IL NUOVO DECRETO FIRMATO DAL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

"Bene primario è salute dell'individuo,
tutti remino nella stessa direzione"

Nelle scorse ore il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha firmato il nuovo decreto relativo alla fase due. Una fase di convivenza con il virus in cui, ha sottolineato, sarà fondamentale "il comportamento responsabile di ognuno di noi". E questo perché, le sue parole, "se non rispettiamo le precauzioni la curva risalirà, aumenteranno i morti e avremmo danni irreversibili per la nostra economia". Un richiamo a comportamenti coerenti condiviso dalla Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, che afferma: "Stiamo seguendo le novità introdotte nel nuovo decreto per la fase 2. Cittadini, enti, partiti politici, comunità religiose: siamo tutti consapevoli di essere in una situazione che non è più quella attendista, non c'è più l'idea che il virus passerà e si ritornerà pienamente alla vita precedente ma vivremo con e nonostante il virus, e dobbiamo remare nella stessa direzione guardando sempre all’obiettivo primario di salvaguardia della vita e della salute di tutti i cittadini”.
“Gli ebrei italiani e le loro rappresentanze istituzionali – conclude la Presidente UCEI – seguiranno, in pieno raccordo con le istituzioni competenti a livello nazionale e locale, le prescrizioni e l’evoluzione riguardo alle attività e apertura dei luoghi di culto con grande realismo e senso di responsabilità”.

LE INIZIATIVE UCEI IN COLLABORAZIONE CON L'AMBASCIATA D'ISRAELE E ARI

Yom HaZikaron e Yom HaAtzmaut, insieme
dal cordoglio alla festa

Con il tramonto, stasera, sarà nuovamente Yom HaZikaron. E cioè la data scelta da Israele per commemorare i militari caduti per difendere la libertà del popolo ebraico e le vittime civili degli attacchi terroristici. Un'occasione di raccoglimento che sarà seguita, dal tramonto di domani, da un appuntamento non più luttuoso ma gioioso: Yom HaAtzmaut, il giorno in cui si festeggia l'indipendenza dello Stato.
Un passaggio di testimone, dal dolore alla festa, ma sempre nel segno della consapevolezza. La consapevolezza che la libertà è un dono prezioso, da difendere e rinnovare ogni giorno. Due appuntamenti da vivere intensamente, in Israele come in tutte le comunità della Diaspora.

Due le occasioni per farlo tutti insieme. Questa sera, a partire dalle 18.55, in diretta sul canale Facebook dell'ambasciata israeliana e su quello UCEI, andrà infatti in onda una cerimonia in streaming per Yom HaZikaron. Domani alle 19.15, sul canale dell'Unione, sarà invece la volta di Yom HaAtzmaut. Ad intervenire saranno il presidente dell'Ari rav Alfonso Arbib, la presidente UCEI Noemi Di Segni, l'ambasciatore israeliano Dror Eydar, il presidente dell'Agenzia Ebraica Isaac Herzog, la presidente del Karen Hayesod Francesca Modiano.

 

IL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE RIVLIN

"Non dimentichiamo chi è caduto per Israele"

Ora più che mai è il momento, anche se da lontano, di stare vicini alle famiglie di chi è caduto per la libertà d'Israele e a causa del terrorismo, "di stare uniti". È un abbraccio virtuale quello che il presidente israeliano Reuven Rivlin ha inviato in queste ore ai suoi concittadini mentre si apprestano a celebrare Yom HaZikaron, il giorno in cui si ricorda chi ha perso la vita – in battaglia o a causa della violenza terroristica – nel nome e nel segno d'Israele. “Faremo tutto ciò che è possibile per fare in modo di conoscere i volti, i nomi, le vite e le storie dei vostri cari”, la promessa di Rivlin nel corso di una trasmissione realizzata per ricordare i 23,816 caduti. “Non ricordo uno Yom HaZikaron da sola. Ma proprio quando il coronavirus ci allontana, sento che i cuori si avvicinano”, è la testimonianza di Miriam Peretz, intervistata dall'emittente Kan. Conosciuta come la Madre d'Israele e intervistata da David Zebuloni per Pagine Ebraiche, Peretz ha perso due figli, Uriel e Eliraz, in guerra. “Questo giorno ha una dimensione di lutto e dolore che semplicemente non ha confini, - spiega Peretz - ma dall'altro lato è anche segnato dall'orgoglio e dal senso di appartenenza. Ti accorgi che i tuoi figli appartengono a tutti, non sono solamente tuoi”. Peretz poi riflette sul significato del passaggio tra Yom HaZikaron, un giorno di lutto, e Yom HaAztmaut, il giorno immediatamente successivo in cui il paese festeggia la sua indipendenza. “La transizione tra Yom HaZikaron e Yom HaAzmaut è difficile ma necessaria – spiega – È un passaggio da oscurità a luce, dalla catastrofe alla rinascita”.

