DOPO LA KNESSET IL PRESIDENTE UCRAINO SI RIVOLGE A ROMA

“Italia plaude al coraggio di Zelensky
il suo posto è nell’Unione Europea”

Dopo i severi giudizi sull'operato del governo d'Israele e i discussi paragoni con la Shoah, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è tornato a parlare a un parlamento nazionale, quello italiano. E il suo discorso alle camere riunite ha avuto un tono molto diverso rispetto a quello pronunciato alla Knesset. Nessuna nota di biasimo, ma solo richieste di maggiore sostegno all'Ucraina, di nuove sanzioni alla Russia, diversi ringraziamenti all'Italia e dolorose ricostruzioni di quanto sta accadendo nel suo paese. “A Kiev - ha detto Zelensky - i russi torturano, violentano, rapiscono bambini, distruggono e con i camion portano via i nostri beni. L'ultima volta in Europa è stato fatto dai nazisti. L'esercito russo è riuscito a minare anche il mare vicino ai nostri porti: questo è un pericolo anche per i Paesi vicini”. Il presidente ucraino non ha fatto i preannunciati accostamenti tra la Resistenza italiana e la lotta ucraina contro l'aggressione russa, ma si è limitato a un paragone tra Genova e Mariupol e tra Kiev e Roma. Ha ricordato l'impatto economico di questo conflitto e sottolineato più volte che c'è un unico responsabile a questo disastro umanitario, Vladimir Putin. “L'Ucraina è il cancello per l'esercito russo, loro vogliono entrare in Europa ma la barbarie non deve entrare”, ha ammonito Zelensky in un discorso lungamente applaudito dal parlamento italiano. I richiamo all'Europa è stato ripreso anche successivamente dal Presidente del Consiglio Mario Draghi. “Oggi l'Ucraina non difende solo se stessa ma la nostra pace, libertà e sicurezza", ha ricordato Draghi, definendo Zelensky e il suo paese come “eroici”. "L'Italia - ha aggiunto - è al fianco dell'Ucraina. L'Italia vuole l'Ucraina nell'Unione europea”.

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L'INCONTRO A SHARM EL-SHEIKH TRA BENNETT, AL SISI E AL NAHYAN

Israele, Egitto ed Emirati Arabi Uniti a confronto
Un vertice storico per guardare al futuro

Mohammed bin Zayed al-Nahyan, Abdel-Fattah al-Sisi e Naftali Bennett insieme a Sharm el-Sheikh per parlare del futuro della regione e dei nuovi equilibri internazionali dopo l'aggressione russa dell'Ucraina. La foto diffusa dall'agenzia di stampa egiziana che ritrae i tre leader insieme segna “un passaggio storico”, sottolinea l'esperto corrispondente diplomatico israeliano Barak Ravid. “Questo è un evento senza precedenti nelle relazioni tra Israele e il mondo arabo. Qualcosa che porta gli Accordi di Abramo a fare un significativo passo avanti”, l'analisi di Ravid alla radio israeliana 103 Fm. L'ufficio del Premier israeliano, in una nota a conclusione dell'incontro, ha fatto sapere che i tre leader hanno discusso il rafforzamento dei legami tra i rispettivi stati e le questioni regionali. Tra cui, segnala l'emittente Kan, la minaccia iraniana e l'imminente firma di un nuovo accordo nucleare tra Teheran e potenze occidentali. Tutti e tre i paesi sono contrati ad un allentamento delle sanzioni a carico dell'Iran. E avvertono che le nuove disponibilità economiche non saranno utilizzate dal regime per costruire infrastrutture, ma per rafforzare la corsa agli armamenti e per finanziare il terrorismo internazionale. Da qui il lavoro congiunto portato avanti a Sharm El Sheikh. “Gli incontri sono stati coordinati in anticipo, con la valutazione in Israele che la firma dell'accordo nucleare è una decisione che è già stata presa. - sottolinea l'emittente Kan - Ora (quando avverà la firma) dipende solo dagli iraniani”. Con questa consapevolezza, i leader d'Israele, Egitto ed Emirati si sono riuniti per dare un segnale di compattezza e per mandare “un messaggio comune all'amministrazione americana” di critica verso le sue mosse. 
Anche l'Ucraina è stato uno dei temi caldi dell'incontro, come ha confermato l'ufficio del presidente Al Sisi. Secondo Haaretz, “Israele è interessato a convincere gli Emirati Arabi Uniti e l'Arabia Saudita ad aumentare la loro produzione di petrolio per ridurre la dipendenza mondiale dal petrolio russo”.

