Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui       24 Febbraio 2020 - 29 Shevat 5780
PAGINE EBRAICHE - FEBBRAIO 2020

Arieh Sharon, l'architetto che disegnò Israele

Tracciare confini di città, di aree industriali, di parchi. Sviluppare, delimitandone i contorni, università e ospedali all'interno del tessuto urbano. Pianificare uno Stato intero, che ha confini instabili e non ha ancora al suo interno una struttura definita: mancano case, infrastrutture, collegamenti. Questo compito – ovvero quello di delineare il profilo di Israele – fu affidato a un uomo: Arieh Sharon, “l'architetto della nazione”. È stato lui nello scorso secolo a tracciare la mappa interna di uno Stato in divenire: un figlio della Bauhaus che si trovò davanti un paese intero per sviluppare le sue idee. Fu lui a progettare molte delle strutture pubbliche, residenziali, sanitarie, accademiche, educative e occupazionali d'Israele. In totale, firmò circa 600 progetti, quasi la metà dei quali sono stati costruiti. Ma soprattutto, Sharon è ricordato per essere stato invitato da David Ben Gurion, il primo Primo Ministro israeliano, ad avere la storica opportunità di dirigere il nuovo team di pianificazione urbana dello Stato. Così, Sharon fu uno dei pochi architetti ad avere il lusso di progettare una nazione dal suo tavolo da disegno. Il 6 dicembre 1948, presentando il suo piano di lavoro al Comitato degli Affari interni della Knesset, scrisse: “Rimodellare lo spazio e assicurare il benessere fisico e psichico della popolazione tramite una pianificazione centralizzata. Il 'Vecchio Mono' è degenerato, malato, dà vita a mostri urbani. Qui, diversamente che altrove, la ristrettezza dello spazio non offre margini per sviluppi incontrollati, non c'è posto per la degenerazione”.
A raccontare oggi le sue vicende in Italia – dove probabilmente è sconosciuto e forse confuso per un altro Sharon, Ariel il generale ed ex Primo ministro – il libro firmato da Michelangelo Fabbrini Da allora siamo qui – Arieh Sharon e il Piano nazionale d'Israele 1948-1953 (Edizioni Clichy). Un volume che, grazie a una ricerca negli archivi Sharon, racconta al pubblico italiano la vita di questo grande architetto e come abbia modellato sulle sue idee uno Stato appena nato.

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DOPO IL LANCIO DI RAZZI  DA PARTE DEI TERRORISTI DELLA JIHAD ISLAMICA

“Da Gaza stop ad attacchi contro Israele,
altrimenti colpiremo su larga scala”

Oltre 40 razzi lanciati dalla Striscia di Gaza in meno di 24 ore. Continua l’aggressione da parte della Jihad islamica, il movimento terroristico sostenuto dall’Iran, nei confronti del Sud d’Israele. E continua la risposta dell’esercito israeliano che in queste ore ha colpito diversi centri strategici del gruppo terroristico palestinese nell’enclave controllato da Hamas. “L’Israel defence force risponderà in modo aggressivo alle attività terroristiche della Jihad islamica, che minacciano i cittadini di Israele e danneggiano la sua sovranità”, ha avvertito l’esercito attraverso i social network mentre fanno il giro del web le immagini di un parco giochi per bambini colpito da un missile sparato da Gaza. “Cari cittadini del Sud d’Israele le sirene risuonano anche nei nostri cuori. Vi abbraccio e sono orgoglioso della vostra resilienza, che è d’ispirazione per tutti noi”, il messaggio del Presidente Reuven Rivlin in questo nuovo momento di tensione. Il primo ministro Benjamin Netanyahu è in contatto con i sindaci di Sderot e Ashkelon, due città del sud bersagliate dai missili, e ha avvertito Hamas e la Jihad islamica che Israele ha in serbo nuove “sorprese” per i gruppi terroristici se la pioggia di razzi dovesse continuare. “Hamas e la Jihad islamica devono capire che tutto questo non può continuare”, ha dichiarato Netanyahu. “Se non fermeranno completamente il lancio di razzi, entro oggi, saremo costretti ad attivare il piano per un’operazione su larga scala che abbiamo preparato”. Il premier ha poi affermato che le imminenti elezioni non influiranno sulle sue decisioni rispetto alla minaccia da Gaza: “La guerra è l’ultima risorsa - ha dichiarato in un’intervista in queste ore - ma potrebbe non esserci via di scampo”.

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LA CONFERENZA INTERNAZIONALE A PARIGI 

"Odio antisemita, necessario agire adesso"

