"Nega i diritti civili e sostiene Hamas,
nessuno guardi i Mondiali del Qatar"
Il Qatar non è esattamente un baluardo di civiltà. Non sorprende pertanto che, avvicinandosi il fischio d’inizio di uno dei Mondiali di calcio più discussi di sempre, si susseguano gli appelli a boicottare il torneo. Tra le iniziative che più stanno facendo presa la mobilitazione delle curve di alcuni club della Bundesliga, la Serie A tedesca, che hanno invitato i tifosi a non sintonizzarsi sulle emittenze che trasmetteranno le partite. Ma sono numerosi gli esempi che, a diverse latitudini, spingono nella stessa direzione. E questo nonostante le rassicurazioni del presidente della Fifa Gianni Infantino, secondo il quale il Qatar avrebbe fatto considerevoli passi avanti e risolto alcune tra le più vistose criticità. “Ospitare la Coppa del mondo ha contribuito a mettere il Qatar sulla mappa internazionale, innescando un significativo miglioramento dei diritti dei lavoratori”, una sua recente valutazione nel merito. I report di varie ong dicono però altro. Senza dimenticare, non sempre evidenziato a sufficienza, il sostegno elargito da Doha a realtà nell’orbita del terrorismo islamico. A partire da Hamas. Anche varie voci del mondo ebraico stanno intervenendo sull’argomento. “Why Jews (and everyone else) should boycott the World Cup this year” titolava negli scorsi giorni il The Forward, uno dei più autorevoli media ebraici americani. Il giudizio è netto: “Se tieni ai diritti umani e hai presente il disprezzo mortale manifestato verso i lavoratori edili, se ti preoccupano la normalizzazione dei rapporti con l’Iran e il riconoscimento internazionale di Israele, se ti inquietano il denaro che perverte le istituzioni globali e una versione della Sharia che opprime le donne, mette al bando i simboli ebraici e nega qualsiasi diritto alle persone LGBTQ +, non dovresti guardare nessuna partita e non dovresti patrocinare nessuna società che sponsorizza la vergognosa Coppa del Mondo della Fifa”.
Secondo rav Shmuley Boteach, una delle voci più influenti e mediatiche del rabbinato ortodosso, la scelta di assegnare il Mondiale al Qatar dimostrerebbe che la Fifa “è una delle organizzazioni più corrotte” in circolazione. Il rav, autore di vari saggi e best seller, ne ha parlato ai microfoni di Sky Australia. Sottolineando come quello del Qatar sia un governo “islamista, che sostiene il terrorismo ed è il principale sponsor di Hamas”. Con i soldi provenienti dal Qatar, l’accusa formulata dal rav, “Hamas fabbrica razzi e costruisce tunnel per uccidere civili e soldati israeliani”.
IL PROGETTO SPECIALE D'ISRAELE ALLA NUVOLA DI FUKSAS
L'arte e il mondo che verrà
Dall’Ucraina a Israele apre in queste ore la seconda edizione di “Roma Arte in Nuvola”, la fiera d’arte moderna e contemporanea organizzata alla Nuvola di Fuksas. Decine le gallerie italiane e internazionali che partecipano alla manifestazione, caratterizzata da una proposta espositiva che presenta al pubblico le diverse discipline: dalla pittura alle installazioni video fino alle performance. Paese ospite l’Ucraina, per dare un segnale di vicinanza alla nazione martoriata dall’invasione russa, ma anche per raccontarne attraverso l’arte la cultura e creatività. Tra le opere esposte, nella sezione progetti speciali, l’installazione 100 Years – A Journey beyond the End of Time degli israeliani Atar Geva e Nivi Alroy. Un progetto che immagina, attraverso un’opera che intreccia scultura e video, una nuova genesi dopo la fine dell’umanità. A ispirare Geva e Alroy il saggio Premio Pulitzer “The Sixth Extinction” di Elizabeth Kolbert, giornalista scientifica di The New Yorker Magazine. Secondo Kolbert gli esseri umani stanno cambiando rapidamente la forma della terra e la composizione dell’atmosfera, causando un’estinzione di massa della maggior parte degli esseri viventi. Un’estinzione che, sostiene la giornalista, molto probabilmente includerà anche il genere umano. Gli artisti israeliani hanno sviluppato questa previsione, traducendola in un’installazione artistica che si interroga sul futuro dell’umanità.
Il Museo Nazionale dell’Ebraismo e della Shoah – Meis ha organizzato in queste ore, in collaborazione con l’Accademia Corale Vittore Veneziani e l’ISCO di Ferrara, un incontro dal titolo “Note sulle note” dedicato a due grandi musicisti ferraresi: Vittore Veneziani e Fidelio Finzi.
Questo mi ha ricordato un mio intervento alla conferenza stampa del 12 giugno 2018 del Teatro alla Scala di Milano per la presentazione del Fidelio di quell’anno, nel quale parlai, tra l’altro, proprio, di Vittore Veneziani. Il teatro alla Scala dedicò in quell’occasione la rappresentazione del Fidelio, unica opera lirica di Ludwig Von Beethoven, alla memoria di due grandi musicisti: Erich Kleiber (Vienna, 1890) e lo stesso Veneziani (Ferrara, 1878). Kleiber era stato il celebre direttore d’orchestra, di origine austriaca vivente in esilio, che rifiutò, benché già scritturato, di dirigere, alla Scala, proprio Fidelio, perché aveva appreso che ai cittadini ebrei, dopo il varo delle leggi antiebraiche dell’Italia fascista, erano stati revocati gli abbonamenti già acquistati per l’anno 1939.
