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L'INAUGURAZIONE DELLA NUOVA GRANDE MOSTRA DEL MUSEO DELL'EBRAISMO  

Ferrara, il rinascimento parla ebraico

Tutto pronto per l'apertura della nuova mostra del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, “Il Rinascimento parla ebraico” (aperta dal 12 aprile al 15 settembre), presentata nelle scorse ore alla stampa. “È un grande privilegio costruire questo luogo giorno dopo giorno – ha introdotto Simonetta Della Seta, direttore del MEIS – e l’apertura di questo ulteriore segmento, che racconta qualcosa di molto originale, dimostra che il nostro museo c’è, è dinamico e può offrire alla cultura italiana un contributo concreto. È stato un onore e un privilegio anche avere come interlocutori due studiosi del calibro di Giulio Busi e di Silvana Greco, curatori del percorso, e aver potuto contare sulla fantastica scenografia curata dallo Studio GTRF Giovanni Tortelli e Roberto Frassoni, e sui lavori multimediali di Umberto Saraceni, che hanno valorizzato moltissimo il concept elaborato dai curatori”.
Come ha sottolineato Dario Disegni, presidente del MEIS, “fino a pochi mesi fa, il Cda ha vissuto ore di angoscia, perché era difficile reperire le risorse necessarie a realizzare una mostra del valore e dell’importanza di quella che oggi lanciamo. È stata una lotta contro il tempo e, se ce l’abbiamo fatta, è stato anche grazie alla generosità degli sponsor – su tutti Intesa Sanpaolo – e di alcuni donatori, a partire dall’ambasciatore Giulio Prigioni. Il senso dell’esposizione – ha proseguito Disegni – è quello di dare continuità alla mission istituzionale del MEIS, ovvero far conoscere la storia degli ebrei italiani. Nel Rinascimento gli ebrei sono stati presenti, sia come attivi protagonisti della società, con apporti assolutamente inediti, sia perché la loro lingua e cultura erano ben note ad alcuni dei maggiori artisti dell’epoca”.
Un concetto approfondito dal curatore Giulio Busi, che ha chiarito come la mostra punti a dimostrare una tesi ben precisa: “Per la prima volta, abbiamo raccolto opere di carattere letterario, archivistico e artistico accomunate dalla presenza della lingua ebraica e dal fatto di ricadere entro coordinate storiche definite, che vanno dagli antecedenti trecenteschi del Rinascimento fino al clou del periodo tra il 1470 e il 1530. E la tesi è duplice: senza il Rinascimento, l’ebraismo italiano non sarebbe lo straordinario fenomeno culturale, storico e sociale che conosciamo; e senza l’apporto della minoranza ebraica, il Rinascimento italiano non sarebbe ciò che è stato. Perché gli ebrei hanno una tradizione antica, sono presenti nella Penisola da oltre duemila anni, hanno una funzione economica importante, sono utili e ricercati, presenti nelle professioni, vivono ancora insieme agli altri e non relegati nei ghetti, e sono ammessi – Ferrara ne è un esempio – negli ambienti di corte”.
E ciò vale anche per le donne, come ha specificato l’altra curatrice, Silvana Greco: “La mostra vuole decostruire lo stereotipo patriarcale, mostrando come tante esponenti femminili del mondo ebraico fossero attive nella sfera pubblica, copiassero manoscritti, svolgessero il ruolo di imprenditrici, come Dona Gracia Nasi, prestassero denaro, fossero esperte di medicina”. 
IN ATTESA DEL PROSSIMO GOVERNO, PRENDE FORMA IL NUOVO PARLAMENTO 

