In piazza della Transalpina, dove un tempo un muro divideva due mondi, la notizia è stata accolta con un boato. C’è infatti un risvolto non solo concreto ma anche simbolico nella vittoria della candidatura congiunta dell’italiana Gorizia e della slovena Nova Gorica, le due Gorizie sul cui confine si trovava la Cortina di Ferro, che insieme saranno Capitale europea nel 2025.
Una splendida notizia per per chi ha a cuore l’Europa unita, i suoi valori, le sue conquiste di pluralismo e democrazia. A ricordarlo anche i due capi di Stato Sergio Mattarella e Borut Pahor, in una dichiarazione diffusa dopo la proclamazione in cui si spiega come l’identità europea nasca e si rafforzi “valorizzando la cooperazione e l’armonia delle diverse lingue e culture che la arricchiscono”. Il riconoscimento di un valore aggiunto che ha fatto esclamare al sindaco del capoluogo isontino, Rodolfo Ziberna, che a vincere, mai come in questo caso, non sono state solo due città ma l’Europa tutta. Tra i punti di forza del dossier un progetto di valorizzazione dell’identità ebraico-goriziana predisposto dalla Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia su un’idea della redazione di Pagine Ebraiche. Perno dell’operazione la riqualificazione del cimitero di Valdirose, oggi in territorio sloveno, dove riposano alcuni grandi della Gorizia ebraica. Illustri Maestri come rav Isacco Samuele Reggio, che agì nella prima parte dell’Ottocento. Ma anche protagonisti della scena culturale di anni successivi come il filosofo Carlo Michelstaedter, il glottologo Graziadio Isaia Ascoli, la giornalista Carolina Luzzatto Coen. Un apporto di pregevole qualità ricordato oggi anche in una mostra permanente allestita all’interno della settecentesca sinagoga, questa situata invece in territorio italiano.
“L’entusiasmo è davvero tanto. Si tratta di un’operazione densa di significato, in cui si vede tutto il senso dell’Europa unita”, commenta al riguardo il presidente della Fondazione Dario Disegni. “Il nostro è senz’altro tra i progetti qualificanti. C’è quindi anche un pizzico d’orgoglio nell’aver dato un contributo a questo storico risultato”.
A lungo trascurato, il cimitero dovrà diventare uno snodo fondamentale per il turismo di matrice culturale. Questo è l’obiettivo della Fondazione, che in settembre ha svolto una ricognizione (assieme al presidente Disegni erano presenti il suo vice Renzo Funaro e il project manager Andrea Morpurgo) incontrando prima il rettore dell’Università di Udine Roberto Pinton, con cui è stata da poco firmata una convenzione relativa allo sviluppo del progetto, e il sindaco di Nova Gorica Klemen Miklavic, con cui sono stati discussi i dettagli di carattere operativo.
“I progetti per la Capitale della Cultura cambiano spesso la vita delle città. Un vero e proprio motore di rigenerazione urbana. Ne sono stato testimone, nel 2019, a Matera. Da realtà semisconosciuta a polo d’attrazione internazionale: la percezione di Matera nel mondo è radicalmente cambiata. Un grande salto di qualità. Anche le due Gorizie – prosegue Disegni – potranno senz’altro beneficiare di questo appuntamento”.
Un impegno che a livello personale si incontra anche con la vicenda del nonno, il grande rabbino torinese Dario Disegni, che già nell’immediato dopoguerra si spese per salvare il sito da abbandono e oblio. Lo testimoniano alcune carte recentemente riscoperte, dove ad emergere è l’attivismo dello stesso rav Disegni e di un altro indimenticabile leader dell’ebraismo italiano quale fu Raffaele Cantoni.
“Contiamo di partire al più presto. Già tra gennaio e febbraio, con i primi permessi”, spiega l’architetto Morpurgo. L’inizio di un percorso che durerà vari anni e che avrà come obiettivo quello di consegnare alle due amministrazioni un cimitero pienamente restaurato (in un censimento del 1876 risultavano già 692 lapidi, la più antica delle quali risalente al Trecento). “Ci sarà molto da lavorare. I danni alle lapidi sono infatti ingenti, causati soprattutto dall’incuria e agenti atmosferici. Andrà anche recuperata la vecchia cappella per i riti funebri, che potrebbe diventare un luogo informativo permanente. Sul progetto – prosegue Morpurgo – ma anche sulla storia degli ebrei goriziani.
