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 12 aprile 2018 -  27 nissan 5778
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INFORMAZIONE

"Scusate. Siamo stati razzisti" 

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“Per decenni, la nostra copertura mediatica è stata razzista. Per superare il nostro passato, dobbiamo riconoscerlo”. Nell'anniversario dei 50 anni dall'assassinio di Martin Luther King la rivista National Geographic ha deciso di guardarsi allo specchio e analizzare gli errori del passato. Il numero di aprile è stato dedicato al tema delle razze umane, che non esistono, e al fatto che per anni gli articoli del National Geographic hanno contenuto frasi e articoli razzisti. In una editoriale di apertura, la direttrice Susan Goldberg ha spiegato la sua scelta. “Sono il decimo direttore del National Geographic dalla sua fondazione nel 1888. Sono la prima donna e la prima persona ebrea, membro di due gruppi che qui hanno subito discriminazioni. Mi fa male condividere le storie spaventose del passato della rivista. Ma quando abbiamo deciso di dedicare la nostra rivista di aprile al tema della razza, abbiamo pensato che avremmo dovuto esaminare la nostra storia prima di rivolgere il nostro sguardo agli altri”. La razza, prosegue Goldberg, non è un costrutto biologico, come spiega la scrittrice Elizabeth Kolbert nel numero in questione, ma un costrutto sociale che può avere effetti devastanti. “Molti degli orrori degli ultimi secoli sono riconducibili all'idea che una razza sia inferiore a un'altra -scrive Kolbert - Le distinzioni razziali continuano a plasmare la nostra politica, i nostri quartieri e il nostro senso di sé”.

Pagine Ebraiche, aprile 2018 

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MACHSHEVET ISRAEL

I pregiudizi di Lutero

img headerL’ottobre scorso ricorreva il cinquecentenario di quel gesto – l’affissione da parte di Lutero delle 95 tesi di Wittenberg – che segnava l’inizio della Riforma. Nell’occasione, su suggerimento di un conoscente, decisi di leggere il testo di Tohomas Kaufmann “Gli ebrei di Lutero” (2014), tradotto nel 2016 per Claudiana. Kaufmann affronta di petto il tema dell’antisemitismo e dell’avversione antigiudaica di Lutero. Uso i due sintagmi perché se il primo rimanda all’ “antisemitismo tardomedievale e protomoderno” di cui “Lutero si rese megafono e garante” (p. 135), il secondo permetterà di cogliere gli aspetti teologici, e quindi teorici, del problema. Ora, per come ho compreso il testo – che mi pare prezioso, ma che non è mia intenzione qui recensire – Kaufmann, da storico, pone l’accento sugli aspetti contestuali – i pregiudizi ereditati dalla Chiesa romana, quelli di carattere sociale etc. Tuttavia –ed è questo a mio avviso l’aspetto più interessante – non mi pare che Kaufmann risolva il problema appellandosi alla formula della contestualizzazione nella misura in cui riconosce quanto la ‘svolta’ antigiudaica del Riformatore – che in una prima fase avrebbe espresso apertura e interesse verso il mondo ebraico ma che giungerà infine a redigere il famigerato libello Degli ebrei e delle loro menzogne – fosse intrecciata alle sue riflessioni di carattere teologico.

Cosimo Nicolini Coen

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società  

Il mondo civile tace
     

Scrivo queste parole alla vigilia del Giorno della memoria in Israele, che commemoriamo ogni anno una settimana prima della nostra Festa dell'Indipendenza. E una ricorrenza che mi tocca nel profondo dell'animo. Mio padre è sopravvissuto all'Olocausto, scampato miracolosamente dal ghetto di Budapest. Mio nonno fu ucciso nel campo di concentramento di Mauthausen in Austria. Mia nonna fu assassinata ad Auschwitz, in Polonia. Allo scoppio della guerra, vivevano tutti sotto lo stesso tetto di una casa tranquilla a Novi Sad, in Serbia, finché i nazisti, accompagnati dai fascisti ungheresi, li sparpagliarono per l'Europa eli massacrarono. Fino all'ultimo, rimasero convinti che il mondo ancora sano di mente, il mondo civile, sarebbe intervenuto per liberarli; che almeno uno dei vicini di casa, i loro vecchi compagni di scuola, si sarebbe alzato per dire: «Basta! Mi rifiuto di restare a guardare mentre vengono trucidate persone innocenti!». Non è mai successo. II mondo civile ha vinto la guerra, è vero, ma non facciamoci illusioni, non è sceso in guerra per metter fine al genocidio degli ebrei, bensì perché temeva le mire espansionistiche di Hitler.

