Herzi Halevi alla guida dell'esercito d'Israele
"Rimarremo uniti, professionali e morali"
“Guardando indietro, ogni ruolo che ho svolto nei miei 37 anni di servizio ha contribuito a questo momento”. Il momento in cui Herzi Halevi è diventato ufficialmente il ventitreesimo capo di Stato maggiore d'Israele. In queste ore infatti il suo incarico alla guida dell'esercito israeliano ha preso avvio, dopo il passaggio di consegne con il suo predecessore Aviv Kochavi. “Nei 75 anni della nostra indipendenza ci siamo trasformati da un Paese circondato da nemici in un Paese che ha una posizione di vantaggio, con la sua potenza e le sue capacità avanzate”. Non per questo, ha detto Halevi, si può abbassare la guardia. “Molte minacce diverse continuano a svilupparsi intorno a noi”. Tra queste, le tensioni in Cisgiordania, la minaccia terroristica da Gaza e i tentativi del nemico iraniano di radicarsi nella regione. “Prepareremo l'esercito per la guerra in arene lontane e vicine; espanderemo il reclutamento di qualità da tutti gli strati della popolazione, la fonte della nostra forza; rafforzeremo la riserva e manterremo un esercito unito, concentrato, morale e professionale, libero da tutte le considerazioni diverse dalla sicurezza”, ha dichiarato Halevi. Un riferimento quest'ultimo all'influenza che l'ala più estremista dell'attuale governo Netanyahu vuole avere sulle forze di sicurezza.
“Isaia, parole profetiche che indicano una strada”
Decine di incontri in tutta Italia ad animare la 34esima edizione della Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei dedicata quest’anno al brano profetico di Isaia 40: “Consolate, consolate il mio popolo”. A confrontarsi nel merito rabbini, studiosi, esponenti del clero. “Il popolo di Israele, pur colpito da sciagure, sa che dopo il lutto viene la consolazione, la vita riprende, il legame con il Signore torna ad esprimersi su toni più sereni, nell’attesa fiduciosa della completa redenzione, su questo percorso il messaggio è sempre valido”, scrive l’Assemblea dei Rabbini d’Italia in un testo approntato per la Giornata in svolgimento. Un messaggio particolare e al tempo stesso universale: “In questi ultimi anni sono successe tante cose negative e non ne siamo ancora venuti fuori. Il passo profetico indica una strada, una direzione, una consolazione, purché l’essere umano sappia mettersi in ascolto della voce del Signore e con tale guida comprenda quale è il suo ruolo e il suo compito".
Atleti e corridori esperti, ma anche famiglie e semplici camminatori. È aperta a tutti la nuova edizione della Run for Mem, la corsa per la Memoria consapevole ideata dall’UCEI, che si terrà quest’anno a Milano, il 29 gennaio mattina, in sinergia con la Comunità ebraica cittadina e con la partecipazione come testimonial degli ex olimpionici Shaul Ladany e Alberto Cova.
“L’idea è di affermare la vita, che continua nonostante tutti i tentativi, perpetrati nel corso dei secoli, di sterminare gli ebrei, così come altre popolazioni, con genocidi e massacri. La vita continua e la forza di vivere, a volte di sopravvivere, va trasmessa con convinzione, avendo il coraggio di raccontare quanto accaduto affinché non si ripeta mai più. Lo faremo con la partecipazione di tutta la cittadinanza, attraverso un percorso nel quale incroceremo la storia; correndo assieme trasmetteremo questo forte messaggio di vita”, dichiarano UCEI e Comunità ebraica di Milano nel dare appuntamento all’evento. Oltre al percorso lungo di 12 chilometri è previsto un itinerario più breve, di 4,8 chilometri, ideale anche per le famiglie. Punto di partenza in entrambi i casi sarà piazza Edmond Safra, davanti al Memoriale della Shoah cittadino, con arrivo previsto alla sinagoga di via della Guastalla. Nel percorso breve è in programma anche una sosta davanti alla pietra d’inciampo collocata in ricordo di Wanda Vera Heiman (1887-1944).
(Nell’immagine: Shaul Ladany nell’ultima edizione della Run for Mem a Novara)
È possibile partecipare alla corsa iscrivendosi gratuitamente sul sito www.ucei.it/runformem.
Leone Efrati, pugile e simbolo:
una storia sottratta all’oblio
Dal titolo mondiale dei pesi piuma conteso a Leo Rodak nel dicembre del 1938, in una Chicago ribollente di passione sportiva, all’Italia delle leggi razziste in cui scelse di tornare poche settimane dopo per stare accanto alla moglie Ester e al figlio Romolo e in cui la persecuzione dei diritti da poco avviata dal regime sarebbe presto diventata anche persecuzione delle vite, risucchiandolo nell’abisso senza ritorno del lager.