LA RACCOLTA FONDI UCEI E LE ALTRE INIZIATIVE 

Emergenza sanitaria e sociale,
la solidarietà degli ebrei italiani

Prosegue la sottoscrizione di raccolta fondi lanciata dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con l'Associazione Medica Ebraica per affrontare le molteplici e drammatiche necessità scaturite dall'emergenza Coronavirus.
In particolare appaiono impellenti le necessità delle strutture di assistenza. E soprattutto delle residenze per anziani, cui saranno destinati i fondi raccolti.
Ogni donazione è importante perché, come si ricorda, "oggi più che mai la solidarietà e l'unione si dimostrano anche attraverso i piccoli gesti".
I versamenti, con causale “emergenza covid-19”, possono essere indirizzati sul conto corrente dell’AME-Associazione Medica Ebraica
IBAN: IT03R0335901600100000149649

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IL VIDEO PILPUL DI QUESTA SERA CON LO STORICO CLAUDIO VERCELLI

Dalla Conferenza di Sanremo alla nascita d'Israele,
le tappe per la realizzazione del sogno

Nel giorno di Yom HaAtzmaut Israele festeggerà 72 anni di vita. Fu un vertice tra i rappresentanti delle potenze vincitrici del primo conflitto mondiale, avvenuto in Italia esattamente 100 anni fa, ad aprire la strada alla nascita nel '48 di uno Stato ebraico.
Il 26 aprile del 1920 la Conferenza di Sanremo si concludeva infatti con l'impegno a dare attuazione alla Dichiarazione Balfour che favoriva la “creazione di un focolare nazionale per il popolo ebraico” in quella che, fino all'indipendenza di Israele, sarebbe stata la Palestina sotto mandato britannico.
Uno snodo storico quindi fondamentale, che analizziamo nel videopilpul di questa sera alle 22.30 sui canali social UCEI e Pagine Ebraiche in compagnia dello storico Claudio Vercelli.

NELL'ULTIMO VIDEO PILPUL, L'ANALISI DI ALBERTO CAVAGLION

Resistenza, il significato di una scelta

Cosa è stata la Resistenza, quella storica e quella emersa dopo l'armistizio dell'8 settembre 43, cosa ha significato per l'Italia quel momento storico e come lo ha analizzato la storiografia nel dopoguerra? Lo spiega in modo chiaro e preciso lo storico Alberto Cavaglion, in una video lezione realizzata per le Sezioni ANPI di Colonia e Francoforte e pubblicata nel video pilpul curato dalla redazione di Pagine Ebraiche. Un contributo importante, che riproponiamo in questo spazio. Un contributo che ci ricorda il significato di quella scelta, anche attraverso uno sguardo personale, visto che il padre di Alberto, Enzo Cavaglion è stato tra i primi coraggiosi a salire nelle montagne cuneesi per opporsi, armi in braccio, ai nazifascisti.

