27 GENNAIO AL QUIRINALE - LA CERIMONIA PER IL GIORNO DELLA MEMORIA

“Responsabilità italiane, serve più consapevolezza”

“Mai più a un mondo dominato dalla violenza, dalla sopraffazione, dal razzismo, dal culto della personalità, dalle aggressioni, dalla guerra. Mai più a uno Stato che calpesta libertà e diritti. Mai più a una società che discrimina, divide, isola e perseguita. Mai più a una cultura o una ideologia che inneggia alla superiorità razziale, all’intolleranza, al fanatismo”.
Dal Palazzo del Quirinale, il Capo dello Stato Sergio Mattarella esprime chiare e ferme parole sul dovere di fare Memoria. Un’azione rivolta al futuro che nasce da un confronto consapevole con il passato, i suoi errori e i suoi orrori. Il sistema di Auschwitz e dei campi a esso collegati, ha evidenziato durante la solenne cerimonia per il 27 gennaio, tornata quest’anno nel palazzo presidenziale, fu infatti “l’estrema, ma diretta e ineluttabile conseguenza di pulsioni antistoriche e antiscientifiche, istinti brutali, pregiudizi, dottrine perniciose e gretti interessi, e persino conformismi di moda”. Il culmine di un processo innescato in Italia dalle leggi razziste dal ’38, l’atto infame di un regime che “agì crudelmente contro una parte del nostro popolo”. Numerosi i richiami ai crimini del fascismo e a quanti permisero l’orrore nel suo progressivo dipanarsi, dalla persecuzione dei diritti a quella delle vite. “Agli italiani di origine ebraica fu sottratta, da un giorno all’altro, la cittadinanza, ossia l’appartenenza allo Stato”, ha ricordato Mattarella. “Tra questi innocenti – ha poi aggiunto – vi erano numerosi volontari e decorati della prima guerra mondiale, protagonisti della vita sociale, culturale, economica dell’Italia. Vennero espulsi dall’esercito, dalla pubblica amministrazione, dalle scuole e dalle università. Fu loro vietato l’esercizio della libera professione. I loro libri, le loro opere d’arte, vennero bandite e bruciate. I beni confiscati. Il loro censimento in quanto ebrei favorì la successiva concentrazione nei ghetti o nei campi di detenzione e consentì ai carnefici nazisti di portare a termine l’infame opera di deportazione, su vagoni bestiame, verso le fabbriche della morte”. Nel nord e nel centro Italia, il suo ulteriore riferimento, “dopo i drammatici fatti seguiti all’otto settembre del 1943 le milizie fasciste parteciparono alla caccia e alla cattura degli ebrei, che furono consegnati alle SS tedesche”. Un meccanismo di distruzione che “non si sarebbe messo in moto se non avesse goduto di un consenso, a volte tacito ma comunque diffuso, nella popolazione”. Un consenso con gradi e motivazioni diversi: “L’adesione incondizionata, la paura, ma anche, e spesso, il conformismo e quell’orribile apatia morale costituita dall’indifferenza”. Poche e isolate, è stato sottolineato, “furono le figure illuminate che, in Germania e in Italia, levarono la propria voce per condannare il razzismo e la sua letale deriva”. Un presidio da difendere, nell’Italia democratica, affinché tutto ciò non accada mai più: “I principi della nostra Costituzione repubblicana e la Carta dei Diritti Universali dell’Uomo” come “radicale negazione dell’universo che ha portato ad Auschwitz”.

Ad intervenire in precedenza erano stati la presidente UCEI Noemi Di Segni e il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, oltre al presidente della Fondazione CDEC Giorgio Sacerdoti, con una relazione introduttiva dal titolo “Dai diritti violati ai diritti tutelati”, e Ugo Foà, oggi 95enne, che bambino fu espulso dai banchi di scuola. In sala le più alte cariche istituzionali del Paese – il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il Presidente del Senato Ignazio La Russa, il Presidente della Camera Lorenzo Fontana – oltre ai Testimoni della Shoah Edith Bruck e Sami Modiano. “Far memoria significa essere in grado di aprire il nostro vocabolario, capire il significato che hanno per noi certe parole, saper aggiungere quelle che ancora mancano – responsabilità e coerenza – saper mettere accanto a certi termini la spiegazione completa, affinché gli studenti di oggi sappiano quel che è stata l’Italia negli anni ’38-’45, sappiano leggere la voce Shoah nel suo pieno significato italiano”, uno dei messaggi condivisi nel suo discorso da Di Segni. “Ma sappiano anche, e non solo gli studenti, quel che è stata l’Italia nel ventennio fascista, i suoi retaggi celati nel dopoguerra ed oggi nostalgicamente rievocati”. Fare Memoria, ha proseguito la presidente UCEI, non significa ascoltare “con una carezza misericordiosa gli ebrei per lo sterminio di sei milioni”, ma è consapevolezza “delle responsabilità italiane, capire che l’indifferenza è stato quel vocabolo che ha fatto la differenza”.