Knesset, chi entra e chi rimane fuori

Mentre il Primo ministro Benjamin Netanyahu, chiaro vincitore di queste elezioni israeliane, prosegue il suo lavoro per formare la propria coalizione, gli altri partiti tirano le somme e cercano di capire come rimettersi in piedi. In queste ore i leader della Nuova Destra, Ayelet Shaked e Naftali Bennett hanno chiesto il riconteggio dei voti: il loro partito è stato uno dei grandi esclusi di questa tornata elettorale, non avendo superato di poco la soglia del 3,25%. Intanto, secondo i dati dell'ultimo scrutinio, c'è stato un piccolo cambiamento nella distribuzione dei seggi che però non incide molto sulla situazione generale: il partito di sinistra Meretz sembra infatti aver guadagnato un posto in più alla Knesset mentre uno in meno è stato assegnato a Yahadut HaTorah, uno dei due partiti haredi, passato da 8 a 7. Grande sconfitto anche il partito laburista, con il leader Avi Gabbay sotto forte pressione: il segretario generale del partito Eran Hermoni ha infatti chiesto a Gabbay di dimettersi. “Ho chiarito a Gabbay che, visti i devastanti risultati elettorali, deve assumersi la responsabilità e dimettersi immediatamente dalla carica di presidente del partito laburista”, il commento di Hermoni riportato da Aurtz 13. 
LE INIZIATIVE DEDICATE AL GRANDE SCRITTORE E INTELLETTUALE TRIESTINO

Dal mare di Trieste all'amicizia con Singer,
gli ottant'anni di Claudio Magris

Compie 80 anni Claudio Magris, il grande intellettuale, studioso e scrittore triestino che è stato tra i primi a riscoprire il filone di matrice ebraica nell’ambito dei capolavori che hanno raccontato la grandezza e il dissolvimento della Mitteleuropa.
Dalla sua Trieste, che lo festeggerà questo venerdì con la presentazione del suo ultimo libro “Tempo curvo a Krems” pubblicato da Garzanti alla Libreria Minerva, a Milano, dove uno speciale evento al Teatro Franco Parenti organizzata dalla Fondazione Corriere permetterà lunedì sera di ripercorrere volti, personaggi, piccoli e grandi momenti di una vita ricca di sfumature.
“La prima cosa che guardo sul giornale la mattina è la temperatura del mare” ha detto Magris in una intervista realizzata dal quotidiano triestino Il Piccolo per festeggiare l’anniversario. “Il mare – sottolinea ancora Magris – è l’abbandono, la felicità. Non ho stile, non ho mai fatto scuola di nuoto, ma amo lasciarmi andare nelle braccia del mondo”.
Proprio al mare, a Barcola, un giovane germanista destinato al successo porta con sé un libro di racconti di Isaac Bashevis Singer, destinato in futuro a vincere il Premio Nobel ma ancora, in quei giorni, non così conosciuto. L’impatto, racconterà a Pagine Ebraiche, fu dirompente. E fu l’inizio di una grande amicizia con lo scrittore maestro della letteratura yiddish. “Dopo la folgorazione di quelle pagine – ricostruiva infatti Magris – non ho aspettato nemmeno di rivestirmi e tornare a casa. Ho attraversato la strada Costiera per raggiungere la tabaccheria più vicina e comprare una cartolina e un francobollo, poi al tavolino di un caffè ho scritto a Singer indirizzando all’editore newyorkese Farrar Strauss, che più tardi sarebbe diventato il mio editore negli Usa”. 
(Disegno di Giorgio Albertini)
CLAUDIO MAGRIS A COLLOQUIO CON PAGINE EBRAICHE

“I perseguitati hanno salvato la libertà del mondo”

