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20 aprile 2017 - 24 nissan 5777
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Verso yom hashoah - IL MONITO DI RAV jonathan SACKS 

"Antisemitismo, minaccia alla libertà di tutti"

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“Mentre ancora vive il ricordo della Shoah, dopo cui il mondo dichiarò che non sarebbe mai più accaduto, l’antisemitismo è tornato”. Rav Jonathan Sacks, alla vigilia di Yom Hazikaron laShoah ve-laG'vurah (Giorno della Memoria della Shoah e dell’Eroismo) che viene commemorato il 27 del mese ebraico di Nissan, sceglie di lanciare un monito forte. Ripete come già in passato che l’antisemitismo continua a esistere e a trovare inaccettabili legittimazioni, prima fra tutte l’antisionismo, ma soprattutto che esso rappresenti una minaccia per l’intera società e non solo per gli ebrei, e come tale vada affrontato. Per la sua denuncia rav Sacks, già rabbino capo del Commonwealth e membro della Camera dei Lord, sceglie un mezzo nuovo, un video animato con la tecnica del “whiteboard”, con la matita di un disegnatore che dà vita a ciò che la voce del leader britannico racconta, perché il messaggio possa raggiungere davvero tutti.
“Storicamente, l’antisemitismo è stato difficile da definire, perché si è espresso in forme contraddittorie. Prima della Shoah, gli ebrei erano odiati perché erano poveri e perché erano ricchi, perché erano comunisti e perché capitalisti, perché vivevano tra di loro e perché si infiltravano ovunque, perché rimanevano legati ai propri antichi principi religiosi e perché erano cosmopoliti privi di radici,” spiega rav Sacks, mentre i personaggi prendono vita, si colorano e si muovono sullo schermo.
“Ma allora cos’è l’antisemitismo? È necessario essere chiari. Il non amare qualcuno perché è diverso non è antisemitismo. È xenofobia. Criticare Israele non è antisemitismo: è parte del processo democratico, e Israele è una democrazia. L’antisemitismo è qualcosa di molto più pericoloso - significa perseguitare gli ebrei e negare loro il diritto di esistere collettivamente come ebrei con gli stessi diritti di tutti gli altri”. Il rabbino sottolinea inoltre che, se nel Medio Evo il movente addotto era la religione, e nel diciannovesimo e ventesimo secolo era la “razza”, oggi si tratta del Stato nazionale ebraico Israele.

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identità

I-tal-yà, la nostra isola di rugiada divina

img headerGli ebrei vivono nella penisola italiana da oltre due millenni. Una presenza storica per una minoranza che, tra alterne vicende, ha fortemente inciso nella società. Sul numero di Pagine Ebraiche di aprile sono stati pubblicati al riguardo tre scritti di altissimo valore, con l’autorizzazione del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara, realizzati per un concorso di selezione di personale all’interno dello stesso Meis. Riproponiamo questa settimana il primo dei tre scritti.
Il disegno è di Giorgio Albertini.

I-tal-yà, isola della rugiada divina, così gli ebrei italiani chiamano la nostra penisola. Un nome che racchiude la storia bimillenaria di questa minoranza e il suo attaccamento al Paese. Una presenza che fin dalle origini ha contribuito alla formazione e all’evoluzione della cultura italiana. Una minoranza che, parafrasando Primo Levi, “non ci fosse stata, [l’Italia] sarebbe stata diversa”. Le prime presenze ebraiche nella penisola italiana si attestano attorno al II sec. a.e.v. quando i Maccabei inviarono a Roma degli ambasciatori nella guerra contro i Seleucidi, vicenda celebrata durante la festa di Hannuka. L’arrivo massiccio di ebrei nel territorio italiano è però legato ad uno degli episodi più bui della storia ebraica: la distruzione del Tempio di Gerusalemme. Avvenuta nel 70 e.v. ad opera di Tito, segnò anche la deportazione degli ebrei e la Diaspora. Questi fatti sono parte della storia ebraica, ma compongono anche un tassello della cultura italiana. Lo studente che intraprenderà gli studi liceali, studierà la storia delle guerre giudaiche nella narrazione di Giuseppe Flavio, quale esempio della produzione storica della letteratura latina. Non solo, chi si recasse a Roma, noterà accanto al Colosseo l’arco di Tito, decorato con bassorilievi che illustrano il trionfo del comandante e l’ingresso a Roma degli ebrei sconfitti. Per rimanere in ambito romano, a distanza di circa quattro secoli, è lecito sostenere che la grande rivoluzione sociale e culturale che avrebbe scosso l’Impero romano e sulle cui basi si fonda la cultura italiana, non sarebbe potuta avvenire senza la esistenza dell’ebraismo.

Sharon Reichel

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Orizzonti  

Il Califfo nel Sinai

II Califfato del terrore cerca casa e potrebbe trasferirsi nel Sinai. Le sconfitte subite dallo Stato Islamico in Iraq e Siria, la battaglia in corso di Mosul e l'incombente assalto a Raqqa, obbligano Abu Bakr al-Baghdadi a cercare una nuova piattaforma territoriale per la sua Jihad globale. E per comprendere dove potrebbe andare bisogna partire da dove le sue cellule sono più attive: negli ultimi sette giorni hanno fatto strage di cristiani in due importanti chiese copte egiziane ed hanno lanciato razzi verso la città israeliana di Eilat, obbligando lo Stato ebraico a chiudere i confini. In entrambi i casi, secondo fonti militari al Cairo e Gerusalemme, la regia degli attacchi è stata localizzata nel Sinai. Si tratta della penisola desertica dove nell'ottobre 2014 il gruppo jihadista «Velayat Sinai» ha giurato fedeltà al Califfato riuscendo a rafforzarsi fino a tenere in scacco un contingente egiziano arrivato a contare 30 mila uomini, sostenuti da mezzi blindati ed elicotteri.



Maurizio Molinari, La Stampa
16 aprile 2017


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Orizzonti 

L'uscita dall'Unione
non salverà la Francia

Tra pochi giorni si concluderanno le elezioni presidenziali francesi e ci sono comprensibili timori che possa verificarsi un altro shock alla Trump. In particolare, le traversie dell'euro hanno intaccato la reputazione del progetto europeo (la lunga marcia verso la pace e la prosperità attraverso l'integrazione economica) e hanno fatto involontariamente il gioco dei politici antieuropeisti. E i miei contatti in Francia mi dicono che la campagna elettorale di Marine Le Pen sta cercando di spacciare le critiche alle politiche europee di importanti economisti come sostegni impliciti al programma del Fronte nazionale. Non lo sono. Io ho criticato aspramente sia l'euro chele politiche di austerità portate avanti nell'Eurozona dal 2010 in poi. La Francia potrebbe e dovrebbe fare molto meglio di come sta facendo. Ma il tipo di politiche di cui parla il partito della signora Le Pen, il Fronte nazionale - uscita unilaterale non solo dall'euro, ma dall'Unione Europea - non favorirebbe l'economia francese, ma al contrario la danneggerebbe.

Paul Krugman, Il Sole 24 Ore
20 aprile 2017


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