Valditara ha quindi ricordato tutti quei cittadini “di religione ebraica sterminati per colpa del collaborazionismo del regime fascista che consentì e anzi favorì la loro deportazione: non possiamo dimenticare che già il decreto legge n. 1728 del 17 novembre 1938, contenente ‘Provvedimenti per la difesa della razza’, vietò alcuni diritti fondamentali ai cittadini ebrei” e che poi l’articolo 1 comma 3 del codice civile del 1942 “limitò la capacità giuridica ai cosiddetti non ariani e in special modo agli ebrei”. “Ricordare – il suo monito – è ancora più importante oggi che sta rinascendo l’antisemitismo in Europa. Un documento della Commissione europea attesta come il 38% dei cittadini europei di religione ebraica abbia paura e pensi di andarsene dal nostro Continente, erano il 7% nel 2008. In alcune città europee si ha timore ad indossare la Kippah. Se questo accade significa che abbiamo sbagliato qualcosa, che non abbiamo ricordato abbastanza”. Non deve dunque stupire, la sua analisi, “che percentuali crescenti di giovani europei non abbiano mai sentito parlare della Shoah, percentuali che raggiungono il 25% in Francia”. L’antisemitismo, ha concluso Valditara, “ha tante facce, ma ha alla base un unico problema: la incapacità di chi, perso nelle nebbie o negli abissi del proprio sé, non sa immedesimarsi nell’altro, non sa sentire l’altro, chiunque esso sia”.

(Nelle immagini: l’intervento del Capo dello Stato Sergio Mattarella; la premiazione del concorso “I giovani ricordano la Shoah”; l’intervista a Ugo Foà, vittima a 10 anni delle leggi razziste)

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27 GENNAIO AL QUIRINALE - L'INTERVENTO DEL CAPO DELLO STATO

"Costituzione, risposta ad Auschwitz"

Rivolgo un saluto molto cordiale, ai Presidenti del Senato, della Camera e del Consiglio dei ministri, alla Vice Presidente della Corte Costituzionale, a tutti i presenti e a quanti stanno seguendo questo momento di memoria. Un saluto particolare Edith Bruck e Sami Modiano, ringraziandoli per essere qui.
Ogni anno, il Giorno della Memoria, istituito con legge nel 2000, ci sollecita a ricordare, a testimoniare e a meditare sui tragici avvenimenti che attraversarono e colpirono l’Europa nella prima metà del secolo scorso, il Novecento; definito, da alcuni storici, non senza ragione, come «il secolo degli Stermini».
Lo facciamo, sempre, con l’animo colmo di angoscia e di riprovazione. Gli anni che sono passati da quegli eventi luttuosi, infatti, non attenuano il senso di sconforto, di vuoto esistenziale, di pena sconfinata per le vittime innocenti che si prova di fronte alla mostruosità del sistema di sterminio di massa – degli ebrei e di altri gruppi considerati indegni di vivere - pianificato e organizzato dal nazismo hitleriano e dai suoi complici in Europa.
Il sistema di Auschwitz e dei campi ad esso collegati fu l’estrema, ma diretta e ineluttabile, conseguenza di pulsioni antistoriche e antiscientifiche, di istinti brutali, di pregiudizi, di dottrine perniciose, di gretti interessi, e persino di conformismi di moda.
Tossine letali – razzismo, nazionalismo aggressivo e guerrafondaio, autoritarismo, culto del capo, divinizzazione dello Stato - che circolarono, fin dai primi anni del secolo scorso, dalle università ai salotti, persino tra artisti e scienziati, avvelenando i popoli, offuscando le menti, rendendo aridi cuori e sentimenti.
 

Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica

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27 GENNAIO AL QUIRINALE - L'INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE CDEC

“Dai diritti violati ai diritti tutelati”

Esprimo anzitutto la mia gratitudine al Presidente Mattarella per avermi invitato a tenere questo intervento ufficiale nel Giorno della Memoria 2023. Vorrei fare una panoramica su come nell’Italia democratica a partire dall’immediato dopoguerra è stata dapprima realizzata la reintegrazione dei diritti delle vittime delle leggi razziste fasciste del 1938-45 (una fase prolungatasi addirittura fino agli anni 1980). Poi, negli anni fino alla fine del secolo, si è realizzata l’uguaglianza e la pari dignità di tutte le confessioni (con l’intesa costituzionale tra Unione delle Comunità e Stato nel 1987-89), indi nel 1993 con la Legge Mancino si sono approntati gli strumenti per contrastare a livello penale delle manifestazioni di razzismo. Fino a giungere nell’anno 2000 alla istituzione del Giorno della Memoria, un vero e proprio spartiacque in materia. Essa riflette la consapevolezza, faticosamente acquisita a distanza di decenni, dell’enormità della Shoah e della necessità di fondare su quel ricordo, applicato all’esperienza dell’oggi, politiche pubbliche per combattere il pregiudizio, i discorsi di odio e l’antisemitismo.
Di qui in anni recentissimi la messa in atto vere e proprie strategie, in Italia e a livello europeo volte a contrastare questi fenomeni con azioni mirate sul piano dell’educazione e della formazione in quanto minacce alla coesione sociale e all’ordine democratico.

Giorgio Sacerdoti, presidente della Fondazione CDEC

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LA COMMEMORAZIONE ALLA CAMERA DEI DEPUTATI

“Carlo Finzi, una storia da conoscere”

Lavorò nell’amministrazione per 37 anni Carlo Finzi, nato a Firenze nel 1876 ed entrato alla Camera nel 1898 come aiuto stenografo. Vi avrebbe trascorso l’intera vita professionale, fino a diventare direttore dei servizi di revisione, statistica legislativa e stenografia, oltre che del “Bollettino parlamentare”. Porta la sua firma, tra gli altri, lo studio “L’autonomia amministrativa ed economica delle Assemblee legislative” del 1934. Finzi fu catturato il 16 ottobre 1943 nel rastrellamento nazifascista degli ebrei romani e deportato ad Auschwitz, dove fu subito assassinato insieme alla moglie Fortunata Coen e ai figli Adriana, Enrico e Luciana. A farne memoria un evento svoltosi nella Sala del Mappamondo della Camera dei deputati, che per l’occasione ha scelto di ripubblicare questo suo approfondimento.

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LA NOMINA DECISA DALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO

Lotta all’antisemitismo in Italia:
Pecoraro il nuovo coordinatore

L’ex prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro è il nuovo coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo. Ad annunciarlo Palazzo Chigi, in una nota diffusa nelle scorse ore in cui si ringrazia l’ex coordinatrice Milena Santerini “per il prezioso lavoro svolto in questi anni” e si esprimono “i migliori auguri al prefetto Pecoraro per il nuovo incarico”.
Nato a Palma Campania nel 1950, Pecoraro è stato prefetto anche a Prato e Benevento, oltre che Commissario all’emergenza rifiuti di Roma Capitale e procuratore generale della Federcalcio. Ha anche presto servizio presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del ministero dell’Interno, prima come capo della segreteria del Capo della Polizia e successivamente come vice capo della Polizia preposto all’attività di coordinamento e di pianificazione. Alle ultime elezioni politiche si era candidato alla Camera nel collegio uninominale Campania 1, con Fratelli d’Italia, non risultando eletto.
Così la Presidente UCEI Noemi Di Segni nel commentare la notizia: “La nomina del prefetto Giuseppe Pecoraro quale nuovo coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo è un segnale importante che ci arriva da Palazzo Chigi in queste ore intense di appuntamenti dedicati alla Memoria. Ringraziamo di ciò la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, esprimendo al neo coordinatore i nostri migliori auguri per un fecondo lavoro rispetto alle molteplici sfide che connotano oggi l’antisemitismo in Italia”. 

