L'ANALISI DELL'ESPERTO DI TERRORISMO ISRAELIANO
"Eliminazione del numero uno di al Qaeda,
segnale forte degli Usa a tutto il Medio Oriente"

Il pericolo che l'Afghanistan diventi un “parco giochi per il terrorismo” è dietro l'angolo, avvertiva l’esperto israeliano di terrorismo Yoram Schweitzer. Il suo commento a Pagine Ebraiche arrivava all'indomani del complicato ritiro americano dal paese, caduto poi immediatamente in mano ai talebani. A differenza di molti commentatori, Schweitzer in quel momento – agosto 2021 – invitò a non considerare il ritiro una sconfitta americana, pur criticandone le modalità. “Pensarla come tale farà solamente il gioco dei talebani, di al Qaeda e degli altri gruppi terroristici islamisti”, spiegava. Dall'altro lato appariva chiaro che il nuovo regime afghano avrebbe ripreso da dove aveva lasciato, aprendo le sue porte a diverse forze del terrore. “Secondo un accordo siglato con Trump a Doha, i talebani dovrebbero collaborare per cacciare i membri di Al Qaeda dall’Afghanistan. Non lo faranno. Non hanno mai avuto intenzione di dare seguito a quell’intesa. Ci sono le prove che molti affiliati di Al Qaeda vivono nelle province afghane e ho pochi dubbi sul fatto che non verranno cacciati”, spiegava in quell'occasione Schweitzer. Un anno dopo quella previsione si è dimostrata decisamente vera. A Kabul infatti i talebani hanno aperto le porte direttamente al numero uno di Al Qaeda, Ayman Al Zawahiri. Il leader dell'organizzazione terroristica era tornato all'inizio di quest'anno in Afghanistan, evidentemente convinto che lì sarebbe stato al sicuro. Il 31 luglio però un drone americano lo ha eliminato, mentre si trovava in una casa a Kabul. Un'operazione, spiega oggi Schweitzer, che ha molti significati. In primo luogo “contrariamente alla percezione popolare in vari paesi in seguito al ritiro americano dall'Afghanistan, gli Stati Uniti hanno dimostrato ancora una volta la loro capacità e determinazione nel continuare a contrastare le organizzazioni terroristiche jihadiste salafite di alto livello. - spiega l'analista israeliano, capo del programma di ricerca sul terrorismo dell’Institute for National Security Studies, - Questo anche se apparentemente queste realtà non più nel radar dell'opinione pubblica occidentale, perché sono attivi principalmente in aree considerate periferiche e non compiono attentati in Occidente”.
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SEGNALIBRO
Il bacio di Giuda
Giuda Iscariota è da quasi due millenni oggetto di riprovazione e di odio, la sua persona è divenuta il simbolo stesso del tradimento e della perfidia. L’accumulo di elementi negativi disseminati nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli si è accresciuto enormemente nel corso dei secoli attraverso i commenti e le rappresentazioni artistiche. In una chiave ermeneutica segnata da una crescente demonizzazione, egli è stato visto come il rappresentante per eccellenza del popolo giudaico.
Il nostro studio è partito da un dato filologico: il verbo paradidomi non solo nei testi neotestamentari, ma anche in altri scrittori antichi, non significa mai tradire, ma sempre soltanto consegnare e così viene tradotto tutte le volte che compare nel Nuovo Testamento quando non si riferisce a Yehudah. Il significato del verbo paradidomi è ben noto a traduttori e studiosi, i quali però, trascinati dalla forza della tradizione, sono pronti a dimenticarlo ben presto, senza trarne le dovute conseguenze: se Yehudah non ha tradito Yeshua, ma lo ha consegnato, allora i trenta denari non sono la ricompensa del tradimento, il bacio non è il bacio del traditore, il suicidio non è la conseguenza del rimorso per il tradimento e così via.
Dobbiamo dunque chiederci: cosa si proponeva di ottenere Yehudah consegnando Yeshua ai sacerdoti? Se il suo scopo fosse stato quello di far morire Yeshua, arricchendosi con i frutti del proprio tradimento, per quale motivo proprio nel momento in cui il suo piano si stava realizzando, egli avrebbe dovuto invece essere sconvolto fino al punto di darsi la morte?
Marco Cassuto Morselli e Gabriella Maestri
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IL CORSO PROMOSSO DA UNIVERSITÀ DI FIRENZE CON YAD VASHEM
Riconsiderare la Shoah,
la sfida della formazione
Si è concluso negli scorsi giorni un seminario formativo avanzato residenziale, dal titolo Riconsiderare la Shoah, organizzato dall’International School for Holocaust Studies di Yad Vashem e dall’Università degli Studi di Firenze, dipartimento FORLILPSI, come attività prevista dall’accordo firmato nel 2018 in partenariato anche con l’Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana. Il seminario, il primo realizzato per un gruppo italiano dopo il periodo pandemico, si è potuto realizzare grazie a un generoso contributo del “The Pisar Holocaust Studies Program For Educators”, nella memoria di Samuel Pisar.
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Ai margini della vita sociale

Non vorrei davvero essere nei panni di quel giudice che ha deciso se l'assassino di Alika Ogorchukwu abbia ucciso per razzismo o meno. La risposta la si avrebbe soltanto ponendogli sotto le grinfie un bianco e osservando il suo comportamento, magari riprendendo la scena come se fossimo sul set di un film, anziché di fronte alla crudele realtà della nostra società spaurita e indifferente.
E non vorrei essere nei panni di quello psichiatra che dovrà stabilire se quell'assassino sia o meno uno psicopatico meritevole di attenuanti che gli garantiscano la scarcerazione immediata.
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Bruciare i pupazzi

La pratica di bruciare i personaggi invisi è autorevolmente menzionata da Francesco Lucrezi ( Dante e Purim, Moked, 20 luglio 2022, Fake news, Moked, 27 luglio 2022) laddove si sofferma, con straordinaria dovizia dottrinaria, sulla risalentissima consuetudine di bruciare l’effigie di Amman.
Quanto all’uso di bruciare un pupazzo raffigurante Giuda, l’Unesco riportava che “Vila Nova de Cerveira organises the community theatre initiative “Burning of Judas”, that aims to recover popular and profane traditions, through the creation and representation of an artistic and literary work which actively involves various associations, recreational groups and the entire local population”. Ancorché lo sciocchezzaio faccia parte del patrimonio culturale universale, non essendo nemmeno onesto che il sottoscritto vi si sottragga, appare nondimeno curioso che, per l’Unesco, dare alle fiamme un personaggio dei Vangeli, che predicano la non violenza, costituisca una pregevole attività culturale.
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I conti col passato

Sarà certo vero, come sostengono Ernesto Galli della Loggia e altri intellettuali, che la possibile vittoria elettorale del centrodestra e l'ascesa a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni in quanto leader di Fratelli d'Italia (schieramento dato in testa da tutti i sondaggi) non provocherebbero - nonostante le radici fasciste di quel partito - immediati scossoni antidemocratici e ricorsi alla violenza. Ma questo basta a rassicurarci? Una simile constatazione significa, in sostanza, considerare il postfascismo italiano innocuo e accettabile perché fondamentalmente alieno dalla violenza.
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