Una vicenda a lungo dimenticata quella del pugile romano Leone Efrati, cui Antonello Capurso dedica il suo ultimo libro La piuma del ghetto (ed. Gallucci). Un romanzo, ma con solide basi storiche, che accompagna il lettore con una serie di scene che si imprimono nella mente e nel cuore. Formidabile esempio di storytelling tra Memoria e sport, al centro di una serata svoltasi alla Fondazione Museo della Shoah alla presenza dei tre figli del pugile: Romolo, Letizia ed Elio.
La serata, in collaborazione con il Centro di Cultura della Comunità ebraica di Roma, si è aperta con i saluti del presidente della Fondazione Museo della Shoah Mario Venezia e dell’assessore comunitario alla Memoria Massimo Finzi. A dialogare con l’autore lo storico Amedeo Osti Guerrazzi e il giornalista Adam Smulevich.
“Memorie di famiglia” rappresenta ormai un appuntamento fisso del gennaio romano. Una staffetta tra generazioni sotto l’egida del Centro ebraico Il Pitigliani che dell’iniziativa – giunta quest’anno alla dodicesima edizione – è l’ente promotore. Molti i capitoli aperti dal 2010 ad oggi, davanti a un pubblico sempre numeroso e coinvolto. Domenica 22 gennaio, a partire dalle 10.30, il focus sarà su alcune vicende di donne ebree italiane, con la consulenza storica di Anna Foa.
Proprio Foa è la curatrice di un volume appena edito da Giuntina che raccoglie una serie di interventi tra i più significativi di questo percorso. Un compendio in cui varie e diverse sono le storie, i contesti, gli spunti di riflessione. “A quasi 80 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale è doveroso interrogarsi su come trasmettere la Memoria della Shoah, soprattutto quando i testimoni diretti della persecuzione e della deportazione non potranno più raccontare quello che hanno visto e sopportato. Con ‘Memorie di famiglia’ abbiamo cercato di fornire una risposta originale a questo grande interrogativo” spiegano Giordana Menasci e Anna Orvieto, le due ideatrici del progetto, nella loro introduzione.
LA NUOVA ASSOCIAZIONE CULTURALE COSTITUITA A TRIESTE
“Giorgio Pressburger, una vita da studiare”
Sarà dedicata allo studio e alla valorizzazione della vita e del pensiero di Giorgio Pressburger l’associazione culturale appena costituita a Trieste nel suo nome e con presidente Mauro Caputo, regista e curatore dei diritti delle opere del grande intellettuale ebreo nato a Budapest nel 1937 e morto nel 2017 nella città giuliana. Dal 1975 fino alla scomparsa, la sua nuova patria “a metà strada tra Budapest e Roma”. Tra gli obiettivi dell’associazione la realizzazione di un archivio fotografico digitale che possa raccogliere “numerosi materiali dispersi, valorizzandoli in un unico contenitore tramite un accurato lavoro di digitalizzazione e schedatura”. L’auspicio, si sottolinea, è che tale lavoro “possa servire come fonte archivistica per gli studiosi che potranno accedere ai materiali, ma anche al pubblico, che avrà modo di conoscere la vita ed il lavoro di una delle figure più significative del panorama culturale del Novecento”.
Nato e cresciuto a Praga, ma cittadino del mondo e di casa in particolare a Roma dove visse oltre 50 anni, Ludwig Pollak è stato uno dei più grandi esperti e mercanti d’arte del Novecento. Porta la sua firma il ritrovamento di opere patrimonio universale dell’umanità come il braccio mancante del Laocoonte poi donato ai Musei Vaticani. Pollak aveva 75 anni quando cadde prigioniero delle SS durante la retata nazifascista del 16 ottobre del 1943, preludio alla deportazione ad Auschwitz-Birkenau cui fu destinato insieme alla seconda moglie Julia e ai figli Wolfgang e Susanna, avuti dal matrimonio con la prima moglie Margarete. Nessuno di loro avrebbe fatto ritorno.
Si apre nel segno di una delle sue opere più importanti, Bronzi italiani (Trecento-Settecento), l’iniziativa “Il libro del mese” promossa dalla Biblioteca Luigi De Gregori del Ministero dell’Istruzione e del Merito. Nell’occasione del Giorno della Memoria il libro è da ieri esposto nella Sala della Legislazione Scolastica, al piano terra del palazzo ministeriale di viale Trastevere.
Grande successo di pubblico per il concerto organizzato dalla Comunità ebraica di Vercelli per il progetto “Ogni Giorno è Memoria”, supportato da Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, Fondazione CR Vercelli, Regione Piemonte e Comune di Vercelli. Ad esibirsi all’evento “In Memoria di un amico. Angelo Gilardino e Mario Castelnuovo-Tedesco” sono stati Elizabeth Hertsberg (soprano), Alessandro Guarneri (chitarra) e Simonetta Heger (pianoforte). Ospite speciale Diana Castelnuovo-Tedesco, nipote del famoso e amato compositore che ha raccontato al pubblico non solo aneddoti legati al rapporto tra il nonno e il Maestro Gilardino, ma anche qualche suggestione dalla sua infanzia.