LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA E I VALORI DELL'EBRAISMO
Prìncipi e princìpi
La convulsa situazione politica israeliana conseguente all’insediamento del nuovo governo richiede qualche riflessione, sia pure con tutte le riserve imposte a un giudizio dall’esterno. È noto che la coalizione guidata da Netanyahu persegue una politica di ridimensionamento dei poteri e dell’azione della Corte Suprema, accusata di continue ingerenze nelle decisioni parlamentari. Non voglio entrare nei dettagli della riforma, che suscita grandi proteste da parte di persone e gruppi ostili all’esecutivo in carica, che reputano una minaccia all’assetto democratico del paese. Mi limiterò a formulare alcune considerazioni di carattere generale, fondate sulle fonti ebraiche. Il problema del rapporto fra politica e giustizia non è avvertito oggi per la prima volta e non solo in Israele: anche in Italia la recente cronaca giudiziaria ha suscitato almeno il fondato sospetto di una connivenza, in questo caso, della magistratura con le forze politiche che governano la repubblica.
Ma torniamo ai problemi di “casa nostra”. Il Midrash (Tanchumà, P. Mishpatim, 7) si sofferma sulla Mitzwah di ammonire il prossimo quando sbaglia. La formulazione del versetto (Wayqrà 19, 17), con la duplicazione del verbo (“ammonire ammonirai”, hokheach tokhìach), viene interpretata come un obbligo perentorio: “Chi si astiene dall’ammonire viene coinvolto nella medesima trasgressione. Chiunque abbia l’autorità per ammonire i suoi famigliari e non lo fa, partecipa alla trasgressione dei suoi famigliari; chiunque abbia l’autorità per farlo nei confronti della sua città, è complice del peccato commesso dalla sua città e così rispetto al mondo intero. Dice R. Chaninà: cosa significa il versetto: ‘H. farà giustizia degli anziani e dei prìncipi del Suo popolo’ (Yesha’yahu 3, 14)? Se i prìncipi hanno peccato, cosa hanno fatto di male gli anziani? Gli anziani non hanno ammonito i prìncipi”.
I prìncipi (sarim) rappresentano il potere politico, mentre gli anziani (zeqenim, ovvero i dotti: zeh she-qanah chokhmah) incarnano quello giudiziario. L’evidente richiamo al dovere dei giudici di ammonire, cioè di esercitare un’azione di controllo sui politici, si traduce implicitamente nell’invito rivolto a questi ultimi in modo non meno pressante affinché accettino i rilievi mossi dai giudici. Guai a una società la cui classe politica non ammetta di essere sottoposta a giudizio! Inoltre, le leggi si fanno sul lungo periodo. I sostenitori dell’attuale governo interessati ad allargarne il potere decisionale potrebbero pentirsene amaramente un domani se costretti a confrontarsi con una formazione di colore diverso. In realtà una vita statale sana presuppone che il potere giudiziario sia indipendente da quello politico. La normativa vigente in Israele prevede per la nomina dei membri della Corte Suprema una commissione formata da deputati e giudici in cui l’ultima parola spetta a questi ultimi: si presume che questa soluzione sia stata elaborata in buona fede proprio per garantire l’indipendenza dei giudici e non per autorizzarli a commettere soprusi verso i politici. È francamente difficile credere che il pomo di una discordia tanto vasta ormai si riduca a ciò.
LA PREOCCUPAZIONE ESPRESSA DAL DIRETTORE DELLO SHIN BET
“Israele, clima di grande tensione
Il governo lavori per calmare le acque”
Dallo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno d'Israele, il messaggio al governo è stato chiaro: “l'atmosfera si sta surriscaldando” per questo l'esecutivo deve “fare tutto il possibile per calmare le acque”. A dirlo è stato il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, secondo quanto riportano i media israeliani, in una conversazione avuta nei giorni scorsi con il ministro della Giustizia Yariv Levin. Secondo le valutazioni dell'intelligence nel paese c'è “un crescente potenziale di violenza con l'avanzare della legislazione” che si propone di rivoluzionare il sistema giudiziario. Per questo il consiglio di Bar a Levin, uno dei fautori della riforma, era di lavorare per arginare lo scontro. Un dialogo che testimonia come il paese sia attraversato da significative fratture e tensioni, convogliate nello scontro sulla controversa riforma, che continua ad essere contestata nelle piazze. Anche in queste ore infatti a Gerusalemme - e non solo - decine di migliaia di persone si sono radunate per chiedere alla maggioranza di congelare i provvedimenti diretti a ridimensionare il potere della Corte Suprema e a modificare la modalità con cui sono eletti i giudici. La coalizione guidata dal Premier Netanyahu al momento sembra voler tirare dritto. Alcuni dei disegni di legge saranno oggetto di discussione alla Knesset e si prevede un dibattito all'insegna dello scontro tra maggioranza e opposizione.
Amitai Romm è nato nel 1985 a Gerusalemme e attualmente abita e lavora in Danimarca. La sua ricerca artistica ruota attorno all’ibridazione tra la natura e l’artificio della tecnologia, mediata dalla scienza. E con questo, tesa tra la vita vegetale e i sensori, i processi di raccolta dei dati speculando sulla percezione di questo scontro-incontro. In una sua prima mostra fiorentina, tenutasi alla galleria Veda due anni fa, Romm ha installato una piccola pompa di aspirazione, collegata a un foglio di PVC posto al centro dello spazio della galleria, in vetrina, verso la strada. Il vuoto tra le due superfici teneva fermo, sospeso, un etrog (cedro) fatto arrivare dalla Calabria con Casherut le-mehadrin, all’interno di un involucro senza spazio o aria. In quella intersezione, che pareva un dispositivo ospedaliero, le componenti erano sottoposte a una tensione: ciò che è mostrato incontra l’occhio.
Nella nuova mostra in corso, nell’ampio spazio della stessa galleria che nel frattempo ha traslocato dal centro storico alla cittadella della cultura all’ex Manifattura Tabacchi, Amitai istalla, appende sulle pareti dell’ambiente, delle suggestive opere che sfidano lo spettatore a una propria interpretazione.