Immagini
L'immagine del Presidente Mattarella che sale da solo, nel deserto intorno a lui, i gradini dell'Altare della Patria per celebrare il 25 aprile, ha emozionato me come la maggior parte degli italiani, allo stesso modo in cui tutti eravamo rimasti colpiti e commossi dall'immagine di papa Francesco da solo in preghiera nella piazza San Pietro deserta. Cosa c'è in queste immagini che tocca le nostre corde emotive più profonde? Cosa suscita il rapporto che si viene a creare fra la solitudine delle piazze e dei monumenti deserti, e l'immagine di un potente della terra che da solo svolge il suo compito di pastore e di guida? Ci sentiamo più protetti o più in pericolo? Ci affidiamo, credo, a quell'uomo solo che si pone ai nostri occhi come esempio, come guida, come protettore. La sua solitudine rende più facile la nostra. Grazie, papa Francesco. Grazie, Presidente Mattarella.
Anna Foa
Oltremare - Bowling
Facile dire che passano le settimane e siamo tutti in lockdown, e nessuno sa più dire che giorno è (cosa verissima, a tutte le latitudini e longitudini). Il fatto è però che in Israele noi abbiamo una specie di orologio a parete che suona rumorosamente ogni mese, di norma verso la metà del mese ebraico, e ci porta ogni volta una data da festeggiare o da commemorare. I festeggiamenti prevalgono, per essere onesti. Ma quello che sta facendo questo lockdown israeliano è paragonabile a una pista di bowling, dove il lanciatore non è l'epico Jesus dei fratelli Cohen ma il lockdown personificato, e i birilli sono le nostre sacerrime e plurime feste primaverili. Purim se l'è ancora cavata, il lanciatore lo ha mancato clamorosamente. Tutti sono ancora andati in sinagoga ad ascoltare la storia di Ester, una storia di unificazione del popolo ebraico sotto una leadership femminile, e risultante salvezza; cose dell'altro mondo naturalmente, buone per una fiaba. Molti - ma non tantissimi - sono perfino andati a festeggiare come se tutto fosse normale, e non ci fosse in sala una palla pronta a rotolare senza pietà contro ogni assembramento. Ma già a Purim si capiva che il lanciatore di palle da bowling aveva imparato a prendere bene la mira, e infatti Pesach è stata presa in pieno: uno strike bello e buono e via, tutti i birilli a casa, separati ma uniti dalla consapevolezza temporanea che era meglio così. E siccome siamo un popolo che tende all'ottimismo (altrimenti Israele non esisterebbe proprio) appena passato Pesach è girata voce che il lanciatore se ne stava andando e che non c'era già quasi più pericolo di essere atterrati tutti di nuovo.
Errore. Il lockdown ha colpito ancora, e questa volta ha fatto un doppio strike: tutti a casa sia per Yom HaZikaron, questa sera e domani, che per Yom Hatzmaut, domani sera e mercoledì. Certo, è stato facilitato dal fatto che la commemorazione e la celebrazione sono per motivi inspiegabili così appiccicate l'una all'altra, e quindi se cade una via anche l'altra. Ma di fatto, domani nessun israeliano potrà andare a portare un sassolino o un fiore alle tombe dei caduti, e l'indomani nessuno potrà inondare i parchi e le spiagge trasformando tutta Israele in un enorme grigliata nazionale, come succede normalmente. La prossima data disponibile per il bowling è Lag BaOmer, quando già da oggi i più cauti anticipano che sarà improbabile poter fare gli enormi falò tradizionali, e questa potrebbe essere in effetti una minuscola buona notizia. L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno, bowling a parte, è la solita lista di preziosissimi boschi irrimediabilmente bruciati dalla dalla poca sicurezza con cui vengono fatti i falò. Lag BaOmer cada pure. Basta che poi la palla si fermi lì.
Daniela Fubini
Controvento - Donne e petizioni 
