Vittorio Dan Segre
(1922-2014)

rassegna“Faceva yoga con David Ben Gurion e fu reporter di Indro Montanelli, con la divisa della Brigata Ebraica salvò molti orfani della Shoah in Italia e dalle cattedre di Haifa e Lugano ha avvicinato l’Europa a Israele e viceversa.” Così inizia su La Stampa il ricordo di Vittorio Dan Segre, diplomatico, scrittore, giornalista, morto ieri a Torino a 92 anni, descritto da Maurizio Molinari come “un protagonista del Novecento che ha incarnato la sovrapposizione tra Risorgimento italiano e sionismo ebraico”. Il Giornale, che contribuì a fondare con l’amico Indro Montanelli nel 1974, pubblica un estratto suo ultimo libro “Storia dell’ebreo che voleva essere eroe”, appena uscito per i tipi di Bollati Boringhieri. In questa sorta di ideale continuazione della sua “Storia di un ebreo fortunato”, ripresa anche nei titoli dei molti articoli usciti oggi, Dan Segre ha scritto: “Osservandola dall’alto dei miei novant’anni e più, mi sembra che la mia vita sia stata un cocktail di bene e di male, di allegria e sentimentalismo, funestata dal continuo chiedermi: Perché? (…) Se questo testo venisse un giorno pubblicato, vorrei potesse essere un atto di allegra confessione e ringraziamento per i doni che ho immeritatamente o per sbaglio ricevuto.”
Sul Domenicale del Sole 24Ore Giulio Busi descrive Vittorio Dan Segre come “Uno dei grandi testimoni del Novecento” e ricorda che “Era fortunato, e cioè capace di vedere la propria vita, lunga e avventurosa, come un intreccio di due fili. Un primo filo forte, misterioso, oscuro, quello tessuto dal destino. La nascita in una famiglia ebraica piemontese, dapprima assai prospera e poi in declino; le leggi razziali, l’emigrazione in Palestina, la guerra e la lotta per l’indipendenza d’Israele, il servizio diplomatico in giro per il mondo. E poi un secondo filo, altrettanto resistente, quello delle proprie scelte e della capacità di porsi domande non banali: l’attività di giornalista e di scrittore, l’insegnamento in università prestigiose, la fama di commentatore politico, tutte testimonianze di un impegno voluto e costruito, con tenacia.” Ancora sulla Stampa, Alain Elkann ricorda ai lettori che Vittorio Dan Segre, conosciuto in Israele come Dan Avni, era nato in una numerosa e variegata famiglia ebrea piemontese con appendici a Trieste, e che “coagulava in un’unica persona il meglio di un grande borghese piemontese, di un israeliano di altissimo profilo intellettuale e di ebreo osservante. Se fosse ancora vivo, chi lo rimpiangerebbe molto sarebbe Indro Montanelli che gli era veramente amico. Vittorio Segre lo divertiva con i suoi aneddoti e le sue eccentricità, e lui lo considerava un ottimo giornalista.” E il prossimo sabato, conclude, nel giorno di Kippur, “la comunità ebraica di Torino sentirà un grande vuoto”.
Anche il presidente Napolitano ha espresso cordoglio per la sua scomparsa: “Ho appreso con tristezza della scomparsa di Vittorio Dan Segre che ha legato il suo nome alla vita dello Stato di Israele e alla passione per il giornalismo”, e Mario Cervi, altro fondatore de il Giornale, saluta l’amico ricordandone un altro nome ancora, quel R.A. con cui ricordava la moglie Rosette, e ne scrive, “con con commozione”, accorgendosi “di dire addio non a un singolo personaggio ma a tanti personaggi in lui riuniti. Quell’uomo pacato, saggio, disincantato era stato esule, giovanissimo combattente contro la ferocia nazista e per la creazione di Israele, diplomatico di rango, professore universitario, consigliere di potenti” e conclude “Ci mancherà. Quando saremo assaliti da dubbi non potremo più affidarci a uno che i dubbi, anche se non li risolveva, almeno li chiariva. Dan Segre è stato un uomo dalle molte vite. E stato soprattutto un Uomo.”

“Rimarrà a Villa Torlonia il Museo della Shoah”, titola l’edizione romana del Corriere della Sera. Nell’articolo, firmato da Alessandro Capponi, si legge: “Nel primo pomeriggio, domani, si capirà ufficialmente il futuro che attende il museo della Shoah, ma già prima della riunione del cda della Fondazione è chiarissimo l’orientamento del Comune: aprire le buste per aggiudicare la gara di Villa Torlonia”. L’ipotesi Eur, si legge ancora, “potrebbe tornare buona per un allestimento temporaneo, almeno per ricordare degnamente l’anniversario della liberazione di Auschwitz, a gennaio”. Ma è chiaro, scrive Capponi “che le condizioni economiche devono essere adeguate a quelle delle casse (vuote) del Campidoglio”.
Il Comune, aggiunge il Corriere, “domani al cda racconterà delle perplessità tecnico-amministrative legate allo spostamento del progetto. Anche perché se da Villa Torlonia non si può tornare indietro è evidente che una sede temporanea del museo non potrà realizzarsi con la spesa prevista inizialmente per l’Eur, quando fu ipotizzato un trasferimento definitivo”.

