Giorgio Pressburger (1937-2017)

Ha scosso il mondo della cultura la scomparsa di Giorgio Pressburger, il grande scrittore, intellettuale e regista di origine ungherese (ma naturalizzato italiano) autore di numerose e memorabili opere sulla Mitteleuropa, l’ebraismo, il senso e la sfida della Memoria. Nato a Budapest da una famiglia di origine slovacca, scampato ai campi di sterminio nazisti, fuggito dal paese nel 1956 dopo la repressione comunista, Pressburger si stabilì prima a Roma e poi definitivamente a Trieste, la città che più gli ricordava le atmosfere della gioventù. “Ogni volta che penso a chi scappa, a chi è in fuga, sento nelle narici l’odore della terra bruciata. Sento che lì la vita tarderà a rinascere” ha dedicato a proposito della sua rocambolesca fuga in una recente intervista con Repubblica.
Formidabile il contributo di Pressburger in diversi campi: la letteratura, il giornalismo, il teatro. Tra le sue pubblicazioni “Sulla fede” (2004), “L’orologio di Monaco” (2003), “L’elefante verde” (2002), tutte per Einaudi. E inoltre “Storia umana e inumana”, edito da Bompiani nel 2013, che lo portò ad essere tra i finalisti del premio Strega. Diversi anche i testi teatrali, tra cui spicca “La partita”. Dal 1998 al 2002 è stato inoltre direttore dell’Istituto italiano di cultura di Budapest: un ritorno da protagonista nella città che, con immenso dolore, aveva dovuto lasciare.
Tanti gli amici e i colleghi che in questi giorni hanno voluto ricordarlo sui giornali e nei blog letterari più influenti. Ha scritto di lui Francesco Cataluccio su Doppiozero: “In tutti i libri di Pressburger la forma racconto rimane quella più efficace. È stato infatti un grande affabulatore: amava raccontare instancabilmente storie e aneddoti. Anzi: si può dire che spesso parlasse per piccoli racconti e apologhi. Era questo un modo per risistemare e stemperare un passato che, anche per lui e la sua famiglia, era stato, sin dagli inizi, assai drammatico”.
“Anima ebraica della Mitteleuropa” l’omaggio de Il Piccolo. Sottolinea il quotidiano triestino: “Pressburger, come il gemello Nicola era nato a Budapest nel 1937, da genitori ebrei. Un’origine che ha poi condizionato la sua vita, passata attraverso eventi storici che hanno definitivamente segnato l’identità sua, come quella dei suoi correligionari”. Quello di Pressburger nei confronti del mondo è stato uno sguardo “dolce” e “inquieto”, osserva il Corriere. “C’è molta triestinità sveviana nella sua narrazione, si legge molto senso del confine (intimo più che geografico) nella sua prosa esatta e mai troppo sicura di sé: ma ne Il sussurro della grande voce prende corpo più visibilmente l’elemento metafisico, cabalistico, iniziatico. Del resto, Pressburger ha vissuto quasi biologicamente immerso nei grandi temi, il male, l’espiazione, il destino, la dimensione religiosa, al punto da dedicarvi un saggio, Sulla fede, apparso nel 2004, nel clima dei primi fanatismi che hanno sconvolto il mondo”. Per la Stampa, Pressburger è stato “uno degli ultimi, generosi campioni di quella Mitteleuropa che sin dai primi anni del Novecento, con epicentro a Vienna, ha prodotto la straordinaria fioritura che incrocia letteratura, arte, musica, scienze, psicoanalisi in una strepitosa effervescenza creativa”.
“Giorgio Pressburger, europeo” il commovente titolo in prima pagina del quotidiano triestino in lingua slovena Primorski Dnevnik.
Giorgio Pressburger, i cui funerali si sono svolti oggi nel cimitero ebraico di Trieste, lascia la moglie Viviana e i figli Andrea e Ilona. Sua prima moglie era l’attrice triestina Lidia Kozlovic.
Sia il suo ricordo di benedizione

(Foto di Giovanni Montenero)