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26 Marzo 2017 - 28 Adar 5777
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
"E lo (l'Aron, contenitore delle tavole del patto) ricoprì d'oro dentro e fuori": ogni sapiente che non è dentro come è fuori, non è - secondo l'insegnamento talmudico - un vero sapiente.
 
David Bidussa,
storico sociale
delle idee
Dopo 60 anni l’Europa per molti non è più un sogno. Il futuro che dipingono è un ritorno al passato. Quelli che contro di loro difendono l’idea di Europa, pensano che basti evocare le buone intenzioni originarie per andare avanti. Nessuno prova a pensare futuro, ognuno ha un suo catechismo fatto di certezze che provengono da testamenti del passato. Ma l’Europa che ci sarà non è preceduta da alcun testamento. Sarà la risposta alle tensioni, alle disperazioni e alla voglia di futuro di un dopoguerra che non è quello di 70 anni fa.
 
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Europa alla prova,
serve unità
L’attenzione del mondo puntata ieri su Roma dove, non senza qualche resistenza, i 27 leader europei hanno rilanciato l’impegno dell’unità per difendere valori e sfide comuni. L’Europa prova a ripartire puntando sulle diverse velocità che consentirebbero ai Paesi interessati a una maggiore coesione di procedere senza essere bloccati da quelli ancora non pronti. Il vertice dei capi di Stato e di governo svoltosi ieri Campidoglio, scrive il Corriere, “ha cercato di dare ai cittadini un segnale di unità politica anche su questo punto controverso”.
Nella giornata celebrativa dei Trattati, Roma supera la prova della sicurezza. “Poteva essere il corteo della devastazione, con la sua anima rivoltosa popolata di no global. Ma il lavoro di prevenzione messo in campo dalla Questura – sottolinea il Messaggero – ha permesso di evitare il peggio e di chiudere il serpentone di EuroStop, quello degli antagonisti e dei black bloc in trasferta, solo con qualche momento di tensione nella parte finale della manifestazione”.
Tra le manifestazioni più inquietanti quella organizzata da Alemanno e Storace non lontano dal Campidoglio. Con loro pezzi di destra, non solo romana, così raccontati dalla stessa testata: “Da Roberto Menia a Giuseppe Scopelliti. Fino ad Alfredo Iorio, leader del Trifoglio e responsabile della storica sezione del Movimento sociale di via Ottaviano, e ai giovani militanti di Patria. Tra i tassisti anti-Uber e gli avvocati ‘per i minimi tariffari’. In mezzo ci sono anche in nuovi ‘fascisti’ capitanati da Giuliano Castellino e dal suo movimento Roma ai romani (dentro si contano vecchi missini e militanti della ‘X Mas’ e di ‘Militia’) che, in meno di cento, rispolverano i saluti romani, attaccano gli immigrati di colore che provano solo ad attraversare la strada e bruciano in piazza le bandiere dell’Ue”.

Nome in codice: Ratafia. Un’operazione congiunta dei servizi segreti di Israele e Francia ha consentito, già prima del 2011, quando cominciò la guerra in Siria, di strappare preziose informazioni sul programma di armi chimiche del presidente siriano Bashar Al-Assad. “Un lavoro di fino, con risvolti psicologici, che supera la fantasia anche del più talentuoso degli sceneggiatori cinematografici” scrive La Stampa.

Contrastare l’analfabetismo religioso, prevenire la creazione di ‘stereotipi dell’altro’, favorire il dialogo fra diverse culture e religioni, sostenere le figure più vicine al detenuto. Sono gli obiettivi del progetto “Conoscere e gestire il pluralismo religioso negli istituti di pena lombardi” promosso da Università degli Studi di Milano, ministero della Giustizia, Diocesi di Milano, Coreis (Comunità religiosa islamica italiana), Comunità ebraica di Milano, Unione buddhista, Biblioteca ambrosiana e Caritas ambrosiana. A parlarne è l’edizione cittadina di Avvenire.
 
