Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui      9 Ottobre 2020 - 21 Tishri 5781
L'ULTIMA TESTIMONIANZA PUBBLICA DI LILIANA SEGRE

"Cari giovani, scegliete sempre la vita"

“Ho degli amici speciali da una ventina d’anni che stanno in un posto che si chiama Rondine, un piccolo paese in provincia di Arezzo. È un posto meraviglioso in cui si parla di pace. Un’utopia che a volte è rimasta utopia e che invece ho toccato con mano come possa diventare realtà. Con questi amici di Rondine ho deciso di concludere la mia vita da testimone”. 
Con queste parole, nel gennaio scorso, Liliana Segre annunciava il proprio addio alla testimonianza pubblica. La fine di un percorso durato trent’anni e che sarebbe dovuto essere celebrato, in estate, con un grande incontro aperto a migliaia di studenti. L’emergenza sanitaria ha costretto a un ripensamento della formula dell’evento. Ma non ha intaccato la portata di quest’ultimo, immenso dono della senatrice a vita sopravvissuta bambina ad Auschwitz ai giovani italiani. Tutte le scuole del Paese hanno infatti avuto la possibilità di collegarsi quest’oggi con l’antico borgo toscano in cui è da tempo attivo un centro dedicato alla risoluzione di vari conflitti internazionali. Protagonisti di quest’esperienza di successo sono proprio i giovani, chiamati in questo spazio stimolante a condividere il proprio vissuto e a diventare, al ritorno nei Paesi d'origine, veri e propri “ambasciatori di pace”. 
Una mattinata intensa ed emozionante, che ha visto le massime cariche dello Stato schierate accanto a Liliana. Dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte ai presidenti di Senato e Camera, Maria Elisabetta Alberti e Roberto Fico, ai ministri Luciana Lamorgese, Luigi Di Maio, Gaetano Manfredi e Lucia Azzolina. Accanto a loro, a rappresentare l’ebraismo italiano, la presidente UCEI Noemi Di Segni. Tra gli intervenuti anche il presidente della CEI Gualtiero Bassetti. 
Ad aprire la cerimonia l’inaugurazione dell’Arena di Janine, uno spazio intitolato all’amica francese che Liliana non riuscì a salutare prima di essere condotta nella camera a gas. “È un rimorso – ha più volte raccontato – che mi porto dentro. Il rimorso di non aver avuto il coraggio di dirle addio. Di farle sentire, in quel momento che Janine stava andando a morire, che la sua vita era importante per me. Che noi non eravamo come gli aguzzini ma ci sentivamo, ancora e nonostante tutto, capaci di amare". 
Sul palco Liliana trova ad attenderla il giornalista Ferruccio De Bortoli, già presidente del Memoriale della Shoah di Milano, che modera la cerimonia. Al suo fianco anche l’amico di lunga data Franco Vaccari, fondatore e presidente della Cittadella. La prima parola è per i giovani di Rondine, chiamati a rivolgerle un saluto. Noam, uno studente israeliano, le dice: “Ti ringrazio per aver scelto la vita”. 
Quella di oggi, sottolinea poi la presidente Casellati, la prima autorità istituzionale a intervenire, è una giornata di passaggio che “segna una precisa chiamata per i giovani e per tutti noi che siamo osservatori privilegiati”. Con la convinzione, aggiunge rivolta alla Testimone, “che le tue parole e i tuoi vissuti continueranno a vivere: la responsabilità della Memoria è il compito che ci affidi”. Afferma poi il presidente Fico: “L’impegno di LIliana Segre è racchiuso nella Costituzione. Giurando su quei principi e su quei valori giuriamo di portare avanti il suo messaggio”. Per il premier Conte, che dice di essere venuto soprattutto per ascoltare, la testimonianza di Liliana “interroga le nostre coscienze, ci sollecita a scacciare via l’indifferenza e ad assumere delle scelte”. Gratitudine è espressa anche dal presidente del Parlamento europeo David Sassoli, in un video messaggio in cui ricorda l’indimenticabile intervento tenuto in quella sede a gennaio. 

 

È poi la volta di Liliana. Oltre un’ora di lezione che passerà alla storia. “Un grazie a tutti i ragazzi, i miei nipoti ideali”, esordisce la senatrice a vita. Il ricordo va a quando bambina era lei. A quando le leggi razziste promulgate dal fascismo cambiarono la sua vita. “Un giorno di settembre del 1938 – spiega da Rondine – sono diventata ‘l’altra’. Ero a tavola con mio papa e i nonni e mi dissero che ero stata espulsa”. Solo l’inizio di un dramma che la porterà, anni dopo, alla clandestinità, al tentativo di fuga in Svizzera, all’arresto. E poi alla deportazione.
Liliana si commuove, come sempre le accade, al ricordo del padre Alberto: “Non pensate che i genitori siano sempre fortissimi. Non pensate che si debba chiedere loro di tutto. Non siate avari di un abbraccio in più”.
Il tentato espatrio  è lo spunto per un ulteriore, significativo messaggio: “Sono stata anche io clandestina, sono stata anche io richiedente asilo. So cosa vuol dire essere arrestati e rispediti indietro nel Paese dal quale si deve scappare per non morire, quando si crede di essere arrivati nel Paese della libertà”. 
Il pensiero va poi a Janine, cui è dedicato anche un concorso per le scuole lanciato dal ministero: “Eravamo alla selezione. Janine, la mia capo squadra, era bella, aveva una decina d’anni più di me, aveva perso due dita in un macchinario della fabbrica di munizioni dove lavoravamo. L’ufficiale tedesco davanti al quale dovevamo sfilare nude per essere scelte mi fece un cenno del capo e capii che io ero salva. Ma quando passò Janine, sentii che la bloccavano e capii che non l’avrei più vista. Io non mi fermai a guardarla, non la salutai, non la nominai. Ero diventata orribile, non accettavo più distacchi”. 
Un lungo applauso la sommerge nel momento in cui racconta di quando avrebbe potuto sparare al soldato tedesco suo aguzzino. Ma non lo fece. “Non raccolsi l’arma, fu un attimo decisivo. Perché capii che mai avrei potuto uccidere qualcuno. Da quel momento sono diventata una donna libera e di pace”.


