LA PRESIDENTE UCEI SULL'IMPORTANZA DEL MESSAGGIO DEL CAPO DELLO STATO
"Italia, tempo di guardare al futuro con fiducia
e senso di responsabilità"
“L’Italia riscuote fiducia. Quella stessa fiducia con cui si guarda, da fuori, verso il nostro Paese deve indurci ad averne di più in noi stessi, per dar corpo alla speranza di un futuro migliore. Conosco le difficoltà e le ferite presenti nelle nostre comunità. Le attese di tanti italiani. Dobbiamo aver fiducia e impegnarci attivamente nel comune interesse. Disponiamo di grandi risorse. Di umanità, di ingegno, di capacità di impresa. Tutto questo produce esperienze importanti, buone pratiche di grande rilievo”. Ha invitato gli italiani a guardare con maggiore fiducia al futuro, a superare le divisioni e ricostruire, attraverso il senso civico, la convivenza tra le diverse anime della nostra società il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo tradizionale discorso di fine anno. Parlando di giovani, di lavoro, di democrazia, di ambiente, il Capo dello Stato ha invitato il Paese a ricordare che “è una virtù da coltivare insieme, quella del civismo, del rispetto delle esigenze degli altri, del rispetto della cosa pubblica. Argina aggressività, prepotenze, meschinità, lacerazioni delle regole della convivenza”. Un messaggio apprezzato anche nel mondo ebraico italiano, che in questi giorni ha celebrato Chanukkah, una festa segnata proprio dalla speranza e dalla fiducia nel futuro.
“Come ebrei italiani non possiamo che condividere ed apprezzare il messaggio alla coesione, al rispetto reciproco, alla responsabilità condivisa del Capo dello Stato Sergio Mattarella in occasione del nuovo anno civile. - le parole della Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni - Nelle sue parole riecheggia quanto afferma l'articolo 4 della nostra Costituzione, di cui il Presidente è il primo custode, che invita ogni cittadino a svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Un dovere che impegna tutti a costruire un futuro migliore per il nostro Paese e non solo. In termini ebraici, un impegno al Tikkun olam, alla “riparazione del mondo”, concetto secondo cui ogni persona deve sforzarsi a lasciare una traccia positiva nel mondo. Un contributo di fare umano e consapevole per lasciare al prossimo una società improntata al rispetto dell'altro e dell'ambiente”.
“Accogliamo dunque l'invito odierno del Presidente Mattarella alla responsabilità. - sottolinea la presidente UCEI - I nostri Maestri ci ricordano come in ebraico le parole Fratello (Ach), Altro (Acher) e Responsabilità (Achraiut) siano legate: noi siamo responsabili nei confronti del prossimo, che sia nostro fratello o altro da noi, così come il prossimo deve esserlo nei nostri confronti affinché le regole di convivenza civile richiamate dal Capo dello Stato diventino realtà”.
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DOPO GLI ATTACCHI IN AMERICA E LA SENTENZA DI PARIGI SUL CASO HALIMI
Dagli Stati Uniti alla Francia, l'ebraismo si mobilita
per chiedere giustizia contro l'antisemitismo
Dopo gli attacchi antisemiti di Monsey, Jersey City e Brooklyn, il mondo ebraico americano sceglie di scendere in piazza. Per il 5 gennaio diverse realtà ebraiche hanno infatti annunciato l'organizzazione di una marcia di solidarietà a New York City sotto lo slogan "No Hate. No Fear” (No all'odio. No alla paura). “Alla luce dei continui e persistenti attacchi contro la nostra comunità, è giunto il momento di unirci e dimostrare la nostra determinazione collettiva”, hanno dichiarato gli organizzatori, tra cui l'Anti-Defamation League, l'American Jewish Committee di New York e il Consiglio dei Rabbini di New York.
Non solo in America si sceglie la mobilitazione di piazza: in Francia infatti l'ebraismo transalpino si sta muovendo per organizzare una grande corteo di protesta contro la decisione dei magistrati di Parigi di considerare l'assassino di Sarah Halimi – uccisa perché ebrea – non imputabile perché al momento dell'omicidio non in grado di intendere e di volere. Kobili Troare ha ammesso di aver ucciso Halimi, 67 anni, nel 2017, in un lungo e raccapricciante pestaggio in cui i vicini lo hanno sentito citare frasi dal Corano e chiamare la sua vittima “demone”. Nonostante Troare non abbia precedenti per malattie mentali, all'inizio di questo mese la Corte d'Appello di Parigi ha confermato una sentenza del tribunale di primo grado, secondo cui Traore non sarebbe idoneo al processo perché, al momento dell'omicidio, ha avuto un "episodio delirante" causato dal suo consumo di marijuana. Il giudice del caso ha anche stabilito che Troare è antisemita.
