PAGINE EBRAICHE - GENNAIO 2021
“Ebrei di Libia, facciamoci sentire”
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Nel 2014 il Parlamento d’Israele ha scelto la data del 30 novembre per ricordare l’esodo degli ebrei dai Paesi arabi e dall’Iran. Il 30 novembre gli ebrei di tutto il mondo devono ricordare il destino di oltre 850mila correligionari che furono perseguitati e cacciati da queste realtà a partire dagli Anni Quaranta.
La stragrande maggioranza di loro ha affrontato persecuzioni e violenze, è fuggita dalle proprie case e ha lasciato Paesi in cui aveva vissuto per secoli, addirittura millenni, unicamente a causa della sua identità. Emigrati in Israele, così come in Nord e Sud America ed Europa, gli ebrei originari dei Paesi arabi e dell’Iran hanno cercato di preservare il loro ricco patrimonio e la loro storia unica, portando con sé tradizioni, liturgia (piutim), usi e costumi e anche le tradizioni culinarie.
Un capitolo tragico e poco conosciuto della storia ebraica moderna.
Io sono uno di quegli 850mila profughi, scappato dalla Libia con la mia famiglia e tutta la comunità dopo l’ultimo pogrom di Tripoli e di Bengasi. In Libia eravamo cresciuti sotto la monarchia del re Idris che, dopo il pogrom del 5 giugno 1967, ci avvertì che non avrebbe più potuto garantire la nostra sicurezza quale minoranza ebraica. Ci aiutò quindi a scappare da quella terra divenuta ostile a causa dell’accanita propaganda del movimento legato a Nasser.
A seguito della Guerra dei Sei giorni la radio egiziana incitava all’odio incoraggiando l’eliminazione degli ebrei. Così la massa infuriata scese nelle strade a caccia degli ebrei rintanati in casa al buio e nel massimo silenzio, bruciando case e negozi e sterminando intere famiglie.
La rabbia divenne incontenibile a causa della vittoria di Israele e della sconfitta araba. A quel punto, per aver salva la vita, non restava altra scelta che quella di lasciare la Libia. Lasciammo il Paese con 20 sterline e ci fu detto di non tornare mai più. Nel 1969, con il colpo di Stato di Gheddafi, i nostri beni furono confiscati come beni nemici. Furono inoltre distrutti i luoghi di culto e rasi al suolo i cimiteri, antichi di duemila anni, in cui riposano, sotto gli attuali palazzi e autostrade, i nostri cari. La comunità ebraica libica si trasferì per la maggior parte in Israele e in Italia.
David Gerbi, rappresentante dell’Organizzazione mondiale degli ebrei di Libia
(Nell’immagine titoli attestanti le proprietà dei Gerbi in Libia, da dove furono cacciati nel ‘67)
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LA SFIDA TRA DEMOCRATICI E REPUBBLICANI IN GEORGIA
Da Israele all'antisemitismo, il dibattito aperto
nelle decisive elezioni per il Senato Usa
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Israele, antisemitismo e identità ebraica sono stati alcuni dei temi al centro della campagna elettorale per i due seggi al Senato americano in palio in Georgia. Seggi che saranno decisivi per delineare il futuro degli Usa: una doppia vittoria democratica permetterebbe al presidente eletto Joe Biden di avere la maggioranza in entrambe le camere e agire con il favore del Congresso. Un risultato differente – considerato più probabile dai sondaggisti – permetterebbe invece ai repubblicani di mantenere un significativo controllo sulle politiche del prossimo presidente Usa. Da qui la grande attenzione sui risultati in Georgia, al centro come noto di un terremoto politico legato al presidente in carica Donald Trump. In una telefonata - di cui il Washington Post ha diffuso la registrazione - al segretario di Stato della Georgia, Brad Raffensperger, Trump ha chiesto e fatto pressione per far cambiare i risultati elettorali di novembre e dare a lui, invece che a Biden, la vittoria nello Stato. Diversi giuristi intervistati dal Washington Post hanno definito la telefonata “un flagrante abuso di potere e un potenziale atto criminale”. E mentre il dibattito infuria, Trump si prepara all'ultimo comizio proprio in Georgia, a Dalton, per sostenere i due candidati repubblicani David Perdue e Kelly Loeffler. Il primo sfiderà Jon Ossoff (nell'immagine a destra, a sinistra Perdue), trentatreenne ebreo, considerato una giovane promessa tra i democratici e da tempo impegnato nelle campagne per i diritti civili. “Io discendo da immigrati ashkenaziti fuggiti dai pogrom all'inizio del XX secolo, e sono cresciuto tra parenti sopravvissuti alla Shoah - ha dichiarato Ossoff in un'intervista ad Haaretz - Così la mia educazione ebraica mi ha instillato la convinzione di lottare per gli emarginati e gli oppressi, e anche di essere vigile dove c'è il rischio che possa emergere l'autoritarismo”.
