ISRAELE TRA IL RISCHIO ELEZIONI E POSSIBILI NUOVI CANDIDATI
Una nuova sfida per il generale Eizenkot,
dalla guida dell'esercito all’arena politica
Se entro il 23 dicembre non sarà approvata la legge di Bilancio (almeno inerente all’anno 2020), il parlamento israeliano verrà automaticamente sciolto e si tornerà alle urne. Per legge, la data delle nuove elezioni corrisponderà al 23 marzo 2021. Nelle prossime settimane si deciderà dunque il destino politico del paese e intanto i giornali israeliani sono pieni di sondaggi, teorie su chi si alleerà con chi, supposizioni sull’ingresso di nuovi volti nell’affollata arena politica israeliana. Tra i nomi su cui si insiste di più in questi giorni c’è quello di Gadi Eizenkot, ex capo di Stato maggiore d’Israele, sostituito nel 2019 da Aviv Kochavi. Secondo il leader di Telem, Moshe Yaalon, a sua volta ex capo dell’esercito, Eizenkot sarebbe pronto ad entrare nelle fila del suo partito e posizionarsi al numero due nella lista per le prossime elezioni. Il diretto interessato ha però negato e si è dichiarato sorpreso dalle affermazioni di Yaalon, aggiungendo di non aver ancora sciolto le riserve. Deciderà solo quando sarà certo che Israele sarà costretta a tornare alle urne per la quarta volta in due anni. “Ho ricevuto offerte da molti partiti, e io incontro e parlo con tutti”, ha dichiarato Eizenkot in una conversazione privata rivelata dal corrispondente politico di Yediot Aharonot, Yuval Karni. “Non è stato ancora deciso nulla. La decisione se entrare in politica e con chi sarà [presa] solo quando sarà fissato il giorno delle elezioni”.
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L'INTERVISTA AD AHMAD RAFAT, GIORNALISTA E VOCE A DIFESA DEI DIRITTI UMANI
"Iran debole, guerra ultima opzione.
La sorte di Djalali appesa a un filo"
L’ultima volta che è potuto tornare a Teheran è stato sul finire degli Anni Ottanta. Una rocambolesca fuga l’ha messo in salvo dagli sgherri del regime. Da allora Ahmad Rafat vive l’angosciante condizione dell’esilio. Giornalista, scrittore, paladino per l’affermazione dei diritti umani. Una delle voci più autorevoli per parlare di quel che sta accadendo in Iran.
Le ultime notizie danno Ali Khamenei, la Guida suprema, in fin di vita. Le risulta che sia così? Che si stia dando avvio a una transizione?
No, le informazioni che ho io sono differenti. Si tratta piuttosto di un forte raffreddore, di una situazione passeggera. Da quel che mi risulta gli appuntamenti che ha in agenda domani si terranno regolarmente. Ho fatto diverse telefonate, a Teheran e in altre città, per capire se ci fossero movimenti significativi. Tutto, in apparenza, è tranquillo. Parlo per esperienza: ero in Spagna quando è morto Franco. Ricordo l’allerta di quelle ore. Lo spiegamento di polizia ed esercito. Non c’è nulla che, al momento, vada in quella direzione.
L’Iran è tornato sulle prime pagine dopo l’uccisione di Mohsen Fakhrizadeh, il “padre del nucleare”. Che idea si è fatto? È corretta l’interpretazione che si tratterebbe di un tentativo di mettere in difficoltà il presidente eletto Usa Joe Biden?
No, mi sembra inverosimile. Un’azione del genere non la si pianifica in poche settimane. La collego piuttosto ad altri fatti: l’eliminazione di Soleimani a gennaio, l’esplosione in estate al sito di Natanz, la successiva uccisione del numero due di Al Qaeda a Teheran. Azioni e simboli forti per mettere in crisi la Repubblica islamica, per indebolirla al tavolo delle trattative. Ricordo che sedersi a quel tavolo non è ambizione del solo Biden. Anche Trump, più volte, ha manifestato questa intenzione.
