Sul riso e sul patto

Sara Valentina Di PalmaEd eccoci a discutere di Ishmael ed Yitzhak, prima ancora di leggere la parashà di Vayerà, commentando il precedente Shabbat un disegno per bambini nella parashà di Lech lechà in cui il piccolo Ishmael è ritratto già infante con un ghigno cattivo. Perché, se c’è già lui, nasce anche Yitzhak, quando sembrava che Sarà non potesse avere figli? Avraham ha già un erede, o no?
Sospiro, avvertendo il sentore di un terreno scivoloso ad introdurre discorsi su rapporti non pacifici tra fratelli.
Hashem ha deciso di far nascere Yitzhak anche se per natura Sarà non poteva avere figli ed era già anziana, quindi potremmo pensare che Yitzhak sia un dono divino – tant’è che fa la Milà, come sarà poi per tutti i bambini ebrei, ad otto giorni, a sancire un patto tra il Signore ed Am Israel con chi non può ancora scegliere razionalmente, alla soglia dell’età adulta, l’unione con il Signore (come invece accade ad Ishmael che viene circonciso a tredici anni, età del Bar Mitzvà e della decisione consapevole di seguire le mitzvot).
Ovviamente questo non basta e c’è chi storce il naso. Nella mia zelante caparbietà, sapendo già che il prossimo fine settimana non avremo tempo per questo, ci portiamo infatti avanti e leggiamo anche Vayerà, e la seconda puntata della storia suscita nuovi interrogativi difficili.
E’ infatti Sarà, dopo aver sollecitato Avraham a fare un figlio con Hagar per assicurarsi una discendenza dato che lei era sterile, una volta avuto Yitzhak a chiedere invece ad Avraham di allontanare Ishmael e sua madre: ma come, lei che è la prima tzaddeket che incontriamo, si comporta con così tanta cattiveria (questa è una parola ricorrente nella conversazione) nei confronti di un’altra donna e del figlio, che poi è anche fratellastro di suo figlio? Vedo grande sconcerto.
Ecco, qualcuno sensibile al tema della menzogna già ribatte che Sarà aveva poi anche mentito, dicendo ad Avraham di non aver riso quando l’angelo aveva preannunciato che avrebbe avuto un figlio (Bereshit 18:12), quindi Sarà non dice sempre la verità pur essendo una tzaddeket! Ahimè.
Cerco conforto altrove: nonostante l’opinione avversa di Rashi, il quale segue la traduzione di Onkelos su due tipi diversi di risata, di gioia quella di Avraham e di scetticismo quella di Sarà, alcune interpretazioni chassidiche teorizzano che Sarà non avesse riso per dubbio ma in maniera inconscia, e dunque non si tratterebbe di vera e propria menzogna, come diverse possono essere le motivazioni della risata di Sarà e del non aver ammesso di aver riso (vedi Rachel Adelman, Wise Women on Laughter and Re-membering, in”Nashim: A Journal of Jewish Women’s Studies & Gender Issues”, n. 8, Multiculturalism and Migration in Israel, Fall 5765/2004, pp. 230-24).
In mio aiuto, qualcun altro ripesca ricordi lontani, in fondo anche gli tzaddikim sbagliano, pure Miriam aveva parlato male di suo fratello Moshé a proposito della relazione con la moglie e infatti le era venuta la tzaraat…Grata dell’osservazione ribadisco che anche gli tzaddikim sono esseri umani e possono sbagliare, capire e fare teshuvà, e comunque forse le intenzioni di Miriam non erano state cattive, e in ogni caso andiamo avanti…
Sarà dice ad Avraham di cacciare Ishmael dopo averlo visto מצחק (mitzhaek, scherzare), (Bereshit 21:9), un vocabolo che Rashì ci ricorda ricorrere anche altrove con accezione molto negativa (nella Torà è usata riferendosi all’idolatria nell’episodio del vitello d’oro e all’adulterio nell’episodio della moglie di Potifar, mentre nei Profeti indica omicidio). Anche la madre Hagar ha a sua volta una grave responsabilità, quella di essere rimasta “egizia”, quindi straniera nei costumi e nella mentalità (Bereshit 21: 9), e questo poteva influenzare negativamente suo figlio Ishmael.
L’allontanamento di Ishmael è una prova cui Hashem sottopone Avraham prima di quella ancora più drammatica della legatura di Yitzhak, sempre in questa parashà così ricca di eventi drammatici: il padre infatti si dispiace (che Ishmael sia cattivo o di mandarlo via? chiedono i bambini: in fondo per Sarà è più facile essere dura nei confronti di Ishmael, che non è suo figlio!), ma Hashem gli indica di dare ascolto a Sarà e al potere della sua voce profetica: la nostra matriarca è infatti consapevole del fatto che Ishmael avrebbe costituito una minaccia idolatra e avrebbe preteso l’eredità di Avraham contrastando il progetto divino, come sottolinea Rashì riferendo come Ishmael avesse già litigato con Yitzhak per questioni di eredità e tentasse persino di ucciderlo.
Del resto, l’importanza di Sarà e delle sue indicazioni profetiche sono già insite nella parashà di Lech Lechà quando il Signore, cambiando il nome da Sarai a Sarà e preannunciando ad Avraham che le avrebbe fatto dono di un figlio loro, spiega di fatto che Sarà Imenu non è più ‘principessa del solo Avraham’ (Sarai) ma Sarà, principessa di tutti i popoli (Bereshit 17:15-16).
Hashem aggiunge anche che il figlio da loro nato sarà il successore con cui manterrà il patto, e ribadisce che sì, farà prosperare anche Ishmael, vaet britì akim et-Itzhak, “il mio patto lo manterrò con Itzhak” (Bereshit 17:21).
Il legame non razionale ed intellettivo ma solo spirituale tra Am Israel e Hashem è sancito da un patto con un bambino di soli otto giorni, il quale non ha ancora studiato e non ha quindi scelto l’unione con il Signore ma ce l’ha solo per il fatto di essere ebreo, tant’è che Rashì sottolinea come questo patto sia non solo eterno ma addirittura esclusivo (Rashì nella traduzione della Torà e Haftaròt, Moise Levy Editore 2008, p. 59).
Le domande sono finite, sembrano tutti abbastanza soddisfatti ed anche stanchi; guardando fuori dalle finestra qualcuno chiede se è il momento di concludere: è giunta l’ora di Havdallà.

Sara Valentina Di Palma

(2 novembre 2017)