“Non ci sarà pace tra le nazioni senza pace tra le religioni. Non ci sarà pace tra le religioni senza dialogo tra le religioni.” Questo assunto del teologo svizzero Hans Küng ha costituito la premessa alla seconda giornata di lavori dei Colloqui ebraico-cristiani in svolgimento a Camaldoli, nel monastero benedettino che dal 1980 ad oggi ha visto alternarsi centinaia di relatori di entrambe le comunità religiose. È il concetto stesso di comunità, anche di fronte al crescente individualismo della società moderna, a costituire il filo conduttore della 42esima edizione che andrà a concludersi domenica.
Due le tentazioni da rifuggire, ha ammonito tra gli altri il presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana rav Alfonso Arbib nel suo intervento: un futuro senza passato e un passato senza futuro. Confrontandosi con il pubblico dei Colloqui, tra cui una significativa componente giovanile, il rav ha illustrato cosa si intende oggi per comunità ebraica, come si compone, quale ne è l’anima e prospettiva sia storica che valoriale. Una sfida, “essere Comunità”, nel segno anche dell’unità.
Tra i relatori che hanno preso la parola stamane, nelle ore che precedono lo Shabbat, l’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede Raphael Schutz. “Alla ricerca di una comunità in una società eterogenea: la sfida di Israele” il tema sviluppato in una relazione che ha posto l’accento sulle “regole del gioco” del multiculturalismo, rifacendosi anche a un celebre discorso dell’ex Presidente israeliano Rivlin sulle “tribù” che costituiscono l’identità plurale del Paese (ebrei laici, religiosi sionisti, haredim, cittadini arabi) e sull’impegno a favorire una armonica coesistenza. L’impressione del diplomatico è che nella vita quotidiana il processo d’integrazione nel rispetto delle differenze si stia venendo a consolidare sempre di più. Il problema sarebbe invece nella parziale carenza di “una visione generale”.
A presentare la situazione italiana la presidente UCEI Noemi Di Segni, che ha tra l’altro esposto alcuni snodi storici che hanno segnato i rapporti tra minoranza ebraica e istituzioni dello Stato. Dallo Statuto Albertino alla legge Falco, per arrivare infine alla stipula delle Intese. Tra i temi affrontati anche le diverse forme di ebraismo presenti sul territorio, l’attività dei movimenti giovanili, il dialogo con la società esterna, i modelli di educazione ebraica. Un accenno anche al lavoro che porterà all’elaborazione di 16 schede per l’aggiornamento dei testi in uso nelle scuole, superando alcuni pregiudizi e storture. La presidente UCEI si è vista poi assegnare da Marco Cassuto Morselli, presidente della Federazione delle Amicizie Ebraico-Cristiane in Italia, il premio annuale della Fondazione (i cui precedenti vincitori sono stati padre Innocenzo Gargano, Alexander Rofé e Rosella Perrera). Tra gli intervenuti anche lo storico italo-israeliano Asher Salah, con una lezione su “Leadership e processi decisionali nella storia dell’ebraismo italiano”. Lo studioso ha parlato in particolare dell’impatto della “modernità” sui diversi modelli europei, dalla Germania alla Francia, dall’Inghilterra all’Italia. Ponendo tra gli altri il tema del rapporto tra leadership rabbinica e leadership cosiddetta laica.
“Molti gli spunti di riflessione che stanno emergendo anche in questa edizione, confermando il valore del modello Camaldoli”, afferma Cassuto Morselli. “Il lavoro svolto in questi decenni ha prodotto risultati importanti, che potrebbero avere benefici anche all’estero. Penso ad Israele, per l’appunto. Il mio sogno è quello di una Camaldoli israeliana, che parta non dalle istituzioni ma dal basso. Come il gruppo di persone motivate che hanno ideato e continuano a tener vivi i Colloqui”.
Gli Stati Generali dell’Ebraismo Italiano tenutisi di recente a Roma sono iniziati con una dedica. Una pubblica testimonianza di apprezzamento nei confronti di due figure che hanno lasciato un segno profondo, ciascuna nel suo ambito: Giacomo Saban e Clotilde Pontecorvo. Il tema dell’educazione che ha contraddistinto i lavori della due giorni romana è stato in particolare il pane quotidiano di quest’ultima, tra le più importanti esperte di psicologia dell’educazione in Italia e professore emerito dell'Università La Sapienza.
La vita terrena di Pontecorvo si è conclusa, all’inizio di novembre, all’età di 86 anni. A un mese dalla scomparsa un limmud svoltosi al Centro Ebraico Il Pitigliani ha fatto memoria del suo lascito alle nuove generazioni, componendo vari tasselli della sua vita e del suo impegno.
IL FILM CON 14 NOMINATION AGLI ISRAEL OPHIR AWARDS
Da Kiev a Israele, un matrimonio difficile
Una giovane donna ucraina, Valeria, arriva in Israele per incontrare il futuro marito. Il suo è un matrimonio combinato online, com’era stato quello della sorella maggiore Christina che già vive serena in Israele e si augura che la sorella segua il suo esempio. Quando infine Valeria incontra davvero il suo presunto sposo Eitan, le cose non vanno come previsto e ognuno si trova a fare i conti con una realtà diversa dalle aspettative.
Diretto dalla regista israeliana Michal Vinik, Valeria is getting married schiude gli scenari precari dei matrimoni internazionali combinati e le dinamiche di potere che implicano. Mentre Valeria è in preda ai dubbi, Michael, il marito della sorella, è frustrato perché rischia di perdere la notevole somma che ha ricevuto per aver presentato Valeria a Eitan. Intanto, quest’ultimo è imbarazzato e ferito dal rifiuto di una donna che tutti si aspettano si dimostri grata e la sua famiglia è su tutte le furie. Chiamata in causa dall’inaspettata reazione della sorella, Christina è invece costretta a realizzare la precarietà della sua condizione di fresca immigrata e moglie.
La nostra parashà inizia descrivendo l’incontro di Giacobbe con suo fratello Esaù dopo venti anni di lontananza. Prima del temuto incontro, Giacobbe ne farà un altro: questa volta con uno “strano” personaggio che verrà identificato da Giacobbe con un Messaggero divino, che lo terrà impegnato tutta la notte in combattimento. Questo combattimento porterà due conseguenze: una fisica e l’altra spirituale.
Ja’aqov verrà colpito al nervo ischiatitico, cosa che lo lascerà invalido per tutta la vita.
Gli verrà poi cambiato il nome in Israel (con la motivazione di saper combattere e vincere, sia con D-o che con l’essere umano), che sarà il nome con cui si identificherà per l’eternità la sua discendenza. Se il nome Ja’aqov – che deriva da “aqév, tallone” – simboleggia la tortuosità del suo comportamento, Israel ne simboleggia invece la rettitudine.