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NOMINATA ALL'UNANIMITÀ DAL CONSIGLIO COMUNITARIO

Genova ebraica, Raffaella Luzzati presidente
“Cura e passione per la Comunità”

“Una cosa la posso assicurare: in ogni azione, in ogni impegno, ci metteremo cura e passione. Siamo una Comunità molto piccola e con pochi giovani, ma faremo il massimo per garantire la continuità ebraica”. Si presenta così Raffaella Petraroli Luzzati, stimata professionista in pensione e da qualche ora nuova presidente della Comunità ebraica di Genova: la seconda donna ad assumere questo incarico nella storia della kehillah ligure. Il suo nome è stato indicato all’unanimità nel corso della prima riunione del Consiglio eletto in occasione delle recenti elezioni comunitarie. In questo ambito è arrivata la riconferma alla vicepresidenza per Angiolo Chicco Veroli e Gabriella Sonnewald, designati entrambi nella nuova Giunta. Al loro fianco in Consiglio il presidente uscente Ariel Dello Strologo, Reuven Francesco Orsi, Daniele Sulewic e Viana Arias.
“È ancora presto per parlare di programmi, prima vorrei tastare per bene il polso della situazione. Ma certamente ce la metteremo tutta” sottolinea Petraroli Luzzati, che ha 69 anni ed ha svolto per 40 la professione di notaio. Per lei si tratta di una seconda volta in Consiglio.

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IL CONFERIMENTO DELLA CITTADINANZA ONORARIA

Rav Luciano Caro, l'omaggio di Ferrara
“Figura di cultura, etica e valori”

Di Ferrara è rabbino capo ormai da 32 anni. Una seconda casa ormai per rav Luciano Caro.
A certificarlo è arrivato in queste ore un tributo particolarmente significativo. Il Consiglio comunale, agendo all’unanimità, ha deciso infatti di conferirgli la cittadinanza onoraria. Un riconoscimento, è stato reso noto dal sindaco Alan Fabbri, “ai valori culturali, etico-morali e sociali che lo contraddistinguono”. Oltre a ciò, ad essere solennizzati con questa iniziativa sono stati anche “il suo profondo impegno in ambito culturale e religioso” e “l’intensa e riconosciuta attività a livello nazionale e internazionale messa in campo a favore della conoscenza della cultura ebraica e delle discriminazioni subite durante la Shoah”.

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ASTI E LA VIA DEDICATA ALLA SOPRAVVISSUTA AD AUSCHWITZ

"Enrica Jona, un esempio di coraggio"

“Avevo visto donne buttarsi a terra per non più rialzarsi, altre, persi o rotti gli zoccoli, fasciarsi i piedi con pezze e trascinarsi ancora con una straordinaria forza di volontà.
Quelle che non avevano potuto continuare la “marcia della morte” (come l’aveva definita una signora che era con me e che già dopo la prima tappa non aveva più proseguito) venivano finite dai soldati della retroguardia.
Avevo creduto di avere un sollievo alla stanchezza salendo in treno; rimpiansi invece la marcia a piedi”. Nel febbraio del 1946 Enrica Jona, tornata nella sua Asti, affida al giornale locale Il Cittadino la propria testimonianza di sopravvissuta alla Shoah. Mette nero su bianco la drammatica esperienza di deportata ad Auschwitz. Racconta e ricorda, quando ancora poche sono le voci a farlo. E ha continuato per tutta la sua vita a testimoniare, come hanno ricordato le autorità intervenute ad Asti per renderle omaggio. Un tributo concreto con la decisione dell'amministrazione comunale, su proposta della locale associazione Italia Israele, di dedicarle una via. “È stato un evento partecipato, con la significativa presenza del sindaco Maurizio Rasero e di altre autorità”, sottolinea Guido Anau Montel, delegato della Comunità ebraica di Torino per la sezione di Asti e tra gli intervenuti alla cerimonia.

