Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui      11 Dicembre 2020 - 25 Kislev 5781
L'ACCENSIONE DELLA CHANUKKIAH ALL'OSPEDALE DI VERDUNO 

Contro il buio della pandemia,
la luce dell'impegno comune

La missione dell’equipe medica del Chaim Sheba Medical Center in Piemonte rappresenta i valori comuni d’Israele e Italia. È la dimostrazione della stretta amicizia tra i due paesi, che fianco a fianco combattono contro il virus e la pandemia. A sottolinearlo il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, intervenuto nel corso della cerimonia di accensione della prima candela di Chanukkah organizzata dall’ambasciata d’Israele in Italia all’ospedale Michele e Pietro Ferrero di Verduno. Qui l’equipe medica dello Sheba – diciannove tra medici, infermieri e tecnici sanitari – ha lavorato in questi giorni assieme ai colleghi piemontesi per curare i pazienti positivi al Covid-19.
“È stata un’occasione per condividere le nostre conoscenze e un privilegio lavorare spalla a spalla con i medici italiani per salvare le vite e fronteggiare la pandemia” ha spiegato il direttore della delegazione Elhanan Bar On, ricordando come la missione sia stata realizzata grazie al lavoro dell’ambasciata israeliana. “Una mano tesa agli amici in un momento di difficoltà" la definizione dell’ambasciatore Dror Eydar, che ha condotto l’accensione della Chanukkiah con la partecipazione, a distanza, del Premier Netanyahu. “Con la missione dello Sheba – ha evidenziato il diplomatico – abbiamo seguito le orme dei nostri saggi, che già duemila anni fa ci avevano insegnato che chi salva una sola anima è come se salvasse il mondo intero. Auguriamoci che la piccola candela accesa qui riscaldi i cuori anche dopo Chanukkah, verso un anno in buona salute, in cui potremo superare l’oscurità della pandemia mediante un vaccino per l’intera umanità”.


Un auspicio condiviso e rilanciato dal presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e dalla presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni. “L’aiuto che abbiamo ricevuto per l’ospedale di Verduno è solo l’ultimo esempio della collaborazione tra Piemonte e Israele, che proseguirà anche grazie ai due memorandum siglati oggi” ha sottolineato Cirio, ricordando come tutto il mondo sanitario sia in prima linea nella lunga battaglia e ringraziando la delegazione dello Sheba per aver lavorato accanto ai colleghi piemontesi. Un esempio, ha aggiunto la presidente Di Segni richiamando la festa di Chanukkah, di come Israele con le sue competenze possa aiutare “a portare luce nel mondo”.
“È una nostra responsabilità: cercare di migliorare il mondo in cui viviamo”, le ha fatto eco il direttore generale del centro medico Sheba, Yitshak Kreiss. Di piccolo miracolo in tempi bui ha parlato il direttore del centro medico Ferrero Massimo Veglio, augurandosi che l’accensione della luce di Chanukkah possa essere di buon auspicio per il futuro. 

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LA PRESENTAZIONE DEL PROGETTO UCEI 

"Educare alla convivenza, impegno urgente
per una società che vuole costruire futuro"

