riconoscerà a fine incontro l’ambasciatore francese Christian Masset, dal ritorno sulla scena di parole e comportamenti malati che in Francia e un po’ in tutta Europa suscitano inquietudine.
“Avendo visto i frutti dell’odio, il mio impegno è quello di essere ambasciatrice di pace e speranza” esordisce la Testimone, la cui lezione aveva come titolo “Il futuro della Memoria”.
“Sono anni – ha spiegato poi – che incontro i giovani. I loro scritti, le loro emozioni sono come un balsamo per ferite che non chiuderanno mai, ma che si possono comunque lenire. Per noi, pochi rimasti, sempre in prima linea, non è poco”.
Parte dalle Leggi razziste, dall’espulsione da scuola, per arrivare al tentativo di espatrio in Svizzera fallito, alla cattura, alla deportazione nel lager, alla fine dell’incubo dopo durissime prove.
“Nel raccontare la Shoah – sottolinea – non bisogna aver paura di soffermarsi su dettagli luridi. Del secchio per i bisogni che condividevamo nel vagone, ad esempio. Sono dettagli importanti. Perché mentre conosciamo un po’ tutti le storie più note, talvolta ci dimentichiamo che il percorso per togliere la dignità umana comincia proprio da un secchio”. Una consapevolezza che, osserva, “è fondamentale per il futuro della Memoria”.
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qui roma - l'incontro 
"Dialogo, la strada è giusta"
Un’udienza da papa Bergoglio, incontri al vertice con esponenti di governo sia italiani che vaticani, un confronto sulle prospettive dell’ebraismo italiano e romano con alcuni dei suoi protagonisti. Tre giornate di lavoro nella Capitale per l’American Jewish Committee, incentrate anche sulla prospettiva di un Dialogo con la Chiesa cattolica ritenuto di fondamentale importanza.
Questo anche il tema di un incontro pubblico che si è svolto nelle scorse ore nella sede della Pontificia Università Gregoriana, in collaborazione con il Centro Cardinal Bea. Al tavolo, incalzati dal direttore del Centro Emmanuel Vetö, il direttore internazionale degli affari interreligiosi AJC rav David Rosen e il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e della Pontificia Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo.
“Jewish Catholic Relations in the Francis Era: Achievements and Challenges” il tema di un incontro che ha spaziato su diversi fronti: i progressi del Dialogo, le relazioni della Santa Sede con Israele, i nodi di natura teologica.
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qui torino - l'incontro
Memoria, sguardo al femminile
Donne e deportazione è il tema scelto dall’Associazione Ex Allievi e Amici della Scuola ebraica di Torino, alla vigilia dell’8 marzo. Una serata per far luce su una vicenda in particolare: quella dell’arresto di venti anziane donne ebree torinesi, che vennero trasferite dall’ospizio israelitico di piazza Santa Giulia, bombardato, al Ricovero comunale e dà lì prelevate e condotte alle Carceri Le Nuove, nel braccio femminile gestito dai fascisti.


Alice Fubini
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la terza edizione del premio
Giornalismo, per i giovani

nel segno di Vera Schiavazzi
È aperta a tutti i giovani allievi ed ex allievi delle scuole di giornalismo la terza edizione del premio intitolato a Vera Schiavazzi, giornalista torinese capace di mostrare a tutti i colleghi che hanno avuto la fortuna di lavorare con lei che il giornalismo, uno dei mestieri più individualisti al mondo, è anche condivisione, sforzo comune. Fondatrice insieme a Nicola Tranfaglia e Mario Berardi del Master in Giornalismo di Torino, che ha diretto con quel senso di responsabilità che caratterizza fortemente coloro che sanno come dai giornali passi un pezzo importante della vita della una società, era una sindacalista preziosa e una grande appassionata di cronaca e di politica.
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pilpul
Antisemitismo percepito
Non è detto che il livello di antisemitismo effettivamente presente all’interno di una società corrisponda a quello percepito dagli ebrei (che, peraltro, a sua volta non necessariamente corrisponde all’effettivo pericolo che gli ebrei corrono, come dimostrano numerosi esempi storici). È comunque ragionevole supporre che vi sia una qualche correlazione, anche perché il fatto stesso che gli ebrei si sentano meno sicuri è di per sé un segnale preoccupante.
Si può dire lo stesso per il livello di antisemitismo percepito dai non ebrei? Il resoconto sull’indagine SWG pubblicato alle pp.4-5 del numero di febbraio di Pagine ebraiche sembra darlo per scontato. Devo però confessare che la cosa mi ha un po’ sorpresa, perché io, istintivamente, sarei stata portata ad affermare esattamente il contrario: al mio primo sguardo sulle tabelle, infatti, il dato che mi è apparso più inquietante è stato quel 51% tra gli intervistati che ritiene che nell’Italia di oggi il sentimento antisemita sia presente poco o per nulla. Se l’esistenza dell’antisemitismo in Italia è un dato di fatto – questo è stato il mio ragionamento istintivo – è molto preoccupante constatare che la maggioranza assoluta degli italiani sembra non vederlo.


Anna Segre, insegnante
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Titoli ingannevoli
“Negli ultimi giorni il tema dell’antisemitismo è tornato alla ribalta in Europa. È dello scorso 19 febbraio la notizia della profanazione di un cimitero ebraico in Francia, e nemmeno a una settimana prima risalgono gli insulti al filosofo francese Alain Finkielkraut durante una manifestazione dei Gilet gialli. Se il primo caso è sicuramente un atto di antisemitismo esplicito, il secondo, seppur diretto al filosofo in maniera verbalmente violenta, potrebbe essere letto come un gesto di critica alla politica di Israele”.
Dunque, non c’è soltanto la signora Vera Pegna che in qualche modo legittima l’aggressione a Alain Finkielkraut. Questo incipit è tratto da un articolo comparso sul The Vision – descritto come “la nuova testata online rivolta ai millennials” – col solito titolo ingannevole “Perché si può criticare Israele senza essere antisemiti”.


Francesco Moises Bassano
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