ISRAELE - DOPO L'INCRIMINAZIONE, SFIDA INTERNA AL PARTITO DEL PREMIER
Netanyahu e il Likud, una leadership in bilico
Primarie il prima possibile per vedere se il Likud è ancora dalla parte del Primo ministro Benjamin Netanyahu. A chiederle è, non c'è da stupirsi, Gideon Sa'ar, ovvero il membro del Likud considerato l'avversario interno più credibile alla leadership di Netanyahu (nell'immagine i due insieme). Tra i due non corre buon sangue – Netanyahu nelle scorse primarie di partito aveva accusato Sa'ar di aver cospirato con il Presidente Reuven Rivlin per rovesciarlo – e l'incriminazione del leader del Likud per corruzione, abuso d'ufficio e frode ha riacceso lo scontro. In un'intervista al Canale 12, Sa'ar ha definito irresponsabile il Premier per aver parlato di colpo di stato rispetto alla decisione del procuratore generale Avichai Mandelblit di rinviarlo a giudizio. “Chiunque diriga il ramo esecutivo non può dire che la decisione di Mandelblit sia un tentativo di colpo di stato. Non è giusto, non è responsabile. Stiamo creando un'atmosfera di caos nel paese a cui mi oppongo”, ha dichiarato Saar, accusando Netanyahu di non voler “riparare il sistema” ma di volerlo “distruggere”.
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QUI TORINO - LA GIORNATA DI STUDIO A DIECI ANNI DALLA SCOMPARSA
“Rav Sierra, maestro di Mitzvot”
In svolgimento a Torino, nei locali comunitari, una giornata di studio in ricordo di un Maestro dell’ebraismo italiano: rav Sergio Josef Sierra. L’iniziativa in memoria del rav, che fu rabbino capo del capoluogo piemontese dal 1960 al 1985, nonché docente e poi direttore della scuola rabbinica locale a partire dal 1967, alla scomparsa del fondatore dell’istituzione rav Dario Disegni, è stata organizzata nel decennale della scomparsa. Ad aprire la giornata un saluto di Dario Disegni, nipote omonimo del grande rabbino che volle rav Sierra come suo sostituto e attuale presidente della Comunità ebraica torinese e della scuola rabbinica Margulies Disegni: al centro del suo intervento la rilevanza e l’impatto dell’insegnamento del rav Sierra. A portare il saluto dell’UCEI è stato invece il vicepresidente Giulio Disegni, che si è soffermato sul suo incarico di presidente dell’Ari, l’Assemblea rabbinica italiana.
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IL PROGETTO NOT IN MY NAME
Lotta alla violenza contro le donne,
l’impegno del mondo ebraico
Le immagini del corteo sfilato nelle scorse ore a Roma parlano da sole. C’è voglia di mobilitarsi, di dare un segno forte. Nessuno può restare indifferente.
La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne in programma domani rappresenta l’ennesima occasione da cogliere. A vent’anni dall’istituzione della Giornata da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, anche l’ebraismo italiano è mobilitato in questa sfida educativa, culturale, di giustizia. Nelle prossime settimane proseguirà infatti l’impegno formativo legato al progetto “Not in my Name. Ebrei, Cattolici e Musulmani in campo contro la violenza sulle donne”, promosso dall’UCEI insieme a Comunità Religiosa Islamica Italiana e Ateneo Pontificio Regina Apostolorum sotto l’egida del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
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QUI ROMA - LA MOSTRA
Via Tasso, memorie di un attentato
Una mostra storico-documentaria a venti anni dagli attentati antisemiti avvenuti uno nella notte tra il 22 e il 23 novembre a via Tasso 145, l’altro, fallito, tre giorni dopo, al cinema Nuovo Olimpia. Entrambi rivendicati dalla sigla “Movimento antisionista”, con l’appoggio dell’estrema destra. L’iniziativa è del Museo storico della Liberazione e del suo presidente Antonio Parisella.
“Via Tasso: una bugia storica? Memorie di un attentato”, il titolo scelto per questo itinerario in otto pannelli, nasce da una frase estrapolata da alcune interviste fatte allora al leader neofascista Maurizio Boccacci. ”A via Tasso – le sue parole – c’è un museo dove si vuole lasciare l’impronta di una bugia storica, sulla stessa scia della storia dell’Olocausto”.
Parole pronunciate 20 anni fa ma il cui carico velenoso e destabilizzante resta più che mai attuale. “Antisemitismo e razzismo, anche a livello europeo, tornano ad essere la manifestazione di una minacciosa e violenta reviviscenza neonazista. Ciò a dimostrare – dichiara Parisella – quanto sia indispensabile una riflessione che la memoria non è pura archeologia, ma elemento di stimolo e di attivazione per l’impegno nel presente”.