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IL CAMPIONE DI CICLISMO CON LA MAGLIA DEL TEAM ISRAEL START-UP NATION
Froome, esordio con i colori d'Israele
Un solo obiettivo: vincere il Tour
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Quella maglia addosso fa un certo effetto. Un primo assaggio della stagione che verrà, auspicabilmente ricca di frutti.
Inizia in queste ore una delle sfide più appassionanti della carriera di Chris Froome, forse l’ultima. Per il 35enne campione britannico, quattro volte vincitore al Tour de France, è arrivato il momento di rimettersi in gioco. In questo 2021 in cui difenderà i colori della Israel Start-Up Nation l’obiettivo è soprattutto uno: trionfare una quinta volta sul traguardo di Parigi. Solo pochissimi ci sono riusciti finora: il belga Eddy Eddy Merckx, lo spagnolo Miguel Indurain, i francesi Bernard Hinault e Jacques Anquetil. Un club esclusivo in cui Froome è determinato ad entrare, trascinando a ruota nella leggenda anche il giovane team israeliano.
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Amaro in bocca
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La vicenda della figlia di una coppia nigeriana, prima nata in Liguria del 2021, a cui il Presidente della Regione Toti ha fatto gli auguri postando la sua foto sui social, è davvero assurda. Il governatore è infatti stato attaccato da un esponente leghista per aver fatto gli auguri ad una bambina di pelle nera, la figlia di immigrati, e naturalmente la questione ha dilagato sui social suscitando reazioni di ogni tipo. E poi dicono di non essere razzisti! La risposta del governatore è stata ferma e assolutamente condivisibile. Ma l'amaro in bocca resta.
Anna Foa
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Oltremare - Operazione vaccini
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Leggo da qui le notizie nei social italiani, che dipingono Israele come eroina della vaccinazione, quando paragonata a tutto il resto dei paesi del mondo. E non è che non sia vero: verissimo, anzi. L'operazione "dai la spalla" in corso è un indiscutibile successo organizzativo e logistico, e perfino il messaggio dato alla popolazione è stato scelto con buona dose di cervello, con un doppio senso voluto perché in ebraico "dare la spalla" significa aiutare, contribuire a qualcosa, e il vaccino si fa in effetti poco sotto alla spalla. Solo che chi commenta dall'estero fa spesso un errore di valutazione sui motivi per i quali l'operazione sta andando così bene. Continuo a leggere, fra commenti e dichiarazioni anche altolocate, che è ovvio che in Israele siamo bravi a vaccinare tutti e in fretta, perché siamo una società altamente militarizzata e quindi ovvio, no? Ecco, no, proprio no.
Daniela Fubini
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Controvento - Parità di genere
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Riusciranno finalmente le donne ad abbattere quello che viene definito “il soffitto di cristallo”, cioè la invisibile barriera che impedisce di accedere alle posizioni di potere? Le premesse sembrano esserci in questo inizio di 2021, nonostante la crisi economica abbia colpito prevalentemente le donne e i femminicidi siano aumentati in modo preoccupante in tutto il mondo.
Viviana Kasam
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