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  davar
l'inaugurazione del tempio piccolo
"Bologna, uno sguardo al futuro
grazie a una nuova sinagoga"

“Difendere l’immenso patrimonio di cui l’ebraismo italiano è custode, ma anche lasciare un nuovo segno, creare qualcosa, farsi percepire come un soggetto attivo nella società è la sfida su cui abbiamo deciso di investire risorse ed energie, perseguendo l’idea che così come i luoghi della storia hanno grande valenza identitaria, anche gli spazi della contemporaneità possono farci sentire fortemente radicati ad una Comunità e a una cultura dalla tradizione viva”:
Si apre con le parole del Presidente della Comunità ebraica Daniele De Paz l’emozionante cerimonia di inaugurazione del nuovo Tempio piccolo di Bologna. Una giornata di festa e allo stesso tempo di rinnovamento che è stata rivolta all’intero ebraismo italiano, rappresentato oggi nelle sue molteplici sfaccettature, dalle vecchie come dalle nuove e nuovissime generazioni (particolarmente numerose in sinagoga).

Intitolato alla memoria di Renzo Yedidià Soliani, presidente della Comunità ebraica negli anni Sessanta, la sinagoga è oggi protagonista con la cerimonia e con le diverse iniziative, pensate anche per i bambini, in programma nel pomeriggio.
“L’inaugurazione di una nuova sinagoga è nella sua essenza e forse anche rarità un evento storico e di grande gioia, ed è la manifestazione tangibile della nostra voglia di guardare al futuro. Ancor più commovente – afferma Noemi Di Segni, Presidente UCEI – è inaugurare, o meglio reinaugurare, un luogo che già esisteva, tanto antico, che oggi comincerà a rivivere”.

Osserva inoltre Dario Disegni, Presidente della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia, il cui intervento conclude la prima parte dell’evento: “La conoscenza dell’altro, del diverso, è il miglior antidoto ai tremendi di razzismo, antisemitismo e xenofobia, che oggi purtroppo tendono a propagarsi con crescente intensità nella nostra società. Questo luogo ci ammonisce quindi, da un lato, a rafforzare la nostra identità ebraica, dall’altro a costituire altresì uno spazio di incontro e di confronto con le altre componenti della società”.
È quindi rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna, a dare avvio alla cerimonia religiosa di inaugurazione. Al suo fianco i rabbini Giuseppe Momigliano, Adolfo Locci e Alberto Somekh, che assieme al rabbino capo estraggono i rotoli della Torah dall’Aron, l’armadio, per condividerli con l’intera Comunità e con i tanti presenti (tra cui il vicepresidente UCEI Giulio Disegni, l’assessore bolognese dell’Unione David Menasci, il consigliere Roberto Israel).
Quindi rav Sermoneta, rav Momigliano e rav Locci tengono alcune brevi lezioni su temi legati alla cerimonia odierna. Il rav Sermoneta ricorda l’importanza del minhag, gli usi e le tradizioni propri di una specifica Comunità; il rav Momigliano invita alla responsabilità di trovare il chesed, la bontà, che Dio ha dato in dono all’uomo; il rav Locci ripercorre l’evoluzione della figura del chazan, il cantore, dalla letteratura post-biblica ai tempi moderni.
Ad essere letto anche un messaggio di felicitazioni dell’ambasciatore israeliano Ofer Sachs.
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qui venezia - la cerimonia
Da Pellestrina alle coste di Israele
I 70 anni del viaggio di Kadima

Settant’anni fa salparono dall’isola veneziana di Pellestrina tre navi cariche di ebrei sopravvissuti alle persecuzioni e alla Shoah. La destinazione il nascente Stato di Israele, la meta scelta per mettersi alle spalle l’orrore, l’angoscia e la paura e ricostruirsi una vita.
Entrati in Italia da Tarvisio, i 794 passeggeri furono aiutati dall’organizzazione clandestina Brichà, che operava a stretto contatto con la Brigata Ebraica e l’Haganah, oltre che dall’infaticabile Ada Sereni, un punto di riferimento imprescindibile per molte di quelle traversate.
In queste ore il Keren Hayesod e la Comunità ebraica veneziana hanno ricordato il viaggio di una delle tre imbarcazioni, la nave “Kadima” (in ebraico, avanti). Con l’ambizione di poter arrivare all’appuntamento con nuove testimonianze e nuovi affreschi di Memoria. Ad aprire l'appuntamento il saluto di Andrea Jarach, presidente del Keren Hayesod, a cui sono seguite le parole del vicesindaco di Venezia Luciana Colle e dell'ambasciatore d'Israele in Italia Ofer Sachs. Il pubblico ha poi potuto ascoltare le testimonianze di Lea Taragan, Segio De Poli e Yossi Peled. 