Finalizzato a sperimentare forme di confronto e dialogo tra giovani di diverse tradizioni e sensibilità religiose, il progetto “Prevenire il pregiudizio, educare alla convivenza” è il frutto di un accordo tra l’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania a Roma, che ha dato il proprio sostegno economico, e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ne ha curato la predisposizione e la realizzazione. Un’azione pedagogica nel segno della concretezza, sviluppata in alcune scuole per l’infanzia e superiori nel corso degli ultimi due anni.
L’occasione per fare il punto sui risultati raggiunti e presentare il volume che raccoglie lo studio, pubblicato dalla casa editrice Giuntina e con all’interno molti autorevoli contributi, è stata data da un incontro online che si è svolto ieri sera, significativamente nel giorno in cui non solo prendeva avvio la festa ebraica di Chanukkah ma in tutto il mondo si celebrava anche la Giornata Mondiale dei Diritti Umani.
Dedicato a bambini in fascia d’età 3-5 anni ma anche a studenti delle scuole medie superiori, il progetto ha come punto di partenza il concetto che la costruzione della cultura di singoli e di comunità “si sviluppa in forme diverse da persona a persona e da gruppi a gruppi in relazione alle condizioni storiche e sociali, ai contesti di vita e di lavori, ai tempi e ai luoghi”. Ed è quindi l’esito “di un’elaborazione di saperi volutamente trasmessi e accolti, di idee, di informazioni, di abilità acquisite in via informale o attraverso l’esperienza”.
A confrontarsi sul significato di questo impegno e anche sulla sua particolare declinazione al tempo del Covid sono stati la Presidente UCEI Noemi Di Segni, l’ambasciatore tedesco Viktor Elbling, il presidente della Comunità ebraica di Firenze Enrico Fink. E quindi il Consigliere UCEI Saul Meghnagi e Odelia Liberanome, che hanno curato il progetto per conto dell’Unione, e la professoressa Cristina Zucchermaglio dell’Università La Sapienza di Roma. A moderare la serata il direttore di Pagine Ebraiche Guido Vitale.
“Il nostro obiettivo – ha affermato la Presidente Di Segni – è far sì che la convivenza possa diventare qualcosa di naturale”. La data del 10 dicembre come spartiacque prezioso per riflettere su cosa è stato realizzato e su cosa resta da fare sul piano dell'affermazione dei diritti umani. Con una consapevolezza da difendere: “Le libertà costituzionali di cui godiamo non possono essere abusate per creare odio. Purtroppo, nella realtà di tutti i giorni, ci scontriamo con notizie e decisioni di tribunali che mettono in evidenza che ciò non è per niente scontato”.
“Attaccare il pregiudizio è fondamentale” ha ricordato l’ambasciatore Elbling. “La responsabilità che tutti abbiamo è quella di far crescere i nostri giovani come adulti più maturi e tolleranti, valorizzando la ricchezza della diversità: è qualcosa in cui credo molto”. Elbling ha sottolineato l’urgenza di questo sforzo in un momento in cui odio e antisemitismo tornano prepotentemente alla ribalta. “Il lavoro fatto negli ultimi decenni non è bastato. È necessario – il suo messaggio – che in ogni generazione ci si vaccini contro questa pandemia”. Grande la soddisfazione espressa per i risultati raggiunti nel segno di questa collaborazione. 
Protagoniste del progetto alcune scuole di Firenze. Una scelta non casuale. “Questa – ha osservato Fink – è una città che da tempo lavora per valorizzare le differenze. Un impegno in cui la Comunità stessa ha un ruolo essenziale”. Un lavoro svolto ad ogni livello, dal vertice alla base degli iscritti, “per organizzare progetti educativi incentrati sulle relazioni, sulla conoscenza reciproca, tra le comunità”.


A presentare le sfide del progetto è stato poi il Consigliere UCEI Saul Meghnagi, coordinatore della Commissione educazione e giovani: “Il nostro orientamento – ha spiegato – è stato sull’affermazione pratica frutto di una messa a fuoco ben precisa”. Quattro i macrotemi scelti come base per l’approfondimento: uguaglianza, diversità, parità e rispetto. Il tutto attraverso un’esperienza viva d’incontro e confronto. “Uno dei principi di cui abbiamo tenuto conto, lavorando per giovani e giovanissimi, è che l’accettazione non la si può stimolare attraverso lezioni frontali. Arriva invece – ha ricordato Meghnagi – dall’esperienza vissuta che permette di consolidare i comportamenti”.
La parola è in seguito passata a Odelia Liberanome, che pure ha ricordato la specificità di una città, Firenze, “che da sempre promuove la pacifica convivenza”. Agli insegnanti coinvolti, a tutti coloro che hanno beneficiato di questa esperienza – ha poi aggiunto, dopo una panoramica sulle modalità di attuazione – “consegniamo contenuti ed esperienze che possono essere la base per attività educative anche in altri contesti”.
Anche la professoressa Zucchermaglio in precedenza aveva relazionato sull’applicazione del progetto, ricordando come la sperimentazione sia stata caratterizzata da un obiettivo ambizioso: “La nostra, da un punto di vista sia teorico che pratico, è stata una scelta forte: non tanto contenuti da trasmettere, quanto insieme di pratiche e pensiero. Partendo da piccoli gruppi a confronto su temi problematici, per arrivare insieme a una posizione condivisa e argomentata”.