 

Arriva poi il dono di una copia della Costituzione, nella sua versione originaria, da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La Costituzione, ricorda il Capo dello Stato in un messaggio, “è stata scritta avendo davanti agli occhi le tragiche vicende che hanno coinvolto anche Liliana Segre da ragazza ed è stata approvata con la ferma determinazione di non permettere che i mostri del totalitarismo e dell’antisemitismo, che avevano devastato l’Europa pochi anni prima, potessero ancora avvelenare l’Italia, il nostro Continente e il mondo”. Questo quindi il suo monito: “Mai più privazione della libertà, mai più guerre di aggressione, mai più negazione dei diritti umani, mai più razzismo, odio, intolleranza: questa era la comune volontà dei padri costituenti. È merito loro se la nostra Repubblica è fondata su principi di grande valore: democrazia, libertà, uguaglianza, centralità della persona umana, pace e giustizia tra le Nazioni”.
Sottolinea poi la ministra Azzolina, dalle cui mani la Testimone riceve questo simbolico omaggio: “Liliana Segre ha dato tutto alla scuola, oggi la scuola non può che dirle grazie. È il simbolo della pace, della lotta all’indifferenza e all’odio”. A suggellare la giornata è anche l’avvio del cantiere della nuova scuola di Rondine. Un ambiente d'eccellenza che sarà dedicato alla formazione degli studenti di quarta liceo. 
“In qualsiasi casa, in qualsiasi luogo dove si abita e soggiorna – spiega la presidente Di Segni – nella religione ebraica si usa mettere una mezuzah. Un oggetto che ha dentro di sé un involucro con scritta una preghiera. La preghiera è lo Shemà, ‘Ascolta Israele, che si recita ogni mattina e ogni sera. Il monito più importante che contiene è proprio quella della Memoria: ricordare e di tramandare ai figli la nostra fede e la nostra tradizione”.
Memoria viva, al servizio della consapevolezza e del bene comune. 

Clicca qui per rivedere l'intervento-lezione di Liliana Segre.

(Nelle immagini, dall'alto in basso, il saluto del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, la testimonianza ai giovani di Liliana Segre, l'intervento della Presidente UCEI Noemi Di Segni)

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LA COMMEMORAZIONE AL TEMPIO MAGGIORE DI ROMA 

"Nove ottobre 1982, non dimentichiamo"

"Trentotto anni dopo abbiamo voluto di nuovo ricordare quella pagina terribile non solo della comunità ebraica ma di tutta la città e del Paese". 
Così la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello durante la cerimonia di deposizione di una corona nel giorno dell'anniversario dell'attentato palestinese al Tempio Maggiore della Capitale, avvenuto il 9 ottobre del 1982. Una ferita ancora aperta, anche nel ricordo del piccolo Stefano Gaj Taché, due anni, che rimase ucciso dal fuoco dei terroristi. 
“Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano”, le parole con cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo avrebbe ricordato nel suo discorso di insediamento. Una storica svolta di consapevolezza per tutto il Paese. 
A partecipare alla deposizione della corona anche il rabbino capo rav Riccardo Di Segni, la sindaca Virginia Raggi, l'assessore regionale alle politiche abitative e all'urbanistica Massimiliano Valeriani. 
"Non dimentichiamo il 9 ottobre del 1982 e le responsabilità di chi quel giorno permise che questo avvenisse", ha poi twittato Dureghello. Così invece la sindaca Raggi: "Continuiamo a portare avanti i valori di accoglienza e pace, contro ogni forma di violenza e discriminazione". 

 

Salute, cultura e spesa pubblica
Recentemente ho sostenuto la tesi – a mio giudizio ovvia – secondo cui la cultura produce benessere. Ho portato ad esempio la lezione che abbiamo imparato nelle lunghe settimane di lockdown, durante le quali è apparsa evidente la “fame” di cultura che animava gli umani forzatamente costretti nelle case. Dai balconi si sentivano le arie del melodramma, suonate e cantate a pieni polmoni. Nei lunghi collegamenti sul web si anelava alla riapertura dei cinema e dei teatri. Quando si esauriva la scorta di video guardabili si leggevano libri che attendevano da tempo di essere aperti o riscoperti.
Gadi Luzzatto Voghera
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Gli allievi dopo la tempesta
Solitamente gli insegnanti tendono a rimpiangere gli allievi del passato, che erano tanto bravi, studiosi, informati, intelligenti, ecc. mentre quelli del presente sono sempre più ignoranti, leggono poco, non sanno scrivere, mancano delle competenze di base, e via dicendo. Quest’anno non è stato così: in tutti i Consigli di classe a cui ho partecipato emergevano quadri positivi delle classi, anche da parte di chi era già stato loro insegnante negli anni precedenti.
Anna Segre
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Un giorno particolare
L’ultimo giorno della festa di Succot è un giorno particolare. È chiamato Hosha’anà Rabbà, in quanto la parte fondamentale delle tefillot della mattina è composta dalle hosh’anot, i sette giri che facciamo attorno ai sefarim, che vengono estratti in un numero inconsueto, dall’aron ha kodesh. La particolarità di questo giorno è che assume anche il nome di “Yom ha ‘aravà – Giorno della’ aravà”.
 
Rav Alberto Sermoneta
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