RICARDO FRANCO LEVI CONFERMATO ALLA GUIDA DEGLI EDITORI
"La sfida della letteratura e della cultura
Al lavoro per un'Italia migliore"
Sul comodino ha Due vite di Emanuele Trevi, fresco vincitore dello Strega. Ma anche due libri di storia americana: uno sulla crisi con Cuba, l’altro dedicato al Watergate. Winston Churchill che racconta la seconda guerra mondiale. Un libro sul cruciverba. E poi, sempre a portata di mano, la Torah commentata dal rav Jonathan Sacks. “La mia lettura settimanale, di parashah in parashah”.
Giornalista con esperienza parlamentare e di governo nelle istituzioni italiane ed europee, Ricardo Franco Levi si definisce “un lettore onnivoro”. È soprattutto consapevole dell’importanza che questo atto riveste per il singolo ma anche per la collettività. Lettura e conoscenza, afferma infatti, “sono i principali strumenti di crescita economica e di costruzione di una società più equa e democratica”.
Un principio che l’ha spinto ad impegnarsi in prima persona nell’Associazione Italiana Editori di cui è presidente da quattro anni. Con un terzo mandato biennale al via proprio in queste ore, conferitogli all’unanimità dall’assemblea degli editori.
Si riparte da numeri incoraggianti. Quelli appena forniti dall’ufficio studi Aie: nei primi sei mesi del 2021 nei canali trade (e cioè nelle librerie, online e fisiche, e nella grande distribuzione, esclusa la scolastica) sono state vendute ben 15 milioni di copie di libri a stampa in più (+44%) rispetto al 2020. Ancor più significativa la crescita rispetto al 2019, al netto degli effetti del Covid (undici milioni di copie in più, +31%).
“La crescita dell’acquisto e della lettura di libri nell’ultimo anno premia la tenacia imprenditoriale degli editori, ma anche di librai grandi e piccoli, di chi lavora nel commercio online, dei distributori, dei grossisti, dei traduttori, degli autori e dimostra quanto possano incidere positivamente politiche pubbliche di sostegno alla domanda”, le prime considerazioni a caldo di Levi. Che a Pagine Ebraiche ribadisce: “I numeri non arrivano mai per caso. All’interno della filiera c’è stato un concorso di buone pratiche e intenzioni. Insieme abbiamo rappresentato le ragioni di questo mondo, lavorando bene anche con il governo. E comunque in tutte le direzioni possibili”.
A partire dalla scuola, pilastro culturale e civile di un Paese. “Quando iniziai questa avventura, quattro anni fa, dissi: ‘Scuola, scuola’. E lo ripeto adesso. La sfida resta quella di dare pieno corpo al diritto allo studio. I dati Invalsi ce lo confermano: il tema della lettura resta un’emergenza nazionale, con enormi differenze da colmare che ci ricordano come istruzione e sviluppo siano siano correlati. Non parlo solo di Nord e Sud, ma anche di centro e periferia”.
Alla scuola è dedicata una delle iniziative di maggior successo, “Io leggo perché”, che in soli cinque anni ha portato oltre 1,4 milioni di libri nuovi negli istituti di tutta Italia. La sesta edizione è iniziata da appena 48 ore, con riscontri subito eccellenti. “Tremila scuola si sono già iscritte”, spiega Levi a Pagine Ebraiche. Un fatto positivo ma al tempo stesso sintomatico “di quanto le biblioteche abbiano bisogno di aiuto”.
Guai quindi a sedersi sugli allori. Anche se i segnali positivi non mancano: “Al tempo del Covid l’Italia ha reagito bene, anche nei momenti di massima criticità. Riconoscendo nel libro un ‘bene essenziale’, si è mossa con una determinazione che in altri Paesi è mancata. Diventando, di fatto, un modello”. Anche a livello continentale. Una prospettiva che a Levi è ben chiara, essendo vicepresidente della Federazione degli Editori Europei e dal 2023 suo presidente designato. “Un punto acquisito su un piano di civiltà”, sottolinea a Pagine Ebraiche. È il messaggio anche di queste ore: “Vogliamo un’Italia più colta, più istruita, un’Italia che legga di più”.
In tempo di pandemia, evidenzia Levi, il libro “si è confermato lo strumento per eccellenza di argomentazione, di riflessione, di apprendimento, di narrazione”. Sul libro, con il libro – ha poi aggiunto nella sua relazione – “si pensa, si studia, ci si diverte, si piange e si ride”. Decisiva per la sua tenuta, nella sua valutazione, “la capacità degli editori di governare il passaggio di una stagione così impegnativa mantenendo il controllo della propria offerta: con l’innovazione di prodotto; gestendo il mix di carta e digitale; andando online ma rifuggendo le logiche delle piattaforme del tutto compreso; confermando gli investimenti anche nelle ore più buie nelle quali poteva essere facile cedere allo sconforto”. Una centralità evidente anche con la didattica distanza: “In una tempesta che teneva distanti studenti e docenti tra di loro e dai porti sicuri di scuole e università, il libro di testo, il manuale, con il ricchissimo apparato di contenuti digitali, hanno rappresentato un ancoraggio sicuro”.
Si annunciano due anni di lavoro molto impegnativi, ma anche affascinanti. Levi li affronterà anche nel segno di una spiccata consapevolezza identitaria. Già nel 2017, assumendo per la prima volta questo incarico, confidava a Pagine Ebraiche: “È evidente come il collegamento ci sia, forte e inevitabile. La definizione di ‘Popolo del Libro’ non è casuale, no? Le parashot sono lettura settimanale, e stiamo parlando di un popolo che già all’epoca della distruzione del secondo Tempio, nel 70 EV, aveva una norma che prescriveva a ogni ebreo di sapere leggere e studiare la Torah in ebraico e di mandare i figli a scuola o in sinagoga, dall’età di sei o sette anni, affinché anch’essi imparassero a farlo”.