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LO SPECIALE DI PAGINE EBRAICHE
Renzo, un vero democratico
Sul numero di dicembre di Pagine Ebraiche un dossier e molte pagine speciali sono dedicate a Renzo Gattegna, l’ex Presidente UCEI da poco scomparso. Un leader e un uomo indimenticabile, che ricordiamo anche attraverso una antologia degli interventi scritti negli anni per il giornale dell’ebraismo italiano.
Pubblichiamo la testimonianza di Vittorio Ravà.
Non ho scritto l’articolo su Renzo, di getto il giorno della sua morte, facendo violenza al mio istinto, ma ho fatto come avrebbe fatto lui, ho atteso, e ho dedicato i giorni passati a leggere i ricordi degli altri. Tutti gli articoli contenevano il sostantivo garbo o l’aggettivo garbato, cosa rara per un leader che aveva nella pazienza e nel metodo dell’ascolto la ricetta del suo successo. Lui non aveva bisogno di urlare per essere ascoltato, perché non era mai aggressivo e sopratutto non era divisivo.
Ho avuto l’onore di lavorare con lui per il piano strategico dell’Unione tra il 2004 e il 2005 dando vita ad un sistema mediatico per le comunità italiane, prima cartaceo e poi digitale e come avrebbe detto un leader politico finalmente abbiamo un giornale.
Lui era un leader democratico nel senso americano, un anticipatore di Joe Biden con una capacità di equivicinanza tra religiosi e laici, vicino ad Israele senza dogmi.
Gattegna ha saputo navigare tra gli opposti estremismi delle diverse Comunità ebraiche italiane, era romano con moglie israeliana, borghese senza snobismi, umile ma non sottomesso.
L’avvocato Gattegna ha completato il percorso di Tullia Zevi portando l’Unione ad essere un’istituzione italiana riconosciuta da Stato e Governo, senza complessi di inferiorità verso Oltretevere, spianando la strada al suo successore Noemi Di Segni.
Ora l’ebraismo italiano può vivere senza complessi nonostante l’esiguità dei numeri rappresentati, è una istituzione piccola, ma presente, in grado di dialogare sia con i ministri sia con la Presidenza della Repubblica. Il Presidente Sergio Mattarella è la figura più simile a lui nel panorama politico italiano, estrazione culturale democristiana, con pugno di ferro in guanto di velluto, ma rappresenta un unicum senza emuli nel nostro orizzonte futuro.
Meditiamo sul futuro sia dell’Unione sia del Paese avendo di fronte questi due esempi, perché nelle grandi organizzazioni contano più i comportamenti che i risultati.
Grazie Renzo z.l., il tuo ricordo sia di esempio non solo per gli ebrei italiani ma per tutti gli italiani.
Vittorio Ravà, Pagine Ebraiche dicembre 2020
(Nell’immagine Gattegna con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella)
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La parola a Yehoshua
Leggo una bella, disperata intervista del Fatto Quotidiano a A.B. Yehoshua. Davvero disperata. E mi domando quanto flebile sia ormai la voce degli intellettuali, di coloro che un tempo orientavano i pensieri e le opinioni, venivano letti, amati, anche di fronte a questa marea montante che esalta l’ignoranza, mette in dubbio le basi stesse della differenza tra vero e falso, insulta i vecchi, considera libertà fare feste.
Anna Foa
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Oltremare - Emirati, rossi o verdi?
Si sa che noi israeliani pur di fare una vacanza anche rubata, ma fuori dall’isola nella quale viviamo, siamo capaci di accamparci con tanto di tenda canadese al check-in del Ben Gurion e aspettare un aereo per qualsiasi destinazione manco fosse l’ultima metrò o l’Orient Express.
E quindi, in tempi di penuria di destinazioni e di stati che passano dal verde al rosso o al giallo senza avvisare, non si è stupito nessuno quando i feed dei nostri Facebook hanno cominciato a riempirsi di foto di amici entusiasti da Abu Dhabi o da Dubai.
Daniela Fubini
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Controvento - Memoria e identità
Ho seguito con interesse il dibattito partito da Pagine Ebraiche e ripreso da varie testate a proposito della Carta della Memoria proposta da Gabriele Nissim, e ho apprezzato la pacatezza e il rispetto con cui sono state esposte le varie posizioni.
Viviana Kasam
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