La lotta all’antisemitismo, nelle diverse forme in cui si mostra e minaccia i valori fondamentali delle società progredite. Ma anche il rafforzamento di un ebraismo vivo, che sappia far leva su concetti quale educazione, aggregazione e sviluppo per guardare con propositività e consapevolezza al futuro. Porta molti temi sul tavolo la conferenza annuale della European Jewish Association, in svolgimento a Parigi nel nuovo Centro europeo dell’ebraismo da poco inaugurato alla presenza del presidente Macron. Uno spazio di incontro che accoglie in queste ore delegati da molte Comunità d’Europa, rappresentanti di governi e istituzioni. Alla loro presenza il varo di un piano per combattere l’antisemitismo che l’associazione intende portare all’attenzione di una vasta platea di Paesi e decisori. Uno sguardo largo perché, viene sottolineato, “la lotta contro l’antisemitismo non può essere compito esclusivo del mondo ebraico”.
L’intensa due giorni, organizzata in collaborazione con il Concistoro centrale delle Comunità ebraiche di Francia, si è aperta con gli interventi della sindaca di Parigi Anne Hidalgo, del presidente della European Jewish Association rav Menachem Margolin, del presidente del Concistoro Joël Mergui, della vicedirettrice dell’Unesco per il settore educativo Stefania Giannini, del rav Slomo Koves, a capo della Action and Protection League, e dell’ambasciatrice israeliana in Francia Talya Lador-Fresher. Tra i relatori della prima giornata anche Elan Carr, inviato speciale Usa contro l’antisemitismo, e Milena Santerini, da gennaio coordinatore nazionale del governo italiano nella lotta contro l’antisemitismo.
QUI ROMA - L'INCONTRO CONCLUSIVO DELLA "SETTIMANA DELLA LIBERTÀ"

Lotta all’antisemitismo, la Chiesa protestante:
“Sempre uniti per i diritti di tutti”

“L’antisemitismo, mai sopito, si sta rinfocolando in Europa e anche in Italia. Questo avviene nel contesto di una diffusione di discorsi di odio, di umori alimentati dalla propaganda, di percezioni non vagliate alla prova dei dati e dei fatti.”
È la premessa che ha animato molteplici iniziative organizzate dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia in occasione della “Settimana della libertà”, l’appuntamento annuale che celebra la concessione dei diritti civili ai valdesi, avvenuta il 17 febbraio 1848 per effetto delle Lettere Patenti emanate da Carlo Alberto. Poche settimane e analoga possibilità sarebbe stata data ai cittadini ebrei. Un comune destino richiamato con forza nel corso dell’evento conclusivo di questa settimana di introspezione e riflessione, organizzato assieme alle Chiese protestanti di Roma nella sede della facoltà valdese di Teologia e con ospite la presidente UCEI Noemi Di Segni.
Ad aprire l’incontro le parole del pastore Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia. “Il 29 marzo del 1558 – ha affermato – l’Inquisizione bruciava sul rogo il predicatore valdese Goffredo Varaglia. Lo stesso giorno, 290 anni dopo, Carlo Alberto riconosceva agli ebrei i diritti civili. Mi piace pensare che vi sia un significato in questa data. Perché se è vero che una è parte di una memoria drammatica e l’altra di una gioiosa, il primo evento è oggi commemorato con una targa che è stata fatta mettere davanti a Palazzo Madama, in pieno centro a Torino, ponendo fine a una lunga damnatio memoriae".

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SEGNALIBRO 

Il Monferrato e le trasformazioni del Seicento 

Il Seicento come secolo cruciale nella storia di Casale Monferrato.
A raccontare il perché, il saggio Europa in Colle – Transumanze militari in Monferrato nel seicento di Pietro Gallo, presentato alla Comunità ebraica di Casale Monferrato. Il volume racconta la storia del territorio nel periodo che va dalla costruzione della Cittadella di Casale Monferrato (1593) fino all’assorbimento del Monferrato nel Piemonte savoiardo (1706).

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Rassegna stampa

Coronavirus,
le misure nel Nord

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L’idea dell’untore
Mentre cresce il panico per la diffusione del coronavirus e ci troviamo di fronte, per la prima volta a nostra memoria, a misure di isolamento giuste ma mai prima da noi sperimentate, e mentre alcuni giornali soffiano sul fuoco con titoli di prima pagina demenziali, come quello “Prove tecniche di strage” che evoca sotterraneamente l’idea del morbo manufatto, ci sovviene le tante volte nella storia in cui l’idea dell’untore è stata dominante: la Peste Nera del 1348, attribuita agli ebrei, la sifilide, attribuita anche ai “marrani”, il colera nell’Ottocento, come più tardi la spagnola, attribuita alle mene dei governi. Brutti ricordi, e speriamo che restino ricordi.
Anna Foa
Oltremare - Il Coronavirus ai tempi della Jihad islamica
Questa mattina molto presto, dopo una ennesima serata di razzi lanciati sul sud di Israele, e il rimbombo del nostro Iron Dome fuori dalla finestra che faceva come sempre quei buffi e decorativi circoletti in cielo, l’intercettazione avvenuta, questa mattina all’alba dicevo, abbiamo ricevuto sul whatsapp del moshav le istruzioni della Protezione Civile. Le ho guardate appena, perché le sappiamo tutti a memoria. Ma poi ci ho pensato un attimo, e me le sono ristudiate.
Daniela Fubini
Controvento - Primarie democratiche
A New York, dove mi trovo, non si parla se non incidentalmente di coronavirus, l’argomento che appassiona sono le primarie del partito democratico e passiamo le sere incollati alla tv a guardare i dibattiti tra i candidati, tutti peraltro di notevole qualità. Non ci ero più abituata: politici che parlano con competenza di politica, di programmi, di impegni concreti. In America si sta giocando una partita vitale non solo per il Paese, ma per il mondo.
Viviana Kasam
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