L’augurio dell’ambasciatore d’Israele
“Dopo l’oscurità, splende la luce
Il messaggio di libertà di Pesach”

eydarCari e amati fratelli e sorelle di tutte le comunità ebraiche in tutta Italia, chag sameach!
Non è così che pensavamo di celebrare Pesach. In Israele è primavera, e questi giorni sono sempre edificanti per il cuore e per l’anima, ma quest’anno la situazione è complicata. Il cuore è in bilico tra il dolore in cui versa il mondo, e l’Italia in particolare, e il tempo ebraico che ci sprona ad uscire dal contingente opprimente e ad occuparci dell’eternità.
Siamo in una guerra globale. L’Italia è un fronte principale in questa possente battaglia tra l’umanità e il virus aggressivo che non fa distinzioni di sorta fra gli uomini, e cerca di colpirci tutti. Nei precedenti conflitti mondiali, sembrava che tutto dipendesse da noi, dalle armi, dai soldati, dalla disposizione al sacrificio. L’attuale guerra ci parla dei nostri limiti, i limiti delle capacità umane. Un piccolo virus che ha fermato il mondo e ha sparso la paura nei cuori. Stiamo imparando in piena battaglia le caratteristiche del nemico, e nel frattempo ci chiudiamo in casa fino a quando la furia sarà passata.
Siamo un popolo antico; abbiamo imparato qualcosa dal nostro passato. In tempi difficili, abbiamo sempre saputo attingere alle eterne sorgenti del nostro popolo, all’antica saggezza accumulata nei nostri depositi d’emergenza spirituali. Le festività ebraiche sono una fonte profonda della nostra speranza.
Il Coronavirus cerca di governarci, di dettarci le nostre vite, di renderci schiavi della paura del domani. È bene porgli dinanzi l’idea della libertà della Pasqua ebraica. È il nostro compleanno come popolo. Da Pesach iniziamo un percorso di sette settimane, passando per la settima sera di Pesach (commemorazione del passaggio del Mar Rosso), Yom Hashoah, Yom HaZikaron per i soldati caduti d’Israele, Yom HaAtzmaut – il giorno della nostra indipendenza politica –, Lag Ba’Omer (in memoria della rivolta di Bar Kochba), il giorno della liberazione di Gerusalemme e, infine, la festa del Dono della Torah.
Non abbiamo concluso l’opera uscendo dalla casa degli schiavi; quello era solo l’inizio. Abbiamo saputo riempire questa libertà di contenuto morale e spirituale, giuridico e nazionale. Ma dalla Pasqua d’Egitto abbiamo appreso l’enorme regola storiosofica incisa per sempre nella nostra coscienza: alla fine dell’oscurità, splende la luce. La luce deve brillare. Al termine di quella notte di Pasqua, quando i nostri padri e le nostre madri erano rinchiusi nelle loro case mentre la pestilenza divorava la terra d’Egitto, si udì il grido di liberazione: uscite dall’Egitto. Uscite dalle ristrettezze alla libertà eterna.
Poco più di 75 anni fa, sembrava che l’oscurità che aveva avvolto tutta la terra avrebbe coperto anche il nostro popolo. Ma, tre anni dopo la liberazione di Auschwitz, fu fondato lo Stato ebraico indipendente. Grazie a D-o.
Ci sono molti segnali che indicano che l’epidemia si trovi nella seconda parte della curva del grafico, e che si dirige verso la discesa. Adesso bisogna fare attenzione sette volte, per evitare che il virus si diffonda in nuovi luoghi. Ma alla fine di questa oscurità, sorgerà un sole di giustizia curativo per tutti noi. Dobbiamo avere pazienza. E fede.
L’Italia sta affrontando eroicamente l’epidemia, e, in una certa misura, il mondo ha imparato dalla sua amara esperienza come affrontare il virus. Anche noi abbiamo imparato in Israele, e ora siamo in una fase molto sensibile dello scoppio dell’epidemia in Israele. Gli scienziati in Israele stanno compiendo grandi sforzi, per trovare soluzioni alla malattia, e le nostre menti migliori lavorano giorno e notte, per elaborare idee per affrontare la situazione su vari piani. L’ambasciata sta fungendo da collegamento fra queste menti in Israele e le varie autorità in Italia. Nelle ultime settimane ho organizzato tre colloqui tra il Primo Ministro Benjamin Netanyahu e il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. I due leader si sono scambiati informazioni preziose per il bene di entrambi i paesi, e hanno espresso sostegno e solidarietà reciproca per i nostri due popoli. Siamo tutti su una stessa barca. Di fatto, l’umanità intera.
In ogni caso, è importante che voi sappiate, cari fratelli e sorelle: siamo con voi. Non siamo partiti. Le famiglie dei diplomatici sono rimaste con noi a Roma e Milano. Abbiamo soltanto chiuso per un momento le porte di Israele, per frenare la diffusione del virus. La salvaguardia della salute della collettività differisce i problemi dei singoli. Noi dell’Ambasciata restiamo qui con voi e ascoltiamo le vostre richieste. Chiamiamo regolarmente tutte le comunità, grandi e piccole, per conoscere la vostra situazione. Anche i Ministeri a Gerusalemme sono al corrente di ciò che sta accadendo qui, e stanno cercando di aiutare.
Per sette giorni ci libereremo del pane lievitato e mangeremo matzòt, “pane della povertà”, misero e smilzo, un simbolo dello spirito di frugalità, un simbolo di liberazione dall’orgoglio (il chametz, il lievito gonfio), un simbolo della libertà che verrà – deve venire, con l’aiuto di Dio – e un nuovo spirito soffierà sulle terre di Italia e d’Israele, assieme a tutto il mondo, uno spirito di salute del corpo e dell’anima, uno spirito di vicinanza tra gli esseri umani dopo un periodo di allontanamento, uno spirito di speranza e di rinascita.

Non disperiamo. Speriamo presto. Buon Pesach felice e kasher a tutti voi!

Dror Eydar, ambasciatore d’Israele in Italia