Sul dorso romano di Repubblica vengono invece forniti aggiornamenti relativi all’inchiesta sulle cartelle cliniche dell’Ospedale israelitico della Capitale. Il danno subito dal sistema sanitario ammonterebbe a otto milioni di euro: una somma, scrive Repubblica, “che potrebbero essere medici e dirigenti pubblici a restituire alla Regione”. Due le inchieste parallele aperte da Procura e Corte dei conti. “Dopo l’inchiesta della Procura, che è riuscita a scoperchiare il sistema di truffe – scrive il giornale –  adesso anche la Corte dei conti vuole vederci chiaro. Se l’inchiesta dei pm di piazzale Clodio è riuscita a individuare le singole responsabilità in alcuni dirigenti dell’ospedale e medici convenzionati con la struttura, i magistrati contabili hanno aperto un fascicolo parallelo per capire perché non sia stato messo un freno ai finanziamenti e individuare possibili profili di colpa grave per il danno arrecato alle casse del sistema sanitario nazionale e della Asl di riferimento della struttura nell’arco di tre anni, dal 2007 al 2009. Non solo l’Azienda sanitaria locale, che ha poi revocato i finanziamenti per la struttura. Nel mirino dei magistrati contabili potrebbero finire anche alcuni dei componenti dello staff dell’ex assessorato alla Sanità dell’era Polverini e Marrazzo: non revocarono l’accreditamento alla struttura, nonostante i vertici dell’ospedale fossero indagati”.
“D’altra parte – aggiunge Repubblica – i carabinieri del Nas erano stati chiari: al termine dei rilievi su cui si basa l’inchiesta penale che nella sua seconda tranche ha visto l’iscrizione del registro degli indagati anche dell’ex numero uno dell’ospedale israelitico, Antonio Mastrapasqua, i militari dell’Arma avevano inviato una lettera alla Regione Lazio in cui si chiedeva la revoca della convenzione per il 2013, oltre che la sospensione della determinazione del suo budget, il blocco del rinnovo dell’accordo per l’anno in corso e la revoca dell’accreditamento. I carabinieri del nucleo anti-sofisticazione, nella missiva, avevano puntato il dito contro il sistema utilizzato fra il 2007 e il 2009 all’interno dell’Israelitico e basato sul taroccamento di alcuni dati, sottolineando ‘l’incongruità e l’inappropriatezza delle prestazioni’ che consistevano nella pratica di ‘utilizzare sistematicamente, nella scheda ospedaliera di dimissioni, codici (delle patologie trattate, ndr) diversi da quelli riportati nelle cartelle cliniche’. Di queste, ‘12.159, il 94 per cento del totale, sono risultate incongrue (diverse, ndr)’. Una ‘pratica sistematica’ che sarebbe stata resa possibile dalla complicità di ex dirigenti della Regione. La vicenda – conclude Repubblica – però, non si chiuderà a breve: dopo la richiesta dei Nas, la Regione, in autotutela, aveva chiesto il recupero delle somme pagate per la remunerazione delle prestazioni sub indice. L’ospedale israelitico aveva così fatto ricorso al Tar, che lo scorso agosto lo ha accolto, fissando per l’8 ottobre la data per l’udienza che entrerà nel merito del contenzioso”.

Amos Oz ha finito di rivedere quest’estate il suo “Giuda”, il suo ritorno alla narrativa a undici anni dal capolavoro “Una storia di amore e di tenebra”. Su la Repubblica Simonetta Fiori scrive di un lavoro che pone domande brucianti sull’origine di Israele, sull’ambigua nozione del tradimento, evocata fin dal titolo. Una “rilettura spiazzante di Giuda interseca l’accidentata storia di un giovane utopista legato al fondatore Ben-Gurion, che viene espulso dal comitato sionista per le sue tesi eretiche: alla fondazione di uno Stato ebraico così come era stata realizzata avrebbe preferito la creazione di una zona di convivenza tra ebrei e palestinesi. I suoi compagni lo accusano di tradimento, mentre Oz ci dice tutto il contrario: anche il giovane agisce per amore — per amore del suo popolo — non per infedeltà”. E Gianluca Foglia, direttore editoriale di Feltrinelli, parla di “Un capolavoro assoluto. Un inno alla libertà intellettuale che susciterà discussione”.

Domani alla Camera dei Deputati verrà presentato il libro “Il Kaddish a Ferramonti. La anime ritrovate” (Prometeo) di Enrico Tromba, Stefano Nicola Sinicropi e Antonio Sorrenti. Alla presentazione di storia e documenti del primo e più grande campo italiano per ebrei stranieri che si trovava a Ferramonti di Tarsia interverrà il rav Riccardo Di Segni. (Sole 24Ore)

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(28 settembre 2014)