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LE COMMEMORAZIONI PER IL 27 GENNAIO E L'ATTESA PER LA RUN FOR MEM

Milano, correre per non dimenticare

Davanti all’ex Albergo Regina, che dal 13 settembre 1943 alla Liberazione fu sede delle SS e della Gestapo, ha preso il via nelle scorse ore la commemorazione ufficiale del Giorno della Memoria a Milano. Come recita la targa presso l’ex Albergo Regina: “Qui furono reclusi, torturati, assassinati, avviati ai campi di concentramento e di sterminio antifascisti, resistenti, ebrei di cui il nazismo e il fascismo avevano deciso il sistematico annientamento”. Da qui domenica (29 gennaio) passeranno i partecipanti della Run For Mem, la corsa non competitiva per la Memoria organizzata dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane insieme alla Comunità ebraica milanese.
Due i percorsi possibili per chi ha scelto di aderire alla manifestazione: uno da 4,8 chilometri, uno da 12. Entrambi seguono un itinerario legato ai luoghi della Memoria, ma anche della vita ebraica della città. A partire dal Memoriale della Shoah, in Piazza Edmondo Safra 1, dove alle 10.30 prenderà il via la manifestazione. “Abbiamo già avuto molte adesioni, ma speriamo soprattutto che partecipino molti giovani”, l’auspicio del vicepresidente UCEI Milo Hasbani nel corso della cerimonia all’ex Albergo Regina.

Alle nuove generazioni si è rivolto il pensiero del presidente della Fondazione Memoriale della Shoah Roberto Jarach. “La nostra azione è rivolta al massimo ai giovani affinché custodiscano i valori della Memoria, li conservino per migliorare la società. Raggiungeremo come Memoriale il traguardo delle cinquantamila visite di studenti. Numeri che ci confortano e su cui continueremo a lavorare”, le parole di Jarach. “Ci colpiscono e rattristano le parole della senatrice Segre rispetto alla possibilità che presto la Shoah diventi solo una riga sui libri di storia. Dobbiamo impedire a tutti i costi che questo accada”, l’impegno dell’assessore al Bilancio di Milano Emmanuel Conte. All'assessore Hasbani ha poi consegnato simbolicamente una borsa della Run For Mem (nell'immagine), a cui il Comune ha dato il proprio patrocinio.

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IL 27 GENNAIO A TRIESTE 

"Risiera di San Sabba, lezione per il presente"

Il 18 settembre del 1938 Mussolini annunciò da Trieste, in piazza Unità d’Italia, l’entrata in vigore delle leggi razziste.
“Se nella nostra città nel settembre del ’38 è stato seminato il seme dell’odio è altrettanto vero che a Trieste non ha attecchito, ma è, invece, cresciuto forte l’albero dell’amore e della convivenza dove culture, religioni, razze si trovano e incontrano e, insieme, contribuiscono alla nostra crescita sociale, culturale ed economica” il pensiero espresso dal sindaco della città giuliana Roberto Dipiazza durante la cerimonia per il Giorno della Memoria svoltasi alla Risiera di San Sabba, l’unico campo di sterminio in funzione in territorio italiano. A partecipare all’evento una delegazione della Comunità ebraica triestina guidata dal suo presidente Alessandro Salonichio e dal rabbino capo Alexandre Meloni. 

(Foto Giovanni Montenero)

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27 GENNAIO A TRIESTE - LA PRESENTAZIONE AL CIRCOLO DELLA STAMPA

Shoah, pagine per riflettere

“Giornalisti, leggi razziali e la Shoah. Nel Giorno della Memoria il ricordo dei colleghi ebrei perseguitati dal fascismo”.
Questo il tema di un incontro pubblico, svoltosi al Circolo della Stampa di Trieste, su iniziativa dello stesso, dell’Ordine dei giornalisti e dell’Assostampa FVG con la collaborazione della Comunità ebraica triestina. Ad intervenire è stato tra gli altri Davide Romanin Jacur, assessore UCEI ed ex presidente della Comunità ebraica di Padova, chiamato a una riflessione attorno ai suoi libri KZ lager e KZ 2 e all’impegno per una corretta trasmissione di Memoria alle nuove generazioni.
“Mi è chiaro il senso del dovere: la necessità di continuare a interrogarmi perché la Shoah ebbe luogo e promettere, a quell’esagerata quantità di defunti senza tomba, che li si ricorderà ancora e che nel grande insegnamento all’umanità non siano morti del tutto invano e possano ancora contribuire a far riflettere sulla storia dell’uomo e sulla sua innata capacità autodistruttiva”, scrive nell’introduzione al suo nuovo lavoro – KZ 2 – pubblicato come il precedente da Ronzani.