Fra le tante parole importate via terra o via mare o depositate dal vento in quel dialetto che si ostinano a parlare tutti, dai portuali agli scienziati, la parola “divorzio”, che dà nome a un intero trattato di Talmud, non poteva che venire dalle antiche terminologie ebraiche. E’ cosa naturale che alle porte di Trieste, nello stabilimento balneare più democratico del mondo, dove lungo le scogliere di Barcola che guardano a Miramare si mischia l’umanità più disparata, voli in tutta naturalezza sulle labbra delle casalinghe e degli impiegati in pausa di metà giornata, l’espressione “darghe el ‘ghet”. In mezzo a loro, per uno di quei mitici bagni cui non vuole rinunciare caschi il mondo, pare ne debba prendere un centinaio l’anno, c’era anche il professore. Mischiato alla folla che si contende un lembo di cemento per stendere l’asciugamano al sole, un grande germanista in costume da bagno lascia solo un segno che lo distingua dalla folla popolare: quello che si è portato da leggere. Isaac Bashevis Singer attendeva ancora il riconoscimento del Nobel e i suoi racconti, dove scorre in piena il fiume della grande letteratura classica, erano nelle mani di pochi intenditori. Sotto il sole di Trieste gli occhi di Claudio Magris si lasciarono incantare da uno di quei racconti “Colui che non era visto”, la storia di un ghet sbalorditivo, dove alla separazione seguirà l’impossibile e questa volta peccaminoso ritorno. L’emozione travolgente di un adulterio da vivere con la propria consorte. Nel raccontare queste pagine, nel ripercorrere l’intersecarsi delle sue strade di germanista e di letterato con le vie ebraiche della letteratura e della vita, Magris svela infine l’inizio di una importante amicizia con il grande scrittore yiddish.
“Dopo la folgorazione di quelle pagine – racconta – non ho aspettato nemmeno di rivestirmi e tornare a casa. Ho attraversato la strada Costiera per raggiungere la tabaccheria più vicina e comprare una cartolina e un francobollo, poi al tavolino di un caffè ho scritto a Singer indirizzando all’editore newyorkese Farrar Strauss, che più tardi sarebbe diventato il mio editore negli Usa”.

Singer rispose? È nata così la vostra amicizia?
Certo, in pochi giorni ho avuto la risposta e in tempi brevi, prima negli Stati Uniti, poi durante le sue vacanze estive a Wengen, in Svizzera, abbiamo cominciato a incontrarci. 

Guido Vitale, Pagine Ebraiche Febbraio 2013

(Disegno di Giorgio Albertini)
CLAUDIO MAGRIS A COLLOQUIO CON PAGINE EBRAICHE

“Scrivo contro il trauma della Storia”

Francoforte, ottobre 2009. Nel giorno in cui la Buchmesse, il massimo momento d’incontro dell’editoria mondiale, chiude i battenti, l’insigne germanista e scrittore Claudio Magris attraversa la piazza dove nel maggio del 1933 i nazisti bruciavano i libri, poi sale i gradini della Paulskirche, il tempio della democrazia tedesca, per accettare il Friedenspreis, primo italiano a ricevere il più prestigioso riconoscimento culturale europeo. Ai mille invitati che assieme al Nobel per la letteratura Herta Mueller lo accolgono calorosamente tocca un discorso d’accettazione del tutto inatteso, l’evocazione di un personaggio inquietante e per molti del tutto sconosciuto. “A Trieste – esordisce Magris – nei grandi capannoni e cortili di una vecchia caserma abbandonata, si possono vedere, affiancati o sparsi in disordine come carcasse di mostri marini lasciati su una spiaggia dal riflusso di un maremoto, carri armati, sommergibili squarciati, cannoni anticarro, autoblinde, aeroplani dall’ala fracassata; in altri vani si allineano relitti guerreschi più piccoli, gavette sfondate, cornette telefoniche da campo strappate, bossoli, elmetti, manifesti di guerra. Un tempo quello era il regno di un personaggio bizzarro, Diego de Henriquez…”.
Sei anni dopo, all’indomani della pubblicazione della sua più recente e probabilmente della sua più alta prova letteraria, il nostro incontro è ancora a Francoforte e ancora al margine della grande fiera dove l’editoria che conta si dà appuntamento. Il gruppo editoriale Mauri Spagnol, che controlla le edizioni Garzanti, sfoggia con orgoglio questo fresco di stampa Non luogo a procedere in cui Magris dà corpo all’ossessionante ombra del professor De Henriquez per poi prendere liberamente il largo della grande letteratura. Lasciamo ad altre pagine del giornale l’analisi di una prova letteraria di grande forza e di grande significato per il mondo ebraico e per tutti coloro che amano la libertà e la pace, e ascoltiamo il racconto dell’autore.
“La figura di De Henriquez che evocai allora a Francoforte – confessa Magris – mi assillava già al tempo e ha continuato a seguirmi in questi anni. Non luogo a procedere è dichiaratamente ispirato alla vita e al dramma di questo personaggio. Detto questo è però necessario chiarire che ho voluto scrivere un libro di creazione letteraria e di libero pensiero, non la biografia di un personaggio realmente esistito. Sarebbe arbitrario nei confronti di De Henriquez, che ebbe una vita estremamente complessa, e nei confronti di quello che ho scritto”.