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Gli ebrei e la data odierna
La data del 1 gennaio viene variamente percepita in ambito ebraico. C’è chi non disdegna di essere coinvolto nel clima festoso che si manifesta in questi giorni in tante parti del mondo, c’è chi non partecipa ad alcun festeggiamento, ma considera questa come una data comunque significativa, in quanto collegata a vari settori che condizionano la nostra vita, come i rapporti con enti e istituzioni pubbliche, scuola, lavoro e economia. C’è chi la vive con indifferenza, in quanto espressione di modalità di conteggiare gli anni e in genere di tenere il conto dello scorrere del tempo sostanzialmente diversi da quelli ebraici, ritenendo tuttavia gesto di cortesia formulare auguri ad amici e conoscenti non ebrei; c’è chi esprime aperta riprovazione rispetto alla partecipazione ad una festa non ebraica, per di più legata, nelle manifestazioni di baldoria serale, al ricordo di un papa, Silvestro I, al quale la tradizione aneddotica cristiana attribuisce la presunta vittoria in uno dei primi episodi di dispute religiose con esponenti ebrei, eventi purtroppo tristemente noti nella storia ebraica come occasioni di umiliazioni e dileggio e talora di vere e proprie violenze nei confronti della locale comunità ebraica; c’è anche chi non la considera di alcun particole rilievo, solo richiedendo attenzione a ricordare il necessario cambio di data nei documenti e nelle lettere.
Rav Giuseppe Momigliano
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Ticketless - Dante, Formiggini e le sardine
In previsione del 2021 e del centenario dantesco mi piace qui segnalare una strepitosa scoperta. La vicenda si consuma tra il novembre e il dicembre 1896 nelle severe aule del Regio liceo Galvani di Bologna, dove un brillante studente dell’ultimo anno ha composto una parodia dell’Inferno dantesco, in cui ha incluso per burla tutti i compagni, i professori, il bidello e il preside e ne ha distribuito copie con dedica a tutti, orgoglioso del proprio prodotto. Il preside vuole una punizione esemplare. Lo studente si sente ingiustamente vittima di un complotto clericale, ma i documenti d’archivio offrono tutt’altra ricostruzione, rivelando una dinamica dei fatti diversa.
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Un concilio per il mondo laico
Del trambusto creato dalle parole di Dacia Maraini, ciò che consola sono state le reazioni del mondo cattolico. Molti, alcuni dei quali attraverso queste pagine, si sono sentiti di intervenire per sottolineare come quelle usate dalla scrittrice siano parole sorpassate dalla storia, che nessun uomo di Chiesa oggi si permetterebbe di pronunciare. Questo fa anche capire quale grande rivoluzione culturale sia stato il Concilio Vaticano II voluto da papa Giovanni, senz’altro il pontefice più rivoluzionario degli ultimi secoli. Forse l’unico che si è aperto al mondo moderno invece che semplicemente adattarsi, se non contrastarlo.
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Periscopio - Da un anno all’altro
Nel fare un consuntivo del 2019, non si può, purtroppo, non tracciare un quadro decisamente nero. Tra i tanti motivi di sconforto e paura, cerco di sintetizzare quelli che mi paiono i più evidenti e significativi.
Innanzitutto, ovviamente, non si può non esprimere una profonda angoscia per l’impressionante incremento di violente manifestazioni di antisemitismo, nelle più svariate forme, pressoché dovunque, in Francia, Germania, Stati Uniti, Gran Bretagna, nel mondo islamico ecc. Dovunque si registra un incremento esponenziale di attacchi verbali e fisici, spesso mortali. La parola “antisemitismo” è una delle più ricorrenti sui mass media di tutto il mondo.
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L’ultimo dei precetti
Lunedì 30 dicembre, dopo una convalescenza dovuta alla leucemia, è venuto a mancare Jack [Jakob] Garfein, ebreo ruteno naturalizzato statunitense, grande direttore teatrale e cinematografico.
Nato a Mukachevo (Ucraina) il 2 luglio 1930, nel 1944 Jack e i suoi familiari furono trasferiti ad Auschwitz II Birkenau; dinanzi a Josef Mengele Jack dichiarò di avere 16 anni anziché 14 e ciò gli salvò la vita (nonni, zii, madre, padre e sorella di Jack furono condotti a gasazione).
A partire da ottobre 1944 Jack fu tra i 1.200 giovani ebrei prevalentemente ungheresi e polacchi (circa la metà erano minori di 16 anni) trasferiti da Birkenau al Campo di lavori forzati di Märzbachtal, sub–Campo dello Arbeitslager Riese.
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