Ad aprire i lavori sarà un’azione di monitoraggio, preludio all’operatività sulle singole lapidi. Si partirà poi con il restauro vero e proprio. Dal Liechtenstein è arrivato l’importante sostegno di una fondazione. Altre risorse dovrebbero arrivare come conseguenza della recente assegnazione. “C’è un grande interesse e fermento. Il progetto – sottolinea Morpurgo – ha d’altronde una sua evidente unicità: l’unico altro esempio di mia conoscenza in cui il patrimonio architettonico di una comunità ebraica è stato diviso tra due Paesi dopo la seconda guerra mondiale è quello di Francoforte sull’Oder. Il sito in cui si trovava la sinagoga, che fu data alle fiamme dai nazisti nel ’38, è in Germania, mentre il cimitero, raso al suolo nel 1970, si trova sul versante polacco del fiume Oder, nella città di Slubice”.
Commenta Guido Vitale, il direttore della redazione giornalistica UCEI: “C’è grande, immensa soddisfazione. Le due Gorizie insieme anche nel segno della storia, della cultura e dei valori ebraici. Un progetto straordinario, necessario e destinato a durare nel tempo. Siamo onorati di aver gettato il primo sasso”.
Adam Smulevich
(Nelle immagini, dall'alto in basso: piazza della Transalpina, la recente ricognizione al cimitero di Valdirose e la lettera inviata dal rabbino torinese Dario Disegni al governo jugoslavo)
Poche settimane fa la Fondazione CDEC ha pubblicato il numero 17 della rivista online “Quest. Issues in Jewish Contemporary History”. Si tratta di un numero monografico dedicato all’idea di Europa vista attraverso gli occhi di quel vasto mondo culturale che si esprimeva in lingua yiddish. La curatrice Marion Aptroot ricorda nella sua introduzione che all’epoca circa 11 milioni di persone parlavano, scrivevano, pensavano e sognavano in quella lingua. Non molti, se si paragonano ai numeri di chi si esprimeva in inglese, francese, tedesco, spagnolo o italiano, ma comunque un numero maggiore di tutti coloro che all’epoca utilizzavano le lingue scandinave nel loro complesso.
Si dice che l’ora più buia sia quella che precede l’alba, ma se davvero precedesse l’alba non sarebbe realmente l’ora più buia. Quella che viene ricordata come l’ora più buia della seconda guerra mondiale (il giugno 1940) non fu affatto quella in cui accaddero le cose più terribili, piuttosto fu quella in cui si gettarono le premesse perché accadessero senza che si vedesse neppure in lontananza la possibilità di una conclusione che non fosse la vittoria del nazismo. Allo stesso modo il 10 di Tevet, che ricorda l’inizio dell’assedio di Gerusalemme da parte dei Babilonesi, rappresenta l’ora più buia non perché richiami il momento più terribile delle sofferenze del popolo ebraico ma perché segna l’inizio della fine.
“Io scenderò con te in Egitto e io ti farò salire di là” (Bereshit 46, 4).
Nella nostra parashà assistiamo alla discesa in Egitto di Giacobbe – Israel. È una partenza per un’altra golà, dopo aver vissuto per venti anni presso Labano, suo zio – suocero, lontano dalla terra di Chena’an. Il Signore D-o appare in sogno a Giacobbe e lo rassicura dicendogli che anche Lui scenderà in Egitto con il Patriarca.
Tra i tanti eventi negativi occorsi in quest’anno gregoriano ormai al termine possiamo almeno affermare che il 2020 è stato anche l’anno del riconoscimento di Israele da parte di molti paesi chiave del mondo arabo. Fonti del New York Times parlavano per esempio recentemente anche di una possibile riapertura dei rapporti diplomatici con la Tunisia – rapporti in precedenza esistenti, ma interrotti nel 2000 con l’inizio della seconda intifada – per quanto per adesso smentite dallo stesso stato maghrebino. Tra l’entusiasmo di queste notizie è comprensibile che emerga anche un certo scetticismo o dei timori.