(Foto: Giovanni Montenero)

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IL 27 GENNAIO A TORINO 

"Memoria, impegno da portare avanti tutto l'anno"

Il 27 gennaio non è un momento per la Comunità ebraica, ma è rivolto a tutti affinché sappiano “qual è il bene e qual è il male”. A ricordarlo questa mattina, rav Ariel Finzi, rabbino capo di Torino, nel corso della cerimonia al cimitero Monumentale della città per il Giorno della Memoria. Un intervento tenuto davanti al muro che ricorda gli ebrei torinesi deportati dal binario 17 di Porta Nuova. “L'orrore della Shoah accadde nel cuore della civile Europa, fascismo, nazismo e razzismo sono sentimenti di supremazia che non nacquero per caso. Furono il prodotto di una visione che alimentava la propria ideologia nella distorsione della storia”, la riflessione del sindaco di Torino Stefano Lo Russo dalla Sala Rossa del Comune in occasione della seduta dedicata al Giorno della Memoria. A intervenire in aula, anche il presidente della Comunità ebraica di Torino Dario Disegni, che ha ricordato come la scomparsa dei sopravvissuti porti con sé una ulteriore responsabilità per tutta la società nel preservare e trasmettere la Memoria. “C’è un enorme lavoro da svolgere, non solo il 27 gennaio, ma in ciascuno dei 365 giorni dell’anno, per non far cadere nel vuoto le parole dei pochi sopravvissuti alla Shoah”.

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IL 27 GENNAIO A FIRENZE

"Non voltiamoci dall’altra parte""

“La nostra fortuna fu che eravamo piccole e non ci rendevamo conto appieno di ciò che stavamo subendo. La nostra fortuna fu il fatto di esser scambiate per gemelle. Io avevo poco più di sei anni. Andra nemmeno cinque. Per il dottor Mengele eravamo interessanti per i suoi esperimenti. I nazisti ci toglievano la dignità. Ricordo quando le donne vennero rasate e quando tutti noi fummo marchiati come bestie. Da quel momento, nessuno ci avrebbe più chiamate coi nostri nomi”.
A dirlo agli studenti toscani riuniti al Teatro La Compagnia di Firenze per il Giorno della Memoria la Testimone della Shoah Tatiana Bucci, che fu deportata ad Auschwitz insieme alla sorella Andra. Tra gli intervenuti il presidente della Comunità ebraica Enrico Fink, il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, l’assessora Alessandra Nardini e il consulente regionale per la Memoria Ugo Caffaz, ideatore oltre vent’anni fa dei Viaggi che hanno portato migliaia di studenti nei campi di sterminio

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TORAH

Memoria, domande, conoscenza

“E lo narrerai a tuo figlio in quel giorno dicendo: in grazia di questo operò il Signore per farmi uscire dall’Egitto” (Shemot 13; 8).
Oggi si celebra in tutta l’Europa il Giorno della Memoria, in ricordo del 27 Gennaio 1945 quando fu liberato il campo di sterminio di Auschwitz. Se ne parla in ogni contesto: scuole, università, palinsesti televisivi e manifestazioni pubbliche volute dalle autorità nazionali e locali. La partecipazione delle nostre Comunità è indubbiamente sempre disponibile e super attiva; recarsi a portare le nostre testimonianze personali o indirette o, dove è possibile, con coloro che, miracolosamente scampati a quel disastro umano, tentano di raccontare, per tenere allenata la memoria delle nuove generazioni. Allenare la memoria perché purtroppo oggi la memoria dei giovani deve mantenere un costante allenamento, per non cadere nell’oblio di ciò che li circonda. Tutto questo avviene da circa un ventennio; da quando, con una legge del Parlamento europeo, si sanciva questa giornata come il Giorno della Memoria della Shoah.

Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Venezia

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L'INTERVENTO AL CONVEGNO A NOVARA

Libertà della libertà

Relativamente poco spazio è stato finora dedicato in Italia alla “Shoah degli artisti”. Esiste infatti una produzione figurativa opera di sopravvissuti alla Shoah che merita di essere studiata e analizzata, alla ricerca dei metodi adoperati da ciascuno per esprimere l’istanza della memoria di fatti da essi per lo più vissuti in prima persona. Mi soffermerò oggi sul pittore Samuel Bak, che si appresta a festeggiare i suoi 90 anni, essendo nato a Vilna nel 1933. Enfant prodige, ebbe la sua prima mostra nel Ghetto della sua città natale nel 1942, sotto l’occupazione nazista, all’età di soli nove anni. Alla fine della guerra gli unici sopravvissuti della sua famiglia erano lui e sua madre perché sono riusciti a rifugiarsi in un convento benedettino. Suo padre è stato fucilato nel luglio 1944, pochi giorni prima della liberazione da parte dei sovietici. Con sua madre ha lasciato la nazione e dal 1945 al 1948 hanno vissuto in campi profughi in Germania. Sono emigrati successivamente in Israele, dove Samuel ha studiato arte all’Accademia delle Arti e del Design di Betzalel a Gerusalemme; ha proseguito poi gli studi a Parigi, ha trascorso vari periodi a Roma (1956-63), in Svizzera e in Israele e si è stabilito definitivamente negli Stati Uniti dove tuttora vive. Nel 2017 Vilna gli ha dedicato un Museo.