Parlavo nei giorni scorsi con un paio di amiche che stimo, sulla necessità che la ripartenza tenga conto delle donne. Non per una questione di quote. Ma perché è necessario un drastico cambiamento di prospettiva se vogliamo salvare il pianeta e quindi l’umanità. È infatti necessario passare dall’ottica della conquista e del saccheggio, che ha dominato i due millenni appena finiti, a un’ottica di conservazione e valorizzazione delle risorse: la sfida del terzo Millennio. Ed è proprio questa l’ottica femminile, per ragioni biologiche, storiche e socioculturali: siamo noi che diamo la vita e che la proteggiamo, che tradizionalmente amministriamo la famiglia facendo bastare e le risorse disponibili, riutilizzando gli scarti, risparmiando per mandare i figli a scuola, che curiamo la pulizia e la bellezza dei nostri ambienti domestici e siamo capaci di sacrifici per migliorare il futuro. Siamo noi che sappiamo pensare a organizzazioni diffuse e non verticistiche, che sappiamo costruire solidarietà e alleanze tra singoli e tra popoli, che ci spendiamo per costruire il bene comune e investiamo in salute, non in armi. Questo know how - che non è in contrasto con le capacità di pensiero e di achievement che ha portato tante donne alle vette della politica, dell’industria, della scienza, della cultura, dell’arte - è ciò che serve ora per immaginare il mondo dopo Covid.  In queste settimane abbiamo visto i mari ripopolarsi, i cieli tornare limpidi, le città senza spazzatura. Quello che sembrava un disastro ecologico senza scampo è parso arrestarsi di colpo, e ne abbiamo goduto. Ora si deve capire come coniugare la ripresa allo sviluppo sostenibile, mettendo a frutto l’esperienza del lock-down che ci ha insegnato a consumare meno, a lavorare a distanza, a riscoprire tempi più lenti e rispetto degli altri. Non basta riaprire: è necessario avere ben chiaro in mente un modello per far ripartire l’economia e il turismo senza ripetere gli errori del passato.
E invece… La task force per la Fase 2, il comitato di esperti in materia economica e sociale che affianca Vittorio Colao, è composta da 19 membri, di cui solo quattro donne, peraltro molto qualificate e tutte esperte di sviluppo sostenibile. Ma che peso possono avere, di fronte a 15 uomini provenienti dall’establishment, quello cioè che ha creato il mondo che conosciamo? Ma ben più grave è la situazione del Comitato Tecnico Scientifico di supporto alla Protezione Civile recentemente costituito per gestire l'emergenza Covid-19 e composto di 21 esperti tutti uomini, come se in Italia non ci fossero donne sufficientemente preparate per poter dare il loro contributo alla gestione dell'emergenza. Per questo da Valeria Poli, professore ordinario di Biologia Molecolare all’Università di Torino e presidente della Società Italiana di Biofisica e Biologia Molecolare, insieme a Paolo Pinton, professore ordinario di Patologia Generale all’Università di Ferrara e presidente dell’Associazione di Biologia Cellulare e del Differenziamento, hanno creato una petizione da far pervenire a tutti i parlamentari, ai ministri, al Presidente del Consiglio, al capo protezione civile, e ai presidenti delle istituzioni che hanno espresso questi esperti. La petizione può essere letta e firmata qui. Non amo le petizioni, dubito della loro efficacia e ritengo che spesso esprimano le aspirazioni di una parte ristretta della società. Ma questa mi sembra doverosa e necessaria, e invito le mie lettrici e i miei lettori a firmarla. Sì, anche i lettori: perché tener conto dell’ottica femminile è nell’interesse di tutti. Soprattutto in questo momento.
Viviana Kasam
La fase 2, le minoranze e il lutto 
Dunque la “fase 2” consentirà la partecipazione di congiunti, sino a 15 persone, ai funerali. Bacchettate dalla CEI a Conte, per lo stallo sulle messe, con conseguente corsa a mettersi al riparo di ministri e politici vari e anche dello stesso premier per rassicurare che, a breve, ci sarà un protocollo per riaprire i luoghi di culto, con le cautele peraltro già immaginabili. Ne usufruiranno anche le altre fedi, in virtù del meccanismo di ricaduta, ma la laicità a scartamento ridotto di questo paese emerge anche in questo aspetto: non vi è infatti nota di un tavolo di lavoro con le rappresentanze di tutte le fedi ma ci si confronta, subendone il peso politico, con il solo soggetto “maggioritario”. Limite della politica, non certo della CEI che ben esercita il proprio ruolo. Ciò che però colpisce la mia attenzione è che si dia tanta considerazione ai funerali, insieme alla ripresa di liturgie partecipate, e si sorvoli, tranne sparuti appelli e qualche articolo sparso, sul fatto che di Covid-19 si continui a morire soli, aspetto che in altri paesi è stato, nel limite del possibile, affrontato o almeno discusso seriamente. Lo trovo ulteriormente triste, conscio di essere assai in minoranza.
Gadi Polacco
 
