L'AVVERTIMENTO DEL GOVERNO DI GERUSALEMME 

"L'Agenzia ebraica a Mosca rischia la chiusura.
Se accadrà, ci saranno ripercussioni con Israele"

A partire dallo scorso 6 luglio Mosca ha varato diverse nuove norme per reprimere ulteriormente il dissenso interno e soffocare ogni libertà di espressione. Una legge in particolare, quella contro “gli agenti stranieri”, rappresenta un giro di vite contro ong, blog, giornali o persone non allineati con la propaganda del Cremlino. In questo clima di repressione si inserisce l'iniziativa del ministero della Giustizia russo che attraverso i tribunali locali sta cercando di chiudere la filiale di Mosca dell'Agenzia ebraica, l'ong che si occupa dell'emigrazione ebraica in Israele.
La scelta di colpire l'organizzazione con base a Gerusalemme da diversi media viene interpretata come una ritorsione di Mosca per le posizione d'Israele contro l'aggressione russa dell'Ucraina. “La chiusura degli uffici dell'Agenzia Ebraica sarebbe un evento grave che avrebbe ripercussioni sui legami tra Israele e la Russia”, ha avvertito in queste ore il Primo ministro Yair Lapid. Quest'ultimo, già quando era ministro degli Esteri, ha rappresentato la voce più critica di Gerusalemme nei confronti delle azioni di Mosca in Ucraina. Ora, nel suo incarico di Premier ad interim, è impegnato a gestire direttamente i rapporti con l'aggressiva leadership russa. Per risolvere la questione ed evitare strappi definitivi, ha inviato una delegazione a Mosca con il compito di “compiere ogni sforzo a livello legale e diplomatico”.
Nel frattempo il dissidente sovietico ed ex presidente dell'Agenzia ebraica Natan Sharansky ha lanciato un appello “a tutti i nostri fratelli ebrei in Russia che stanno seriamente considerando di immigrare in Israele: vi esorto a non rimandare la realizzazione dei vostri piani”. In un post sui social, Sharansky, che in Unione Sovietica fu incarcerato per nove anni per le sue battaglie in difesa di chi voleva emigrare in Israele, ha descritto le azioni di Mosca come un promemoria per gli israeliani. “Dobbiamo proteggere i nostri interessi senza rinunciare alle nostre convinzioni morali. Dobbiamo piuttosto insistere nel sostenerle e unirci alla lotta del mondo libero per fermare l'aggressione della Russia”.

 

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DOSSIER ITALKIM

"Museo Nahon, una collezione unica"

Le potenzialità del Museo Nahon non sono certo un mistero per Andreina Contessa, attuale direttore del Museo Storico e del Parco del Castello di Miramare a Trieste e conservatore/capo curatore del Museo d’arte ebraica italiana di Gerusalemme dal 2009 al 2017.
“Un’esperienza significativa e formativa. Fondamentale anche perché venivo dal mondo accademico e lavorare per un museo ha rappresentato una sfida molto diversa dalle precedenti” spiega la storica dell’arte e studiosa d’origine bresciana, cresciuta a Mantova e la cui frequentazione di Gerusalemme è iniziata nei primi Anni Novanta.
“È la città in cui io e mio marito abbiamo vissuto più a lungo”, sottolinea. Un museo speciale “anche per via della sua collezione ricca di qualità e con pochi eguali”. Nel momento in cui se ne gettarono le basi col trasferimento degli arredi dall’Italia, ricorda Contessa, “non esisteva ancora il museo d’Israele; era nel complesso un Paese ancora disadorno di testimonianze artistiche; anche per questo il Tempio italiano e gli arredi dell’Italia ebraica suscitarono attenzione e ammirazione”. Non è un caso “che ad inaugurare il Tempio sia stato un Presidente d’Israele, Itzhak Ben-Zvi, e che per l’occasione sia stato anche emesso un francobollo raffigurante l’arca di Conegliano Veneto: tutto il Paese iniziò così ad avere familiarità con esso”. Secondo Contessa il Tempio italiano “è la sinagoga più bella non solo di Gerusalemme, ma di Israele: un luogo in cui si avvertono al tempo stesso storia, bellezza e armonia”.
Tra le circostanze più emozionanti della sua esperienza al Nahon il ritrovamento, in un armadio, di un quaderno appartenuto al dirigente sionista dove “con semplicità commovente” erano annotati doni e arredi provenienti dalle varie Comunità italiane. Che a un certo punto, spiega Contessa, “fecero a gara ad esserci con qualcosa di loro”.
Tanti i ricordi entusiasmanti di quel periodo. Tra gli altri l’ex curatrice cita una mostra in onore di Lele Luzzati, il grande maestro del disegno genovese di cui ricorreva di recente il centenario, un’altra per il cinquecentesimo anniversario dall’istituzione del Ghetto di Venezia, un allestimento di Chanukkiot alla Knesset (il Parlamento israeliano). La sfida, in quegli intensi anni di lavoro a Gerusalemme, “è stata duplice: far conoscere la figura del fondatore e al tempo stesso la storia e l’identità particolare dell’ebraismo italiano attraverso le sue collezioni”.
“La ricchezza delle collezioni del Nahon è uno stimolo incessante a progettare mostre e iniziative: non potrebbe essere altrimenti” conferma un’altra ex curatrice, Anastazja Buttitta, che fu chiamata a sostituire Contessa mentre stava svolgendo un dottorato alla Ben Gurion University sui gioielli dell’epoca rinascimentale a Venezia. La mostra cui più è affezionata è “The Crown”, allestita alle porte del Covid. Un suggestivo itinerario sul simbolo della corona nell’ebraismo e sui molteplici richiami e significati intrecciati.