Questo personaggio, professore, lei lo incontrò più volte.
Certo, l’ho incontrato. Mi veniva incontro negli ultimi anni della sua vita parlandomi in tedesco di tante sue ossessioni e di tante idee smisurate, del progetto di costruire un museo della guerra per la pace, di teorie scientifiche assai strampalate, della sua ossessione di annotare ogni dettaglio della vita reale. Quei dettagli che oggi si trovano nell’immenso corpus dei suoi diari.
 

Guido Vitale, Pagine Ebraiche Novembre 2015

(Disegno di Giorgio Albertini)

QUI ROMA - L'AMBASCIATORE D'ISRAELE OFER SACHS AL SALONE DELLA GIUSTIZIA 

“Regime iraniano, minaccia tangibile”

È un confronto sul tema della sicurezza nazionale e della cooperazione internazionale ad aprire la terza e ultima giornata del Salone della Giustizia in corso a Roma. Tra gli ospiti dell’incontro, cui ha preso tra gli altri parte il capo della Polizia Franco Gabrielli, l’ambasciatore israeliano Ofer Sachs e l’ex direttore dello Shin Bet Jacob Perry. Una riflessione a più voci, che ha avuto il Medio Oriente per protagonista.
Punto di partenza dell’intervento dell’ambasciatore Sachs la minaccia rappresentata dall’Iran e l’evoluzione dell’accordo sul nucleare siglato quattro anni fa. Diversi i motivi di preoccupazione che arrivano da Teheran, ha sottolineato il diplomatico. 


Rassegna stampa

Elezioni israeliane, 
opinioni a confronto

L’esito delle elezioni israeliane, con un nuovo incarico in vista per il Premier uscente Benjamin Netanyahu, al centro dell’attenzione mediatica. Tra cronaca e opinioni, diverse le pagine dedicate sui quotidiani nazionali.
Per Mordechai Kedar, che su La Stampa prova ad analizzare le ragioni della vittoria del Likud, con Netanyahu “l’economia israeliana prospera, ha buone relazioni, intime e clandestine, con alcuni importanti governanti arabi e qualche Stato occidentale ha iniziato a spostare l’ambasciata a Gerusalemme”. Inoltre Netanyahu “è un esperto di sicurezza ed economia, ed è considerato indispensabile, ma la vera ragione del suo successo è l’abitudine di emarginare qualsiasi politico che potrebbe prendere il suo posto, anche se del suo stesso partito”. David Grossman, intervistato dal Corriere, evoca lo spettro di una perdita di senso della democrazia, in particolare nella relazione con la minoranza araba e con i palestinesi. “Bibi – sostiene lo scrittore – ha un potere sulla gente che è molto difficile spiegare in modo razionale. È un ottimo politico, ma il segreto non è quello: ha trovato il modo di rispondere alle paure più irrazionali e profonde dei sionisti. L’intensità della manipolazione che ha messo in atto sulla società israeliana negli ultimi anni è difficilmente spiegabile per chi non ha assistito al suo sviluppo”. Su posizioni simili Abraham B. Yehoshua, interpellato da Repubblica. “Non gli perdonerò mai – afferma – quello che ha fatto agli arabi israeliani. Ha trasmesso l’idea che solo un ebreo può essere un vero israeliano; cosa che ai religiosi piace moltissimo”.
Tra i temi di questo appuntamento elettorale l’evaporazione della sinistra. Il Corriere racconta come si è votato a Be’eri, kibbutz simbolo di quella componente minoritaria di Israele che vota ancora a maggioranza per i laburisti (ma con diversi consensi anche per Benny Gantz).