la richiesta di chiarimento al sindaco
"Torino non dia spazio al Bds"
Un appuntamento che doveva essere la presentazione di un progetto umanitario a Gaza, patrocinato dalla Città di Torino, diventato occasione per una bieca propaganda anti-israeliana. È quanto accaduto lo scorso 22 marzo ad un incontro tenutosi nella Sala delle Colonne del Municipio del capoluogo piemontese e contro cui la Comunità ebraica di Torino ha preso fermamente posizione chiedendo chiarimenti al sindaco Chiara Appendino. In una missiva indirizzata al Primo cittadino, a firma del presidente della Comunità Dario Disegni, si sottolinea che all'iniziativa – divenuta occasione per esponenti del Bds di lanciare falsità e ingiurie contro Israele, arrivando a parlare di pulizia etnica e facendo paragoni impossibili e offensivi tra la situazione di Gaza e i campi di concentramento nazisti – sono intervenuti ufficialmente sia il vicesindaco sia il presidente del Consiglio Comunale di Torino. Un fatto grave per cui la Comunità ebraica ha chiesto un pronto chiarimento da parte di Appendino, per quello che è stato definito un “increscioso episodio”.


pilpul

L’affaire Bensoussan / 2
Queste, quindi, le premesse, per come le abbiamo definite nell’articolo precedente. Dopo di che, dalla critica intellettuale si è passati alla polemica astiosa e, infine, alle aule di tribunale. I fatti sono noti ma conviene ricordarli, poiché in Italia, già si diceva, sono stati oggetto di scarsa considerazione. Il 10 ottobre del 2015, durante il programma radiofonico «Répliques», condotto da Alain Finkielkraut per la rete «France Culture», intervenendo nel merito del libro di Patrick Weil «Le sens de la République», Bensoussan ad un certo punto afferma: «oggi ci troviamo in presenza di un altro popolo che si costituisce nel seno della nazione francese, che sta facendo regredire un certo numero di valori democratici che ci hanno accompagnato». In un passaggio successivo aggiunge: «non ci sarà integrazione finché non ci si sarà sbarazzati di questo antisemitismo atavico». Citando poi il sociologo algerino Smaïn Laacher, Bensoussan aggiunge, attribuendo a questi le parole che lascia intendere di ripetere testualmente: «è un’offesa che si mantenga questo tabù, sapendo che nelle famiglie arabe, in Francia – e tutto il mondo lo sa ma nessuno lo vuole dire – l’antisemitismo lo si succhia con il latte dalla madre».

Claudio Vercelli
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Levi Papers - Gli scontrini
Una delle aggiunte più consistenti dell’edizione 1958 di “Se questo è un uomo” è su tre fogli dattiloscritti: il primo è meta di un foglio; il secondo è un foglio intero; il terzo pure, ma le righe battute a macchina occupano solo un quarto della pagina. Sono inseriti nel capitolo “L’ultimo”, in cui Levi descrive l’impiccagione di uno dei rivoltosi di Birkenau, probabilmente un membro del Sonderkommando, che ha preso parte alla rivolta contro le SS. Nella versione 1947 Primo e Alberto camminano e parlano. Hanno due gamelle vuote, e Alberto la menashka, il contenitore ricavato dalla lamiera zincata, quasi un secchio, segno evidente della posizione di rilievo raggiunta dai due deportati nel campo. Levi ha aggiunto i tre fogli dando più spazio nel capitolo ad Alberto, personaggio che ha ora una dimensione narrativa più ampia. Viene raccontata la sua abilità nel trafficare tra la Buna e il Lager di Monowitz.

Marco Belpoliti, scrittore
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