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LA COLLABORAZIONE CON I PSICOTERAPEUTI ISRAELIANI

Ucraina, un conflitto carico di traumi

Mentre l'aggressione russa ha ormai superato la soglia dei 150 giorni, l'Ucraina invasa cerca di trovare soluzione anche agli effetti psicologici che il conflitto sta infliggendo alla popolazione. “Alcune persone soffrono di una paura enorme, temono di morire o la morte dei loro parenti. Alcune sono profondamente arrabbiate per quello che sta succedendo e vogliono trovare un modo per tenere questa rabbia sotto controllo”, ha raccontato all'agenzia Associated Press la terapeuta Svitlana Kutsenko. Basata a Kiev, Kutsenko ha partecipato assieme a venti colleghi a un corso di formazione in Israele su come trattare i traumi psicologici emersi a causa della guerra. Su questo complicato versante Israele è infatti considerato un paese all'avanguardia. Già nel 1989 a Gerusalemme era nato il Centro Herzog per il trattamento dei traumi psicologici - Metiv: un luogo per dare risposte a una società segnata da continui conflitti, dal terrorismo, dalla storia di uomini e donne sopravvissuti alla Shoah e ad altre persecuzioni. Nel corso dei decenni il Centro ha fornito trattamenti psicoterapeutici a migliaia di persone con sintomi post-traumatici e si è impegnata nella formazione di professionisti israeliani e non. Tra questi ultimi, il gruppo proveniente dall'Ucraina, dove, scrive Ap, la consapevolezza di riconoscere e trattare i traumi psicologici rimane relativamente bassa. E il Paese non è attrezzato per gestire l'enorme numero di persone colpite dall'invasione russa.

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Scrivere di Storia
«Ciò che distingue la scrittura storica da ogni altro tipo di letteratura è il fatto che essa è, nel suo complesso, sottoposta al controllo dei dati. La storia non è epica, la storia non è letteratura narrativa, la storia non è propaganda, perché in questi generi letterari il controllo dei dati è facoltativo, non obbligatorio». [A. Momigliano, Sui fondamenti della storia antica, Einaudi, Torino 1984, p. 467].
Così tanto per chiarire la differenza tra le chiacchiere (di molti) e l’obbligo di dimostrare, di cui quei molti si sentono esonerati..
David Bidussa
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Lo specchio e l’immagine
Se è indecoroso e oltraggioso dileggiare la memoria degli scomparsi è comunque discutibile anche l’accodarsi acriticamente al coro delle prefiche che piangono più per un obbligo meramente rituale che non per un’effettiva conoscenza della figura pubblica di chi non c’è più. L’esergo è di obbligata - nonché dovuta - cautela, affinché le parole che seguono, frutto di una riflessione e di un confronto non occasionale, non vengano invece lette come un esercizio livoroso, di gratuita polemica, ad eventi (ed esistenze) consumatesi. La persona in questione è Eugenio Scalfari. Della sua vita, in atto di morte, molto si è detto nei giorni trascorsi. 
Claudio Vercelli
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