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QUI FIRENZE 

Un giardino per Bonaventura 

“Un modo per ricordare la figura di un illustre accademico fiorentino, espulso dall’insegnamento a causa delle atroci leggi razziali. Un’iniziativa per mantenere viva la Memoria, anche attraverso la toponomastica, del suo grande ruolo nel panorama della psicologia fiorentina e del suo allontanamento dall’ateneo nel 1938”. Così l’assessore comunale alla toponomastica Andrea Vannucci nell’annunciare, nell’autunno scorso, l’intitolazione di un giardino interno ai locali dell’Università di Firenze in via Capponi alla memoria di Enzo Bonaventura, che dopo l’espulsione sancita dal fascismo fu tra i padri della psicologia accademica israeliana e venne assassinato nel ’48 nell’agguato contro il convoglio medico dell’Hadassah.
Una iniziativa accolta con favore dall’amministrazione cittadina e perorata in primis dall’assessore alla Cultura UCEI David Meghnagi, docente dell’Università degli Studi Roma Tre e direttore del Master Internazionale sulla Shoah che ha curato la pubblicazione per Marsilio dell’opera di Bonaventura “La psicoanalisi”.
  
QUI NAPOLI - IL CONVEGNO 

Sefarditi, ricchezza d’Europa 

La Comunità ebraica di Napoli, negli scorsi giorni ha ospitato la prima conferenza di un ciclo di incontri dal titolo “Mondi Sefarditi” realizzato dall’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e dal Centro di Studi Ebraici, in collaborazione con l’Istituto Cervantes e con la Comunità ebraica stessa.
Il ciclo, consistente in cinque conferenze, si propone l’obiettivo di approfondire e diffondere la conoscenza dell’ebraismo sefardita, le cui vicende hanno avuto un ruolo significativo nella cultura delle società del Mediterraneo e del vicino oriente.   
JCIAK 

Il cinema italiano sui grandi schermi d'Israele

Il meglio del cinema italiano nelle cineteche di Tel Aviv, Haifa, Gerusalemme, Holon, Herzliya, Sderot e Rosh Pina. A offrire al pubblico israeliano una notevole selezione di film classici e contemporanei è, in questi giorni, la sesta edizione di Cinema Italia. A comporre la rassegna, ormai uno degli appuntamenti più attesi della stagione, alcuni dei più interessanti film italiani usciti lo scorso anno insieme a un omaggio a Anna Magnani e Bernardo Bertolucci, il grande regista scomparso quest'anno. Fra i documentari, 1938 - Diversi di Giorgio Treves che, a ottant'anni dalle leggi razziali, ricostruisce i meccanismi di propaganda del regime fascista intrecciando testimonianze e documentazione e Il mare della nostra storia di Giovanna Gagliardo dedicato all'esperienza italiana ed ebraica e alla memoria coloniale in Libia.
Organizzato da Adamas Italia-Israele con il sostegno dell’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv e dell’Istituto Italiano di Cultura di Haifa, in collaborazione con Filmitalia-Cinecittà Luce e le cineteche israeliane, Cinema Italia propone sedici film. Obiettivo del festival, diretto da Ronny Fellus e Dan Muggia, offrire una panoramica che dal passato spazi fino ai giorni nostri attraversando i generi. 
SHIR SHISHI 

Uno shabbat di pace

Leggendo le poesie di Emilio Jona, noto intellettuale torinese di origini biellesi, avvocato, autore di diversi libri, nonché uno dei primi ad occuparsi insieme a Sergio Liberovici di canzone popolare e di cultura urbana e contadina in Piemonte e nel mondo, mi sono soffermata sulla lirica “Il taled”. Nell’ordine delle pagine, questo componimento giunge dopo quello intitolato “Libertà di Chador” e la dialettica tra maschio e femmina, antico e moderno, libertà di scelte e costrizioni, mi ha davvero colpita. Leggendo il quadro narrativo disegnato da Jona ho pensato ai dipinti densi di colore e di forme angolose eppure oniriche del pittore, anch’egli piemontese, Mario Lattes.
Una poesia per dire Shabbat di pace.