Yair Lapid, Corriere della Sera, 12 aprile 2018

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orizzonti 

Damasco si prepara
alle contromosse   

Americani e russi duellano a colpi di tweet e dichiarazioni ma la reazione ai raid americani potrebbe arrivare dall'Iran e trascinare la Siria in una guerra aperta con Israele, tanto che ieri Vladimir Putin ha chiesto a Netanyahu di «non intervenire». Le forze di Bashar al-Assad e i consiglieri iraniani hanno continuato i loro spostamenti verso le basi russe meglio protette. E sono proprio questi movimenti a dare le indicazioni sul duello fra le due superpotenze e fra i loro alleati regionali. Oltre a essersi svuotati di aerei civili, i cieli siriani si sono svuotati anche di quelli militari. I jet e gli elicotteri d'assalto siriani sono stati spostati dalle basi nel centro del Paese a quelle russe vicino a Tartus e Lattakia. Mosca, e soprattutto Teheran, temono un'ondata di raid prolungata, in grado di annientare le forze aeree siriane e iraniane. Per questo l'ambasciatore russo in Libano, Alexander Zasypkin, ha avvertito ieri mattina sulla tv di Hezbollah Al-Manar che «se gli americani colpiscono, noi colpiremo le basi di lancio dei missili», navi e sottomarini.I media vicini al regime, come Al-Masdar, riferiscono che sono arrivati nelle basi russe alcuni Su-35 dotati di missili antinave Kh35.

Giordano Stabile, La Stampa, 12 aprile 2018


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shir shishi - una poesia per erev shabbat

"Eccomi pronto e disponibile"

img header"Dall'indomani del sabato, dal giorno che avrete portato l'offerta agitata del fascio di spighe, conterete sette settimane intere."
Levitico 23, 15

Termina una festa e alla sera dell'ultimo giorno si dà subito il via al primo gesto simbolico e forte con cui ci si prepara alla festività successiva. Termina Yom Kippur, il Giorno del Digiuno, ed ecco che si pianta la prima asta della capanna in vista di Sukkot, celebrata come Pesach e Shavuot (la festa delle settimane), in memoria dell'uscita dall'Egitto.
Nel kibbutz Degania Bet, tutti gli anni, all'indomani della cena del Seder, i membri del kibbutz si recano, grandi e piccini, a un campo di grano color verde intenso per celebrare la primavera, la mietitura e la conquista dolorosa e faticosa della terra. I campi un tempo paludosi, dal 1920 (anno di nascita dell'insediamento agricolo), si estendono fertili sul lato meridionale del mar di Galilea. In quei giorni lontani il piccolo gruppo di pionieri era composto da qualche decina di membri che oggi sono circa ottocento e a loro si deve un'eccellente produzione di datteri e una piccola Silicon Valley, tra le più sviluppate in Israele. Durante la cena del Seder, i membri del kibbutz riuniti nel refettorio, recitano la loro versione della Haggadah, un testo cantato in diverse parti, quasi un libretto d’opera intriso di influenze hassidiche, russe e orientali arabe, in una perfetta unione di contaminazioni. Questa particolare modalità mantiene una vivace dialettica tra l'antico e il nuovo, tra la storia della liberazione dalle grinfie del Faraone e la rinascita in Terra di Israele. Verso la fine della lettura collettiva si innalza nell'aria una fluttuante melodia, degna di un Tisch hassidico che dice: "Eccomi pronto e disponibile".                                                                                                   
Al calar del giorno successivo gran parte dei kibbutznikim si danno appuntamento per la festa della mietitura, che segna la celebrazione di Shavuot, prevista dopo sette settimane. La gente si accomoda nel campo odoroso di spighe appena tagliate, mentre sul palco gli organizzatori conducono i canti e le danze creati ad hoc lungo gli anni della formazione dello Stato di Israele.                                                                                                                         
La cerimonia è aperta da una signora anziana, che sta ferma in piedi tra le spighe piuttosto alte, con un microfono in mano, pronta a cantare il breve niggun del Seder in onore dei mietitori e dei covoni appena raccolti. Canta questo niggun ormai da cinquant'anni e, come di consueto, il pubblico risponde: Eccomi pronto e disponibile.

Eccomi pronto e disponibile                                                                                     
Eccomi pronto e disponibile                                                                                       
Eccomi pronto e disponibile                                                                                             
Eccomi pronto e disponibile                                                                                            
ad adempiere al precetto del Signore.
Com'è scritto nella Torah                                                                                              
sono pronto e disponibile.                                                                                          
Com'è scritto nella Torah                                                                                              
sono pronto e disponibile.
E conterete dall'indomani del sabato
sette settimane intere,                                                                                                   
dal giorno in cui avrete portato un omer di grano.
Eccomi pronto e disponibile                                                                                           
a compiere il precetto del Signore.

Sarah Kaminski, Università di Torino 

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