Run For Mem, una corsa per la vita
Le tappe del percorso breve

Largo 16 Ottobre 1943, Piazza San Bartolomeo all’Isola, Via della Lungara. Sono le tre tappe del percorso breve per famiglie, tre chilometri e mezzo in tutto, della corsa tra Storia e Memoria “Run for Mem” organizzata per questa domenica a Roma dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane con il supporto di Maratona di Roma e Maccabi Italia e sotto l’egida della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
“Lo sport come momento di aggregazione è un modo per affermare la vita e il dialogo” sottolinea la Presidente UCEI Noemi Di Segni dando appuntamento a domenica (partenza prevista per le 10).
Due testimonial d’eccezione: Shaul Ladany, ex marciatore israeliano sopravvissuto a Bergen Belsen e alla strage compiuta dai terroristi palestinesi a Monaco ’72; Franca Fiacconi, vincitrice nel 1998 della Maratona di New York.
Due i percorsi possibili: quello di tre chilometri e mezzo, appunto; ma anche una prova più ampia di dieci chilometri, per cui è necessario iscriversi (clicca qui per scaricare il modulo).

RUN FOR MEM, IL PERCORSO BREVE – LE TAPPE

LARGO 16 OTTOBRE 1943

La manifestazione inizierà in Largo 16 ottobre 1943, nel cuore del quartiere ebraico. Qui avverrà la distribuzione delle magliette e del materiale da parte dei volontari. Dopo i saluti e i discorsi delle Autorità che si terranno nei vicini Giardini del Tempio, i partecipanti prenderanno posto ai nastri di partenza, e sarà dato avvio a Run for Mem, prima corsa di questo tipo in Europa, nata per parlare di Memoria e di valori attraverso sport e cultura. 
Largo 16 ottobre 1943 è intitolata a uno degli episodi più bui della storia dell’occupazione nazista e della Shoah italiana: la deportazione degli ebrei romani.
Quel 16 ottobre, un piovoso sabato di autunno, era anche un giorno di festa: si celebrava Sukkot, la festa delle capanne. I primi ordini vennero impartiti ai soldati tedeschi all’alba. La città fu divisa in ventisei distretti e le tre compagnie di polizia tedesche incaricate del rastrellamento vennero raggiunte da altre forze naziste. 
Erano le cinque e trenta quando i soldati fecero irruzione nei palazzi e negli appartamenti, sorprendendo nel sonno le famiglie, alle quali venne consegnato un biglietto con istruzioni che avrebbero dovuto seguire alla lettera: avevano venti minuti per preparare le valigie e seguire i soldati. Tutti erano obbligati ad obbedire agli ordini, anche gli anziani, i bambini piccoli e le persone malate.
A fine mattinata oltre milleduecentocinquanta persone furono portate dai camion al Collegio Militare, in Via della Lungara. Lì ne vennero rilasciate quasi duecentocinquanta, arrestate per errore o non riconosciute come ebree.
Il 18 ottobre, milletrentanove persone partiranno dalla stazione Tiburtina con destinazione Auschwitz, dove giungeranno il 22 ottobre. Al loro arrivo subiranno la terribile selezione, durante la quale saranno indicate per sopravvivere alle camere a gas solamente centoquarantanove uomini e quarantasette donne. Ritorneranno in sedici, tra di loro solo una donna, Settimia Spizzichino. 
Circa la metà degli ebrei furono catturati nel quartiere del vecchio ghetto, e i camion su cui furono caricati si trovavano in queste vie.

PIAZZA SAN BARTOLOMEO ALL’ISOLA

Nella tappa dell’isola Tiberina saranno esposti dei pannelli e si terrà un “corto teatrale” diretto e interpretato da Davide Mattei, dal titolo “Un uomo giusto”, con musiche originali dal vivo di Jacopo Troiani. Lo spettacolo è basato sulla biografia di Giovanni Borromeo, medico che contribuì a salvare decine di persone dando loro riparo nell’ospedale Fatebenefratelli, che si trova sull’isola Tiberina, e che egli dirigeva negli anni delle persecuzioni: grazie a lui il nosocomio divenne un rifugio sicuro per un gruppo di perseguitati, ebrei e non. 
Borromeo è stato riconosciuto nel 2004, dal Memoriale Yad Vashem di Gerusalemme, Giusto tra le Nazioni. Egli potè portare a compimento la sua opera di salvataggio anche grazie al coraggio e alla collaborazione dell’infermiera Dora Focolari, del sacerdote Padre Maurizio e del Maresciallo Luciniani. Correndo molti rischi, come avvenne all’inizio di maggio 1944, quando i tedeschi fecero irruzione nell’ospedale. Il reparto nel quale erano ricoverati i finti pazienti era stato appositamente classificato come infettivo, e alcuni tra i rifugiati, in una loro testimonianza, hanno riportato che gli fu detto di tossire in modo da spaventare e scoraggiare i tedeschi, che ebbero paura di entrare in contatto con malati potenzialmente contagiosi. Ai tedeschi fu detto che le persone erano affette da un fantomatico “morbo di K” (la “k” stava, probabilmente, e con nera ironia, per le iniziali di Kappler o Kesselring). 
Dopo la guerra Borromeo ricevette, oltre al riconoscimento dello Yad Vashem, anche attestati di benemerenza dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e dalla Comunità Ebraica di Roma. La sua storia è raccontata nel libro “Il giusto che inventò il morbo di K”, scritto da suo figlio Pietro Borromeo ed edito da Fermento.

VIA DELLA LUNGARA (REGINA COELI)

Una delle tappe è il carcere di Regina Coeli, in via della Lungara, dove sarà apposta una corona di fiori in Memoria dei prigionieri che i nazisti prelevarono, perlopiù antifascisti, ma anche ebrei e altre persone avversate dal regime, che furono avviate alla deportazione oppure uccise nella strage delle Fosse Ardeatine.
Da Roma la prima deportazione politica colpì due donne, Maria Anna Murri, di 18 anni, e sua madre Pierina Ferrari, arrestate il 2 ottobre 1943. Vennero rinchiuse a Regina Coeli, poi inviate dapprima a Berlino, e poi nel lager di Ravensbrück.
Dopo la deportazione degli ebrei rastrellati nel quartiere ebraico e in tutta la città il 16 ottobre 1943, un trasporto di trecentotrentacinque prigionieri, arrestati per la maggior parte dalla polizia fascista negli ultimi giorni del 1943 su ordine dei nazisti per rappresaglia nei confronti degli attacchi della Resistenza, partì il 4 gennaio 1944 alla volta di Dachau, poi di Mauthausen. Tra questi vi erano anche dodici ebrei. Dei romani o residenti a Roma, centottantaquattro morirono nel lager principale o nei suoi sottocampi. Di tutto il trasporto, solo in ventidue sopravvissero. 
Un altro convoglio di sessanta uomini prese la via di Dachau nell’aprile del ‘45. Ad esso furono aggiunte anche una decina di donne, tra loro Vera Michelin Salomon e sua cugina Anna Lera Filippini, arrestate il 14 febbraio 1944 su delazione. 
Poco dopo l’arrivo degli Alleati, i nazisti iniziarono la ritirata, e vennero sostituiti nella custodia del carcere da reparti provenienti dall’Alto Adige. Il 4 giugno il Comitato di Liberazione Nazionale decretò l’immediata scarcerazione di tutti i prigionieri politici.

(17 gennaio 2017)