Adam Smulevich
(Nell'immagine in alto Ricardo Franco Levi, in basso la nuova campagna del progetto per le scuole "Io leggo perché")
Il judoka algerino lascia le Olimpiadi:
"Non giocherò contro un israeliano"
“Abbiamo lavorato duramente per qualificarci per i Giochi, ma la causa palestinese è più grande di tutto questo".
Sono le parole con cui l'attuale campione d'Africa nel judo, l'algerino Fethi Nourine, ha annunciato la propria decisione di ritirarsi dai Giochi di Tokyo. In caso di vittoria per entrambi al primo turno, nel secondo avrebbe dovuto sfidare il collega israeliano Tohar Butbul. "Non siamo stati fortunati con il sorteggio", ha poi commentato il suo allenatore. "Abbiamo un avversario israeliano ed è per questo che ci siamo dovuti ritirare. Abbiamo preso la decisione giusta”.
Nourine ha agito nello stesso modo del 2019 quando, sempre a Tokyo e sempre in vista di una sfida con Butbul, scelse di lasciare i Mondiali.
Chissà se il Comitato Olimpico Internazionale avrà qualcosa da dire su questa vergognosa vicenda.
L'AUDIZIONE ALLA CAMERA SULLA LIBIA EBRAICA E IL MEDIO ORIENTE
"Le parole malate inquinano il dibattito"
Una vicenda paradigmatica quella degli ebrei di Libia. A raccontarla alla Camera, nell'ambito di un ciclo di audizioni in Commissione Esteri "in connessione con i recenti sviluppi della crisi mediorientale", il professor David Meghnagi. Ad introdurre lo studioso, presidente della International Unity of Research on Modern Jewish Civilization and Israel Studies e professore senior presso l’Università degli Studi Roma Tre, il presidente della Commissione Piero Fassino.
"Molto del nostro dibattito sul vicino Oriente - ha esordito - è inquinato da parole malate che vengono da lontano, esito di costruzioni ideologico-politiche che si sono affermate nel corso del tempo e sono diventate un fenomeno trasversale, presente in tutta la cultura e di cui non sempre si è adeguatamente consapevoli". Clicca qui per rivedere l'audizione.
Lazio e fascismo
Le parole di condanna prodotte nel comunicato della S.S. Lazio e in seguito ribadite e difese dal presidente della società Claudio Lotitosono inquietanti e non sufficienti. La vicenda è nota: il nuovo acquisto della squadra Elseied Hysaj ha pensato di fare cosa gradita al pubblico italiano facendosi riprendere nel ritiro di Auronzo mentre canticchiava “Bella ciao”. Il video è stato sommerso da ingiurie di numerosi ultras laziali dichiaratamente fascisti (con tanto di striscione esposto), con diverse code polemiche provenienti da altri tifosi laziali che giustamente non amano essere associati alla feccia neofascista. La condanna da parte dei vertici della società naturalmente era doverosa, ma le parole scelte sono inaccettabili in un paese come l’Italia, fondato su una Costituzione esplicitamente antifascista. La ricerca evidente di un linguaggio politico “neutro” in questo caso equivale a una mancanza di coraggio e a un’evidente resistenza a esprimere una chiara ed esplicita dissociazione. Se dei tifosi laziali noti, identificabili e organizzati dichiarano la loro fede sportiva associandola in maniera indelebile al fascismo, la società sportiva Lazio non può non condannare in maniera altrettanto netta, citando il concetto di “fascismo” come alieno dalla passione sportiva per quella squadra.
In un paese normale non si potrebbe che essere felici per un calciatore che sceglie di presentarsi ai compagni cantando Bella ciao. In un paese normale non si potrebbe che essere fieri se il canto più significativo della nostra lotta di liberazione è diventato un simbolo per tutti i popoli e viene cantato in tutto il mondo in moltissime lingue (per chi non lo sapesse, esiste anche una versione in ebraico).
In un paese normale sarebbe considerato del tutto assurdo contestare un calciatore perché ha cantato Bella ciao, e sarebbe considerato assurdo anche dichiarare una sorta di neutralità tra chi canta Bella ciao e chi lo contesta inneggiando al fascismo.
In un paese normale in cui si festeggia ogni anno la Liberazione sarebbe logico aspettarsi che un canto della liberazione sia un canto di tutti e non sia considerato il segno di un'appartenenza politica, tanto più se si tratta di un testo piuttosto neutro, che non parla di bandiere rosse o simili ma solo della lotta contro un generico invasore.
La nostra parashà inizia con parole di supplica “WA etchannan el A’ – E supplicai il Signore”. (Devarìm 3;23) Moshè si rivolge in preghiera al Signore affinché venga annullato il decreto che prevede di non farlo entrare in Israele, facendolo morire nel deserto.
Molte volte abbiamo assistito a preghiere da parte di Moshè per far annullare decreti divini contro il popolo e molte volte Moshè è riuscito in questo intento: stavolta no.
In Centro Europa l’alluvione della scorsa settimana ha provocato oltre duecento vittime e vi sono ancora dei dispersi. V’è stata poi qualche giorno fa una forte alluvione nel Gargano e contemporaneamente nella provincia dell’Henan in Cina con altre decine di vittime. A fine giugno un’ondata di calore ha travolto il Canada e gli Stati Uniti con conseguenti incendi, mietendo ancora vite.