L’allestimento, alla cui inaugurazione è oggi intervenuta la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello (tra il pubblico, per l’UCEI, il segretario generale Uriel Perugia), oltre a ricordare che il procedimento contro ignoti allora intrapreso non arrivò a nessun risultato, mette al centro la reazione dei romani, a partire dalla manifestazione dell’otto dicembre successivo con circa 3mila persone in visita nei locali del Museo. Un moto spontaneo che sarà ricordato tra due domeniche, nell’anniversario, con una nuova iniziativa.
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IL LEGAME TRA IL JUDOKA ISRAELIANO E QUELLO IRANIANO
Muki e Saeid, un'amicizia oltre la politica
“Vorrei congratularmi con Saeid Mollaei che ha gareggiato oggi al Grand Slam Osaka Refugee Team. Questo è un trionfo dello sport sulla politica”. È il messaggio di amicizia inviato all'iraniano Saeid Mollaei dal campione di judo israeliano Muki Sagiv. Sabato Molaei ha gareggiato per la prima volta come membro della squadra dei rifugiati della Federazione Internazionale di Judo. Una scelta sofferta, quella di entrare nella squadra rifugiati, arrivata dopo le pressioni subite in agosto dalle autorità iraniane per perdere deliberatamente le semifinali dei Campionati del mondo di judo a Tokyo. Se avesse vinto Molaei avrebbe gareggiato contro l'israeliano Muki in finale e il regime di Teheran, che invoca la cancellazione d'Israele, non poteva permetterlo. Il judoka iraniano è stato così costretto a fare un passo indietro. Mollaei ha poi deciso di denunciare tutto, rivelando anche le minacce ricevute nel caso si fosse rifiutato di eseguire gli ordini, e dopo la manifestazione iridata a Tokyo è fuggito in Germania, chiedendo asilo politico. Ora è tornato sul tatami per gareggiare ai più alti livelli, ricevendo i complimenti di Muki, a cui Mollaei, sempre sui social, ha risposto così: “Ciao Muki, grazie mille e in bocca al lupo per tutto mio migliore amico”.
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QUI LIVORNO - IL CONVEGNO
Nel nome di Frida Misul
“Colei che ha sofferto comprende molte cose, che non possono essere comprese da colui la cui vita trascorse senza l’ombra del dolore”. Sono riflessioni di Frida Misul, ebrea livornese sopravvissuta ai campi di sterminio che scelse la strada della testimonianza a partire dall’immediato dopoguerra: la sua, in Italia, fu in assoluto una delle prime voci a levarsi. È il 1946 infatti quando Misul fa pubblicare un memoriale sull’esperienza vissuta nel lager. Lei come Lazzaro Levi, che fece altrettanto nel 1945. E quindi Luciana Nissim Momigliano, Giuliana Fiorentino Tedeschi e Alba Valech Capozzi, che pure uscirono nel 1946. Per arrivare al ’47, con Primo Levi e Liana Millu.
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Rassegna stampa
Conte: "Il Governo tiene"
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Dreyfus e il lieto fine che non c'è
“L’Affaire Dreyfus” solo in apparenza è una fiaba a lieto fine. Roman Polanski con “L’Ufficiale e la spia” apre a una lettura del presente al passato. Si tratta, una volta scorsi i titoli di coda, di uscire per strada e andare oltre la storia giudiziaria. La riduco all’osso.
C’è un costante ritorno del mito del complotto giudaico nella cultura di tutte i regimi politici attuali (2019). Il caso Dreyfus è solo un episodio che marca una differenza tra prima e dopo. Prima era sufficiente montare un processo e il presunto complotto veniva punito.
David Bidussa, storico delle idee
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La “parte” di Auschwitz
Intorno alla figura pubblica (ben prima che alla persona in quanto tale) di Liliana Segre, in un gioco di rifrazioni permanenti, quindi anche di specchi che si riflettono a vicenda, si sta giocando sempre più spesso una partita che assume tratti discutibili se non sgradevoli. E che tuttavia non può sorprendere oltre misura. Andiamo per ordine, poiché il contenuto di un tale insieme di eventi esula, per buona parte, dal merito della trascorsa vicenda umana della senatrice a vita, come dalla sua stessa ricaduta, attraverso l'attività di testimonianza diretta che ne rende, nell'agone della coscienza civile. Il vero campo di battaglia è infatti ora di ordine politico. .
Claudio Vercelli, storico
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