Rav Alberto Moshe Somekh

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L'INTITOLAZIONE DELL'AULA DEL TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA

Emilio Sacerdoti, l'omaggio della magistratura

Emilio Sacerdote nasce a Vibo Valentia nel 1893. Partecipa alla prima guerra mondiale con il grado di capitano, per poi, concluso il conflitto, ottenere l'incarico di procuratore sostituto del re in diverse città italiane. Nel 1938, insultato come ebreo in una pubblica udienza, si dimette, scegliendo di aprire uno studio privato come avvocato penalista a Milano. Sei mesi più tardi, a causa delle leggi razziste, è costretto a chiudere attività e studio. Due anni dopo il suo nome sarà cancellato dall'Albo degli avvocati. Con l'8 settembre 1943 la famiglia decide di rifugiarsi nelle Valli di Lanzo, dove lui entra a far parte della Resistenza. Un anno dopo, nel settembre del 1944, viene catturato e deportato a Flossenburg. L'8 marzo del 1945 viene assassinato a Bergen Belsen. In queste ore la sua vicenda è stata ricordata a Vibo Valentia, dove il tribunale della città ha voluto intitolare a Sacerdote una delle sue aule. A intervenire all'evento, tra gli altri, il vicepresidente UCEI Giulio Disegni.

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LA SERATA AL CENTRO PITIGLIANI 

Il Cai e i soci espulsi nel 1938
“Serve un percorso di autocritica”

Premi Nobel come Franco Modigliani ed Emilio Gino Segrè, scrittori di fama come Alberto Moravia, matematici del calibro di Guido Castelnuovo e architetti e urbanisti del livello di Bruno Zevi. Molte figure illustri nell’elenco degli oltre duecento soci romani del Club Alpino Italiano che furono espulsi in seguito alla promulgazione delle leggi razziste da parte del fascismo. A 84 anni da quell’infamia il Cai ha deciso di esercitare una “formale riammissione” di quanti vennero messi alla porta, presentando tale atto nel corso di una serata al Centro Ebraico Il Pitigliani che segue di qualche mese una mozione approvata all’unanimità nel corso dell’ultima assemblea nazionale di Bormio, quando i delegati del Cai si erano detti concordi sulla necessità di un “percorso di autocritica, riflessione storica e rielaborazione etica” su quel periodo e le relative responsabilità.

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IL 27 GENNAIO A CASALE MONFERRATO

 L'orrore e le storie di salvezza

Larga partecipazione a Casale, in via Alessandria, per la cerimonia di deposizione di una corona al cardine del cancello del vecchio ghetto ebraico in ricordo di tutte le vittime della Shoah. L’evento si è aperto con il saluto del sindaco Federico Riboldi e con questa annotazione storica: “Pochi si ribellarono, anche se molti aiutarono”. Quindi la testimonianza di Adriana Ottolenghi, vicepresidente della Comunità ebraica, e il ricordo dell’aiuto avuto per scampare all’eccidio durante l’occupazione tedesca in un piccolo comune della val Cannobina. A nome della Comunità Diletta Carmi ha messo in luce il significato europeo e odierno della Giornata. 

Alberto Angelino

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SORGENTE DI VITA

 A scuola di Memoria

Si apre con un servizio sulla celebrazione del Giorno della Memoria al Quirinale la puntata di Sorgente di vita che andrà in onda su Rai Tre domenica 29 gennaio. Una cerimonia alla presenza delle più alte cariche dello Stato, andata in onda in diretta Rai e che ha previsto gli interventi ufficiali del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, del Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara e della Presidente dell’Unione Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni.
Nel corso della mattinata sono stati premiati gli studenti vincitori del concorso “I giovani ricordano la Shoah”, tra i quali anche i ragazzi di due classi del Liceo Bertacchi di Lecco, che hanno partecipato nei giorni scorsi al viaggio della memoria MIM-UCEI, a Cracovia e Auschwitz-Birkenau.

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