Legge che distorce la Storia,
Polonia sotto accusa

rassegna“Una rovina per la reputazione della mia nazione”. Così il polacco Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, ha definito la legge votata a Varsavia che punisce chi associa la Polonia ai crimini nazisti. Una legge contestata a livello internazionale e a cui i quotidiani italiani dedicano ampi approfondimenti. Il Corriere raccoglie alcune delle reazioni provenienti da Israele, come quella dello Yad Vashem che, seppur riconoscendo che il termine ‘campi polacchi’ per i lager costruiti dai nazisti in Polonia sia sbagliato, ancora più sbagliata è la legge che “mette a rischio la libera discussione sulla persecuzione degli ebrei a opera di una parte della popolazione locale”. Israele si prepara anche a richiamare il suo ambasciatore dalla Polonia (Il Fatto). “Durante la Shoah, in una situazione in cui la Polonia fu distrutta dai nazisti e completamente manovrata, il ruolo del popolo polacco fu abbastanza ambiguo: se abbiamo tanti ‘giusti’ che aiutarono, abbiamo pure avuto episodi molto gravi di rifiuto di aiutare gli ebrei. – spiega la storica Anna Foa ad Avvenire – Inoltre l’armata della resistenza polacca non intervenne quando nell’aprile del ’43 venne distrutto il ghetto di Varsavia. E ci fu anche il coinvolgimento, possiamo chiamarlo collaborazionismo, con il nazismo: c’era in tanti altri Paesi non solo lì, ma data la situazione e la presenza di moltissimi ebrei, questo coinvolgimento fu più grave. Questo non toglie che molti polacchi aiutarono gli ebrei, come in tante altre parti d’Europa”. “Che la Shoah sia stata progettata e realizzata dai nazisti è una verità indiscutibile. – dice lo storico Marcello Pezzetti al Corriere – Ma trasformare in reato un’espressione storicamente infondata come ‘campi polacchi’ è inaccettabile. Una manovra che rivela la volontà di prendere le distanze dal passato annullandolo, una fuga”. Per il viceministro agli Esteri Marek Magierowski, intervistato da La Stampa: “La reazione dei politici israeliani è stata troppo emotiva. Le disposizioni della legge sono state mal interpretate”. A suo dire “non sono in pericolo né le ricerche storiche sull’Olocausto, né il dibattito sulle pagine oscure della nostra storia”.

La Polonia e l’antisemitismo. “La retorica dell’estrema destra polacca fa leva sul senso di colpa per quello che accadde e il timore mai sopito che i discendenti di quegli ebrei chiedano riparazioni per le proprietà razziate”, afferma a Repubblica Jan Gross, storico polacco e docente a Princeton, parlando delle responsabilità polacche durante la Shoah. Secondo Gross la legge si inserisce in un quadro in cui gli ultraconservatori al potere fanno uso della retorica xenofoba per compattare il proprio elettorato, “Con l’aiuto di quel segmento di chiesa cattolica guidato da Tadeusz Rydzyk che avalla sentimenti antisemiti”. E dell’antisemitismo polacco scrive anche Wlodek Goldkorn, sempre su Repubblica: “da quando il Paese ha conquistato la libertà – spiega il giornalista – il principale tema della discussione pubblica sono i crimini perpetrati dai polacchi ai danni degli ebrei sotto l’occupazione nazista: dai pogrom finiti con gente bruciata viva, alla prassi di denunciare i concittadini fuggiti dai ghetti. Era ed è una discussione che portava e porta alla messa in questione dell’identità polacca, intesa come appartenenza alla nazione cattolica, etnicamente omogenea, generosa con le minoranze (ebrei) e vittima dei vicini (russi e tedeschi). In questi mesi il potere polacco attraverso la televisione di Stato e i giornali amici sta scatenando una campagna di odio nei confronti dell’Europa, della Germania, dei traditori interni al servizio di Berlino. E in questo contesto si inserisce la legge sui campi di sterminio per chi conosce le regole (non tanto) segrete della retorica polacca è ovvio che si tratta di un provvedimento in fin dei conti xenofobo e che si richiama all’immaginario antisemita”.

Il vittimismo polacco e le responsabilità. Sul Secolo XIX lo storico David Bidussa spiega che l’azione del governo polacco rappresenta il “vittimismo di chi non vuole fare i conti con il passato”. “Il vittimismo, – continua Bidussa – al netto dei motivi reali che lo definiscono, è soprattutto una macchina che serve a scansare le responsabilità e a pensarsi fuori dalla storia. A descrivere se stessi, a priori, come innocenti, incontaminati”. Per Marek Halter, intervistato da La Stampa, il primo ministro israeliano Netanyahu “dovrebbe pretendere dal governo polacco quanto fece a suo tempo Chirac ammettendo la collaborazione di alcuni francesi all’eliminazione degli ebrei. La Polonia non ha mai detto che aiutò i nazisti a cercare e trovare gli ebrei nascosti in casa propria. Migliaia di polacchi ci diedero una mano, ma altre migliaia parteciparono al nostro sterminio. E un fatto”. Secondo Fabio Nicolucci sul Mattino la legge polacca ha messo in difficoltà il Primo ministro israeliano anche per un altro motivo: ovvero aprirebbe “una profonda crepa in quella coalizione tra destre europee e occidentali a cui lavora non da oggi il premier Netanyahu”.

Milano, i dipendenti del comune e il ’38. Sono state ricostruite le vicende di 15 persone (11 uomini e 4 donne) che furono allontanate dal Comune di Milano per volontà del fascismo e a causa dell’introduzione delle leggi razziste del 1938. “Le loro storie sono state raccontate in Consiglio comunale””, racconta Avvenire, “grazie – sottolinea il Corriere Milano – al lavoro di studenti e professori del Dipartimento Studi Storici dell’Università degli Studi di Milano, al Cdec, alla Cittadella degli archivi, ecco in breve ricostruite le biografie dei dipendenti allontanati dal loro posto di lavoro tra il 1938 e il 1939”.

Memoria, le valigie della Resilienza a Torino. Si intitola Le valigie del nonsense. Resilienza e Shoah, ridere per sopravvivere l’installazione al Polo del ‘900, in via del Carmine 14, visibile da lunedì 5 febbraio e sino all’11 marzo. “Su quattro pile di vecchie valigie, ne viene posata una aperta, contenente uno schermo su cui sono proiettate, a ciclo continuo, testimonianze di diverse persone che raccontano in ebraico, yiddish, italiano, spagnolo e francese, battute, storielle e tradizionali witz”, racconta Torino Sette parlando dell’installazione creata dall’artista Thierry Forte. “L’evento, a cura di Sarah Kaminski, è promosso dall’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini, in collaborazione con la Comunità ebraica di Torino, Università di Torino, Gruppo di studi ebraici, Laboratorio Baires”.

Daniel Reichel twitter @dreichelmoked