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23 MARZO 2018
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milano - fONDAZIONE scuola

Disturbi alimentari, conoscerli per combatterli

img headerGiovani e disturbi alimentari, il tema del terzo appuntamento organizzato dalla Fondazione Scuola ebraica di Milano che ha coinvolto studenti e genitori dell’istituto milanese. Un incontro organizzato nell’ambito delle celebrazioni dei 20 anni della Fondazione, per un programma che prevede un ciclo di eventi con esperti dedicati alle problematiche più frequenti tra giovani e adolescenti.
Protagonista dell’incontro sui disturbi alimentari, Roberta Traversa, psicologa e insegnante; accanto a lei Michela Proietti, opinionista del Corriere della Sera e Agostino Miele, preside dell’istituto.

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istruzione

Quanto conta la genetica

Se è vero che l’umanità ha raggiunto il limite massimo delle sue prestazioni fisiche, potremo almeno consolarci con quelle mentali? Dall’Islanda ci rispondono di no.
La contraddizione intrinseca fra istruzione superiore e tasso di fecondità è nota: nei Paesi dove le donne proseguono gli studi fino ai livelli più alti, di solito fanno meno figli. Non a caso il tasso di fecondità in Afghanistan è di oltre 7 figli per donna, contro 1,4 in Germania. Questa è una dinamica sociale ampiamente discussa, che già di per se stessa tende a influenzare il patrimonio genetico dell’umanità, privilegiando i soggetti meno istruiti.
Ora però un gruppo di genetisti islandesi si è spinto oltre, con uno studio pubblicato su Pnas, dove si mette in evidenza una forte correlazione fra i geni che predispongono le persone a studiare più a lungo e quelli collegati alla fecondità. “Non si tratta del fatto che l’istruzione, o le opportunità di carriera che fornisce, impediscono di avere più figli -, spiega la direttrice dello studio Kari Stefansson, ad dell’Istituto di studi genetici deCode di Reykjavik -. Qui si tratta del fatto che chi è geneticamente predisposto a studiare a lungo, è anche predisposto ad avere meno figli”.

Elena Comelli per Nòva

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letture per l'infanzia

L'Asia e il nazismo

Un libro per bambini pubblicato in India che include il dittatore nazista Adolf Hitler tra undici “grandi leader” della storia ha attirato critiche internazionali, soprattutto dagli Stati Uniti e da Israele, e ha riaperto la questione del complicato e ambiguo rapporto di molte persone che vivono in Asia con il nazismo e la Shoah. Sulla copertina del libro, intitolato Leaders, il volto di Hitler – per la precisione di una statua di cera che lo raffigura – è rappresentato insieme alle facce di Barack Obama, Gandhi, Nelson Mandela, della leader birmana Aung San Suu Kyi (a sua volta una scelta criticata, per la gestione della crisi dei rohingya) e dell’attuale presidente indiano Narendra Modi.
Leaders è lungo 48 pagine e costa meno di due euro; il sito di Pegasus, la casa editrice del gruppo B. Jain che lo ha pubblicato, non ne indica l’autore. Il libro è uscito nel 2016 ma fino alla settimana scorsa non aveva ricevuto critiche: tutto è cominciato quando è stato notato alla Krithi International Book Fair di Kochi, una città nel sud-ovest dell’India dove da secoli vive una comunità ebraica. Il libro è così stato segnalato al Simon Wiesenthal Center di Los Angeles.

Il Post

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