Molte straordinarie figure di Maestri hanno segnato la storia della Padova ebraica nel corso dei secoli. Al loro fianco personaggi distintisi anche in altri ambiti di interesse pubblico e la cui eredità resta più che mai viva. Ad approfondire questo contributo una nuova opera fresca di stampa: “Gli ebrei a Padova dal Medioevo ai giorni nostri. Il valore di una presenza”, raccolta di saggi pubblicata da Giuntina sotto il coordinamento di un comitato scientifico composto da Gadi Luzzato Voghera, direttore della Fondazione CDEC, rav Adolfo Locci, rabbino capo di Padova, Maddalena Del Bianco Cotrozzi, ordinaria di Storia dell’ebraismo all’Università di Udine, e Pier Cesare Ioly Zorattini, già ordinario di Storia delle Religioni nel medesimo ateneo. Pagine da sfogliare che riprendono i temi sollevati nel corso di un convegno incentrato su questi temi. Contributi diversi e che nella loro ricchezza – scrive il presidente del Veneto Luca Zaia nell’introduzione – “hanno sia un valore intrinseco per la conoscenza storica che di stimolo a ulteriori ricerche”.
Nella giornata di domenica il teatro Galli di Rimini ospiterà il primo convegno internazionale dedicato ai sonderkommando. Promossa dall’amministrazione comunale insieme alla Fondazione Museo della Shoah di Roma e al Mémorial de la Shoah di Parigi, con la collaborazione del Museo di Auschwitz e dell’Istituto storico della Resistenza locale, l’iniziativa renderà in particolare omaggio, nel decennale della scomparsa, alla figura di Shlomo Venezia. "Testimoni dello sterminio" è il titolo del convegno. Una definizione, viene evidenziato, “che sottolinea la situazione tragicamente eccezionale di questo piccolo gruppo di detenuti”. Obbligati ad un compito orribile, “i Sonderkommando non avevano speranza di rimanere in vita, ma venivano periodicamente eliminati e sostituiti con altri prigionieri”. Venezia, perseguitato e deportato con la sua famiglia da Salonicco, fu scelto col fratello e un cugino. Fu uno dei pochissimi a sopravvivere. “Non ho più avuto una vita normale. Non si esce mai, per davvero, dal crematorio” racconterà nel suo libro di memorie. A ricordarlo sarà tra gli altri il figlio Mario, attuale presidente della Fondazione Museo della Shoah. Molte le iniziative di Memoria in programma anche tra Roma, Milano e Trieste.
Un secolo di testimonianza, Livorno onora Aldo Liscia
“Ho avuto una vita talmente intensa che neanche mi sono reso conto di essere arrivato a cent’anni” raccontava Aldo Liscia nell’occasione del suo centesimo compleanno, festeggiato nel gennaio del 2021. Una lunga vita segnata in gioventù dalla persecuzione nazifascista. E da una dolorosa vicenda che vide opposta la sua famiglia, proprietaria di una villa nel quartiere livornese di Antignano, a quella dei potenti Ciano. Con la promulgazione delle leggi razziste Galeazzo, ministro degli Affari Esteri e genero di Mussolini, minacciò il padre di Aldo: “Sappiamo dove sta tuo figlio, potrebbe succedergli qualcosa”. Adolfo Liscia fu così costretto a cedere l’edificio “a un prezzo ridicolo”. Aldo nel frattempo era riparato nel sud della Francia, da dove sarebbe poi emigrato in Svizzera. Passano gli anni, l’Italia abbraccia la democrazia, ma la famiglia Liscia è costretta a dar battaglia per recuperare la sua proprietà. Sarà un’aula di tribunale a decretare la restituzione di Villa Giulia (oggi Villa Liscia) ai legittimi proprietari. “Abbiamo vinto noi”, gioiva Aldo con Pagine Ebraiche nel ricordare quegli eventi. Assiduo testimone nelle scuole, l’ingegner Liscia (che vive ormai da vari anni a Torino) riceverà domani un’alta onorificenza dalla sua città d’origine: una copia delle Leggi Livornine, simbolo dell’antica vocazione al pluralismo che la contraddistingue, che gli sarà attribuita dal sindaco Salvetti nel corso di una cerimonia istituzionale.
Cordoglio a Milano e nella comunità degli Italkim, gli italiani d’Israele, per la morte di Vittoria Silvana Genah. “Eshet chayil, donna virtuosa e battagliera per il bene, con la tua grinta hai superato prove difficili, come lo sradicamento dalla Libia, in cui siamo nati, la ricostruzione dignitosa nell’Italia che ci ha accolti, la semina in Terra d’Israele” il ricordo del figlio Raphael Barki, già presidente del Comites di Tel Aviv. Nata a Tripoli nel 1931, dove aveva sposato il marito Enrico Barki, nell’estate 1967 è costretta a lasciare la Libia assieme alla famiglia a causa delle violenze anti-ebraiche scoppiate nel paese sulla scia della Guerra dei sei giorni.