Ebrei in Turchia, futuro a rischio

Screen Shot 2018-02-05 at 13.54.43La Turchia di Erdogan è anche questo. Il suo ciclista più popolare costretto appena poche settimane fa a lasciare la Israel Cycling Academy e a rinunciare al sogno di partecipare al Giro d’Italia per via delle ripetute minacce ricevute dai suoi cari. Uno sportivo musulmano con la maglia con la mezzaluna associato a Israele “Stato terrorista”, come l’ha recentemente definito il presidente turco: un abbinamento insostenibile per i facinorosi che hanno spinto Ahmet Orken a prendere (controvoglia) questa decisione.
“Turkey’s Jews are scared, but afraid to talk about it” titola tra gli altri il Jerusalem Post, che proprio in questi giorni è tornato sull’argomento. Ed è una preoccupazione diffusa a più livelli nel paese che oggi Erdogan, nelle sue intense ore a Roma e in Vaticano, tra una visita a papa Bergoglio e un incontro con le più alte cariche dello Stato italiano, qualifica come presidio fondamentale “per difendere Gerusalemme”.
La situazione sembra essersi deteriorata da tempo. E non solo nelle relazioni tra Turchia e Israele, incrinatesi ulteriormente dopo l’annuncio di Donald Trump su Gerusalemme, ma anche per quanto concerne le condizioni di vita della comunità ebraica turca (all’incirca 15mila unità). Malessere diffuso, spiega il JPost. E numeri che parlano chiaro, con una emigrazione ebraica dalla Turchia verso Israele che appare ad esempio in forte crescita.
“In Erdogan’s Post-Coup Turkey, Anti-Semitism is on the Rise” scrive tra gli altri il Tablet. E cita un recente report del dipartimento di Stato americano da cui emerge come il governo si stia rivelando sempre più ostile nei confronti delle diverse minoranze religiose. E come spesso le parole pronunciate dai rappresentanti istituzionali finiscano per influenzare le cosiddette “teste calde”, facendo dello Stato il corresponsabile di violenze gravissime. Come nel caso, nel luglio del 2017, della sinagoga Neve Shalom di Istanbul presa d’assalto da alcuni manifestanti con l’obiettivo di portare solidarietà ai “fratelli palestinesi”. Un luogo non casuale. Come ricordava Francesco Bassano in un suo pilpul, alla Neve Shalom sono stati compiuti due tra i più sanguinosi attentati antiebraici in Diaspora – nel settembre del 1986 e nel novembre del 2003.

(5 febbraio 2018)