(Nelle immagini: la presentazione del progetto, l'intervento dell'ambasciatore tedesco Elbling, la copertina dello studio appena pubblicato)

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OTTO GIORNI OTTO LUMI / 2 

Un tempo di studio propizio

Nel Tur (cap. 417) di Rabbenu Yaakov ben Asher (1269-1343) è scritto che i 12 mesi dell’anno sono in corrispondenza con le 12 tribù d’Israele. Il terzo mese Kislew corrisponde alla tribù di Levi, terzo figlio di Giacobbe e Lea. Per questo il miracolo di Chanukkah che ricorre in questo mese avvenne per mezzo dei Maccabei, una famiglia di Kohanim/Sacerdoti che discendono dalla tribù di Levi. Non solo, come affermato da Mosè Maimonide (Moshe ben Maimon 1135-1204), la tribù di Levi è strettamente connessa allo studio della Torah che, grazie alla luce che si diffonde nei giorni di Chanukkah, è estremamente propizio e fruttifero.

Rav Adolfo Locci, rabbino capo di Padova

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Omicidio rituale
L’Ottocento è stato un secolo affascinante. Gli storici lo considerano di transizione (ma quale periodo non lo è?). Chi lo legge come lungo tramonto dell’epoca dell’ancien régime, chi come esito delle novità rivoluzionarie, era di avanzamenti sociali e scientifici decisivi per introdurci nella modernità. In quegli anni accadevano episodi che oggi giudicheremmo forse stravaganti, ma che erano il segnale della profondità degli stravolgimenti in atto. Fra essi possiamo annoverare anche l’ultimo caso di “accusa del sangue” registrato in Italia, e più precisamente a Badia Polesine, nei pressi di Rovigo, nel 1855. Vi dedica oggi un meticoloso e documentato studio lo storico friulano Emanuele D’Antonio (Il sangue di Giuditta. Antisemitismo e voci ebraiche nell’Italia di metà Ottocento, Carocci editore).
Gadi Luzzatto Voghera
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La festa all'aperto
È curioso che proprio Chanukkah, la festa della difesa orgogliosa della propria identità ebraica, sia il momento in cui ci si deve mostrare al mondo esterno mediante la Chanukkiah accesa e ben visibile. Negli ultimi anni, poi, ha preso sempre più piede l’abitudine (quest’anno quanto mai opportuna) di accendere una grande Chanukkiah pubblica all’aperto davanti a tutti. In realtà non c’è contraddizione. Chi è sicuro della propria identità non teme il confronto con il mondo esterno, anzi, a volte il confronto con il mondo esterno è proprio ciò che permette vivere pienamente la propria identità ebraica. Del resto abbiamo ormai capito che stare all’aperto è più salutare.
Anna Segre
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Gli oneri dello Zaddiq
Nella parashà di Va Jeshev che leggeremo il prossimo shabbat si narra la storia di Josef, figlio di Giacobbe e della donna che egli amava di più – Rachele. Nella Torà troviamo scritto, proprio nei primi versi della parashà: “elle toledot Ja’akov Josef…” – “questa è la storia di Jaakov, Josef” e da lì inizia a narrare la storia di Giuseppe. 
 
Rav Alberto Sermoneta
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Lumi come piccole scintille
In mezzo a migliaia di luci che illuminano le nostre città in questo periodo e durante tutto l’anno, i lumi di Hanukkah sono solo otto l’ultimo giorno, se non si capita davanti a qualche hanukkiah che sempre più spesso viene accesa in una piazza cittadina, sarà difficile scorgerle. Eppure, ciò le diversifica dalle altre, non solo per un fatto puramente culturale.
 
Francesco Moises Bassano
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