STORIA Un cammino di patriottismo e amore per la vita

grande guerraPaolo Orsucci Granata / MOISÈ VA ALLA GUERRA / Salomone Belforte

Proponiamo qui la prefazione del volume “Moisè va alla guerra”.

Nel 1915, allo scoppiare della prima guerra mondiale, gli ebrei italiani, la cui consistenza numerica era piuttosto esigua in quanto si aggirava attorno alle 35.000 anime, si disposero con entusiasmo a partecipare al conflitto. In realtà fin dalle prime guerre del Risorgimento gli ebrei italiani avevano dimostrato uno straordinario attaccamento all’Italia. Anche nel corso della Grande Guerra la partecipazione al conflitto fu accompagnata da larghe manifestazioni di patriottismo che sottolineavano il loro coinvolgimento totale con le sorti della nazione e volevano ulteriormente dimostrare l’avvenuta integrazione nel tessuto sociale italiano dopo i secoli bui della segregazione e dei ghetti. L’apporto ebraico alla guerra è oggetto di questa ampia ricerca di Paolo Orsucci Granata. Si tratta di una cronaca dettagliata di fatti inerenti al conflitto che propone al lettore riflessioni e considerazioni su un periodo denso di eventi drammatici che hanno interessato tutta la popolazione europea. L’autore, che fin da 2008 ha approfondito da varie angolazioni aspetti della dottrina e della vita ebraica con una serie di pubblicazioni edite dalla Salomone Belforte & C., ci presenta qui un’ampia panoramica della storia del conflitto. Anche questa volta, come nell’opera Quale è la via del vento? (2014), fa uso di formule grafiche originali e attraenti: in ogni pagina del volume sono inserite notazioni e chiarimenti che, insieme alla ricca documentazione fornita, suscitano interessanti interrogativi e danno di ogni episodio e di ogni avvenimento una visione al contempo generale e particolare. grande guerra 2Abbondano nel testo riferimenti alla delicata posizione dei tanti “Moisè che vanno alla guerra”. Nel conflitto, infatti, erano anche contrapposti negli avversi schieramenti militari appartenenti alla stessa fede, quella ebraica. Nell’ambito dell’atteggiamento dei rabbini italiani che generalmente sostenevano entusiasticamente le ragioni dell’Italia, vengono suggerite acute osservazioni sulla posizione del rabbino Margulies di Firenze non da tutti apprezzata perché ritenuta non totalmente sincera stante le sue origini austro‐ungariche. Interessanti anche le preghiere composte dai nostri rabbini per invocare il successo delle armi italiane. Da queste preghiere traspare talvolta il dolore per la necessità bellica di uccidere esseri umani, mantenendo pur sempre una ricchezza di italianità. Abbondano le citazioni tratte dal Vessillo Israelitico, la pubblicazione che seguiva dettagliatamente tutte le fasi e gli aspetti del conflitto, sottolineando più volte una sorta di patto laico di Abramo stipulato tra israeliti e Casa di Savoia che colloca l’Italia per gli ebrei come Patria e non più come terra di esilio. Numerose le notazioni sulle iniziative predisposte dalle organizzazioni ebraiche, per fini filantropici, a favore dei feriti, dei congiunti e degli orfani dei combattenti. Alla luce di quanto riferito nel testo risultano ancora più brucianti i provvedimenti del 1938 emanati dal regime fascista con i quali la comunità ebraica fu dapprima emarginata dal tessuto sociale ed estromessa dal servizio militare, dalla scuola e dall’amministrazione pubblica fino a culminare negli anni ’40 nella persecuzione e nella deportazione che portò alla soppressione nei campi di sterminio di 9.000 ebrei italiani di tutte le fasce di età. Significativo quanto accadde al tenente colonnello Umberto Pugliese ispettore generale del Genio Navale, progettista di grandi corazzate della Marina italiana che nel 1938 fu posto in congedo assoluto. Ma nel 1940 fu richiamato in servizio perché ritenuto indispensabile per il recupero delle corazzate colpite dagli attacchi aerei inglesi nel porto di Taranto. Una vicenda poco nota, che presenta aspetti paradossali. Questo lavoro di Paolo Orsucci Granata propone alla nostra attenzione un periodo drammatico che ha visto la corale partecipazione ebraica alle vicende nazionali. Un dramma nel quale gli ebrei hanno pagato un alto prezzo di sacrifici, di sofferenze e di sangue in misura numericamente superiore a quello pagato dalla popolazione italiana di altra fede, tenendo conto che gli ebrei sotto le armi erano circa 5.000 e circa 450 i caduti sul campo di battaglia e almeno 150 i decorati per un totale di circa 700 onorificenze.

Rav Luciano Caro
rabbino capo di Ferrara e di riferimento per la Comunità di Pisa