Sarah Kaminski, Università di Torino 

(Nell’immagine, quadri tratti dall’esposizione “Mario Lattes. Antologia personale” a cura di Vincenzo Gatti)
Il guardiano dell’archivio
Qualche settimana fa il gruppo dei giovani della Comunità ebraica di Torino (Get), di cui fa parte chi scrive, ha accolto la proposta dell’Archivio ebraico Benvenuto e Alessandro Terracini di una visita appositamente organizzata per noi e della successiva esposizione di un lavoro di ricerca recentemente condotto da Chiara Pipino su fondi dell’archivio stesso. L’Archivio Terracini raccoglie, conserva e mette a disposizione una vasta documentazione sull’ebraismo piemontese, cura pubblicazioni e organizza conferenze e mostre.
Giorgio Berruto
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Setirot - "Noi ebrei"
La Comunità di Milano sta entrando nel cuore della campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio (alle urne il 19 maggio). E a me si stampa davanti agli occhi una frase scritta da Amos Oz e da sua figlia Fania Oz-Salzberger in Gli ebrei e le parole: alle radici dell’identità ebraica (Feltrinelli): "Noi ebrei siamo notoriamente incapaci di concordare sul alcunché cominci con le parole 'noi ebrei'".
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Verdina Shlonsky 
Quando ero molto piccola sognavo di avere un fratello e sono stata esaudita. Peraltro ho un fratello in gamba e si va d’accordo, per cui quando qualcuno mi dice “Ah, ma tu sei la sorella di Alessio?”, rispondo sì con entusiasmo e nel mio ‘non detto’ ci sono dolci ricordi e tante storie ancora da scrivere. Non sempre è così però e a volte essere la sorella di qualcuno significa portare un pesante fardello. La Storia è costellata di vicende del genere, da Miriam sorella di Mosè e Aronne fino a Verdina Shlonsky, sorella del più celebre Avraham.
Maria Teresa Milano
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Machshevet Israel – Limite
Il concetto di obbligo normativo sembrerebbe legato a doppio filo a quello di limite. Nel momento in cui una realtà normativa (di qualsivoglia tipo) crea un obbligo, ecco che si crea una divisione tra comportamento conforme e non conforme. Il confine tra lecito e illecito non è che il punto di inizio. Da questa soglia, tracciata attraverso il linguaggio orale o scritto, ogni sistema normativo è destinato a produrre nuove distinzioni, confini astratti designanti differenti categorie di persone (ma anche di animali ed enti), che attraversano il nostro vissuto quotidiano.
Cosimo Nicolini Coen
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In fila per Pesach
Ah no, quest’anno mi ero preparata per tempo, memore delle esperienze pregresse, a seguito delle quali ho fatto un corso tenuto da un gruppo di fashion addicted (mi scuso per l’anglicismo, ma definisce la categoria) – quelli per intenderci che quando deve uscire il nuovo modello di telefono cellulare o quando c’è il Black Friday accorrono davanti ai negozi la sera prima armati di sacco a pelo, vettovaglie e generi di primo soccorso, per trascorrere la notte all’addiaccio ed essere pronti all’apertura degli esercizi commerciali al fine di acquistare, acquistare, acquistare. Un po’ come i contradaioli senesi nostrani che occupano il colonnino di piazza la sera prima del Palio, insomma.
Sara Valentina Di Palma
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Babij Jar
Come tanti altri, ho sentito parlare per la prima volta di Babij Jar leggendo la traduzione italiana della famosa poesia di Evgenij Evtušenko, quella che comincia appunto con il verso “Non c’è un monumento a Babij Jar”. Evtušenko lamentava che nessun monumento, nessun segno ricordasse che nel burrone alla periferia di Kiev erano stati assassinati in pochi giorni, nell’estate 1941, quasi 35.000 ebrei.
Valentino Baldacci
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