L’Unione più vicina
In questo tempo sospeso, straniante e distanziante si ha più tempo da dedicare agli amici via telefono o attraverso diverse piattaforme. Nelle varie applicazioni sono nati gruppi - taluni un po’ perditempo - che trasmettono e amplificano informazioni varie e iniziative. Quelle dell’UCEI per me sono state una bellissima rivelazione perché ho avuto la percezione della volontà dell’UCEI di avvicinarsi al suo “popolo”. Per deformazione professionale (faccio l’archivista) ho l’abitudine di leggere sempre il profilo istituzionale degli enti in cui entro in contatto, perché colgo l’essenza della sua missione e cerco di capire che cosa posso aspettarmi. Che cosa fosse l’Unione ovviamente lo sapevo benissimo, ma ho verificato che lo sapevo senza conoscerla in realtà. La mia era una conoscenza superficiale perché mai frequentata. Una UCEI lontana, distante, istituzionale. Un Ente altro, di altri, di eletti, di rappresentanti di altre 21 istituzioni. Se il primo impatto con la Home page dell’Unione è algido, istituzionale, rivolto più all’esterno che all’interno, il periodo Covid mi ha permesso di scoprire un volto più pratico e “amico” dell’UCEI. Una Unione che unisce anche noi ebrei sparpagliati in Italia. Vivendo poi in una città che purtroppo di ebraico non ha nulla, se non la storia della tragedia legata all’uccisione di tutti gli ebrei 500 anni fa con l’accusa di omicidio rituale per la morte del piccolo Simone, è dolce il sapore di un ente sovraordinato alle Comunità territoriali che ci coinvolge, che racconta e ci racconta, che ci permette di ripassare la storia (magari anche apprendendo qualche particolare sfuggito); un Ente che entra a casa nostra e ci intrattiene religiosamente o laicamente per un’oretta, il tempo giusto che permette ai più di mantenere la concentrazione senza bisogno di pause gastronomiche, telefoniche o fisiologiche (e mi riferisco solo agli sbadigli naturalmente!). Una UCEI che si auto-invita nelle nostre case per tenerci compagnia in questi lunghi giorni, caratterizzati dalla sete di rapporti sociali, seppur virtuali; una UCEI che ci permette di ascoltare interventi profondi e interessanti mentre siamo in pigiama o mentre stiriamo, lavoriamo a maglia, facciamo un solitario o guardiamo il video senza sbattere le palpebre per assorbire meglio le immagini. E ci permette anche di curiosare, cosa che a me piace moltissimo, lo sfondo di chi sta parlando, la luce della stanza, la persiana chiusa, la libreria con libri d’arte o di storia (mai romanzetti, avete notato?), libri in verticale o in orizzontale perché ce ne stanno di più, l’oggettistica, l’argenteria, la camera da letto con angolo pc, lo studio caotico pieno di fascicoli e scartoffie ancora in attesa di trovare pace (e scusate, la mia deformazione professionale è sempre in agguato), quadri antichi e contemporanei, qualche citofono, poche piante verdi, nessun vaso di fiori. Inquadrature dal basso verso l’alto (generalmente sono i telefonini) o inquadrature più professionali di pc dotati di telecamera; persone che parlano guardando se stesse ed immaginando noi a casa; video che hanno più il suono di trasmissioni radiofoniche che televisive. Una UCEI che si avvicina ai pigri della lettura attraverso i video e che potrebbe impegnare diverse ore per leggere tutti gli articoli della stampa ebraica, nazionale e internazionale. Una UCEI quale vero e proprio servizio pubblico per chi vi si dedica. L’ideale sarebbe una Unione più slegata da Facebook, ma grazie UCEI, continua così a lungo, anche quando questo orrendo virus sarà sconfitto: ci trovi sempre per un’oretta la domenica mattina o la sera dopo cena!
Anna Guastalla
 
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