Washington – Strategie per un futuro condiviso

Ajc global forum “Un’incredibile occasione per creare connessioni con numerosi leader comunitari di altri paesi, fattore sempre più importante in un mondo che diventa sempre più globale e in cui la base per costruire il futuro delle nostre kehillot è costituita dai ponti fra persone che anche vivendo in realtà diverse fra loro condividono con esperienze decisamente simili”. La presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia Talia Bidussa descrive così il Global Forum dell’American Jewish Committee, inaugurato domenica sera e in corso fino a mercoledì a Washington, a cui partecipa insieme a una delegazione della European Union of Jewish Students.

“Le sfide che affrontiamo nelle Comunità italiane – sottolinea Bidussa – sono le stesse che vengono affrontate nelle Comunità del resto del mondo: non solo possiamo aiutarci a vicenda, fornendoci strumenti da utilizzare, ma questo rapporti costituiscono un’illimitata fonte di ispirazione”.

Ed è proprio fornire un momento di riflessione comune l’obiettivo del Global Forum, l’annuale conferenza dell’Ajc, dove si riuniscono duemila persone da circa 70 paesi per discutere i punti chiave dal punto di vista politico, strategico e sociale che riguardano il futuro dell’ebraismo mondiale. Il programma prevede infatti incontri con leader politici, tra cui quello con il segretario di stato americano Johan Kerry nella giornata di lunedì, diplomatici e attivisti, oltre che laboratori e dibattiti.

“Grazie a noi, i giorni migliori del popolo ebraico e i giorni migliori dello Stato ebraico non risiedono più nel passato, ma in un futuro glorioso che possiamo creare insieme”. Il convegno si è aperto domenica pomeriggio con il messaggio di ottimismo lanciato dallo scrittore Daniel Gordis, che ha offerto una panoramica sullo stato dell’ebraismo mondiale.

“Armati della memoria della storia ebraica, come dovremmo leggere quello che sta succedendo oggi?”, si è chiesto Gordis. Estremismo, antisemitismo, antisionismo sono fenomeni pericolosi che riguardano l’Europa ma anche gli Stati Uniti, delle cui dimensioni Gordis ha fornito dati precisi e che ha invitato a non sottovalutare. “Il vero valore della memoria ebraica – il suo monito – è che essa ci spinge ad agire”.

Agire come ha fatto Zidan Seef, il poliziotto druso che ha perso la vita nell’attentato alla sinagoga di Har Nof a Gerusalemme lo scorso novembre, insignito del Moral Courage Award, ritirato dalla moglie Rinal. “Noi, il popolo druso, siamo una parte integrante dello Stato d’Israele e il nostro legame con il popolo ebraico è eterno”, ha affermato la vedova. Destinatari del premio nelle giornate successive saranno (alla memoria) anche Dan Uzan, il volontario della sicurezza danese vittima dell’attentato alla sinagoga di Copenhagen lo scorso febbraio, e Lassana Bathily, l’eroe francese di religione musulmana che salvò delle vite all’Hypercacher di Parigi lo scorso gennaio.
Ad offrire l’opportunità di affrontare più da vicino i molti temi del convegno sono state le diverse cene organizzate con diplomatici di vari paesi, tra cui l’incaricato d’affari dell’ambasciata italiana a Washington Luca Franchetti Pardo, e attivisti nel campo del diritto internazionale. Tra questi, ricco di spunti è stato l’incontro con Tal Becker, consulente legale del ministero degli Affari Esteri di Gerusalemme, che ha fornito un’analisi del BDS, il movimento che incita a boicottare le merci e i prodotti israeliani. “Se in Italia il fenomeno non è ancora estremamente vasto, in altri paesi con cui lavoriamo è decisamente più preoccupante”, commenta Bidussa. Particolarmente difficile sotto questo aspetto la situazione britannica: “La Union of Jewish Students ogni giorno deve gestire incidenti che coinvolgono studenti ebrei che non possono sentirsi al sicuro nei propri campus universitari, dove il BDS li prende di mira per il solo fatto che in quanto ebrei sono in qualche modo connessi ad Israele. A loro – esorta Talia – deve andare tutto il nostro supporto, non possiamo minimizzare il loro disagio e definirlo un problema minore”.

Quello che risulta chiaro per Bidussa al termine della prima giornata di lavori è in ultima analisi “il genuino interesse che l’ebraismo americano nutre nei confronti delle Comunità d’Europa”. Un coinvolgimento, afferma, anche dovuto al fatto che “la percezione che hanno è quella di una situazione estremamente instabile”.

Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked

(8 giugno 2015)