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UCEI - L'INIZIATIVA A FIRENZE

I giovani e l’educazione ebraica,
il piacere di ritrovarsi di persona

Ritorno alle attività in presenza per l’Ufficio Giovani Nazionale UCEI. Firenze la Comunità scelta per una iniziativa intercomunitaria che ha visto la partecipazione di oltre una quarantina di giovani e giovanissimi tra i 5 e i 17 anni, in rappresentanza di varie realtà ebraiche italiane. Ad accoglierli in Comunità, insieme ai genitori e familiari che li hanno accompagnati a Firenze, i saluti di benvenuto del rabbino capo rav Gadi Piperno e della Consigliera UCEI Sara Cividalli.

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La legge di Mosè
C’è un ben noto detto nelle varie parlate della tradizione giudaico-italiana che recita: ‘La legge di Mosè, chi la piglia per il capo, chi la piglia per i piè’. Le varianti sono molte, ma il modello è quello, e il suo senso è chiaro. Il riferimento è all’halakhà, alla legge che si allenta e si irrigidisce a seconda della propensione, delle esigenze, delle situazioni, dei compromessi di ciascun singolo con la propria osservanza della precettistica ebraica. Ma il senso è anche, da una prospettiva non più dell’interesse individuale ma della cultura rabbinica, che la Torah, con tutte le sue leggi, è soggetta a varie interpretazioni, più o meno restrittive, tutte motivate e giustificabili sul piano halakhico, tutte rientranti nella definizione di ‘Legge di Mosè’, tutte riconosciute come applicazioni della Legge di Mosè, appunto.
Dario Calimani
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Upper class
Rafaël Glucksmann: “c’è il vezzo diffuso di prendere una posizione apparentemente nobile, controcorrente, e che fa sentire più intelligenti e profondi. Molto narcisismo” (Corriere della Sera, 15 marzo 2022, p. 19). A proposito: scriveva Simone De Beauvoir: “‘Il senso comune è la cosa al mondo meglio distribuita’. La destra non potrebbe ammettere un’affermazione così grossolanamente democratica”. 
Emanuele Calò
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In guerra, tra il passato e l’ignoto
Un improvviso, dirompente salto all’indietro e all’ingiù. L’aggressione all’Ucraina e la guerra spietata condotta dalla Russia di Putin contro un intero popolo, ma anche l’eroica resistenza di quel popolo ci hanno fatto tornare in pochi giorni a un passato ormai molto lontano (lontano nel tempo, evidentemente non nella sostanza). Una condizione di sconvolgimento, distruzione, morte ed esodo di massa che in Europa ormai quasi nessuno aveva vissuto sulla propria pelle o visto realizzarsi in regioni così vicine. 
David Sorani
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Put out Put-in
Stiamo vivendo l’agonia del pianeta e non siamo ancora pronti a trasferirci su un altro corpo celeste. Questa la drammatica situazione nella quale ci troviamo 84 anni dopo l’Anschluss di quel fatidico 12 marzo 1938 nel quale la Germania nazista annetteva l’Austria. Erano passati 20 anni dalla disfatta dell’Impero Austro-Ungarico e la fine dell’Impero Ottomano e quasi tutti gli austriaci sono stati ben lieti di far parte di quello stato unificatosi da poco, nel 1871.
Alan Davìd Baumann
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