15/06/2009 – Relazioni del convegno di Ferrara 2008 – Rav Luciano Meir Caro
Molte delle cose che avrei voluto dire le avete già ascoltate dal Dottor Mortara; mi limiterò pertanto ad alcune osservazioni di carattere generale.
La normativa ebraica si fonda quasi esclusivamente sulle fonti antiche, intendo il testo biblico, la letteratura talmudica successiva e sui “precedenti”. Ci sono sicuramente dei principi generali che sono alla base della nostra normativa e debbono pertanto ispirare il corretto comportamento, ma il problema centrale non è quello di declamare questi principi quanto piuttosto quello di calare questi principi nella realtà quotidiana esaminando con molta attenzione caso per caso.
Per quanto concerne le problematiche legate ai processi della procreazione, và detto che è considerato un dovere primario provvedere a procreare e chi non vi si attiene è, secondo l’espressione talmudica, considerato come chi “sopprime una vita e allontana la Provvidenza”.
Si adempie a questo imperativo mettendo al mondo almeno due figli, un maschio e una femmina, allo scopo di non lasciare questo mondo più povero di come l’abbiamo trovato. Ma và osservato che questo obbligo ricade soprattutto sul maschio, in quanto si ritiene che nella donna il desiderio di maternità è talmente connaturato da non richiedere un preciso dettato normativo.
Occorre premettere che la legge tradizionale ebraica non parla tanto di diritti ma di doveri. Quindi, non ci si sofferma generalmente sul “diritto alla vita” quanto piuttosto sul dovere di preservarla e di non attentare alla vita altrui, nemmeno alla propria.
> Analogamente non si afferma l’esistenza del “diritto di proprietà”, ma piuttosto il dovere di non ledere il nostro prossimo per quanto concerne le cose da lui possedute.
Qualche parola sulla procreazione assistita. La materia è molto complessa comprendendo aspetti fisici, psicologici ed etici; pertanto non è sempre possibile dare risposte definitive ed esaustive. Ogni caso va valutato con grande attenzione valutandone tutte le implicazioni.
Sebbene le autorità rabbiniche propendano, per quanto possibile, a proporre posizioni facilitanti, non si può assolutamente prescindere dall’applicazione dei principi ebraici circa le problematiche che richiedono una soluzione.
Mi limito ad esporre alcune delle problematiche delle quali occorre tener conto.
La tradizione ebraica vieta la dispersione del seme maschile, considerato un elemento nel quale è insita una forma di sacralità.
Non si può ignorare il rischio di determinare confusione tra donatori. Ci si domanda inoltre se, nel caso di procreazione assistita,si sia adempiuto o meno all’obbligo di procreare. Và tenuto presente che per la normativa ebraica, e questo è un elemento importantissimo, il concepito acquisisce pieno stato giuridico solo al momento della nascita.
Fin dal concepimento il feto è protetto, ma i suoi diritti non possono prevalere su quelli della madre,della quale và tutelata l’ integrità fisica e, secondo alcuni, anche quella psichica. La soppressione del feto è proibita, ma comunque non costituisce omicidio.
Nei casi in cui la fecondazione avvenga in vitro, occorre tener conto di alcuni elementi tra i quali il fatto che l’embrione, fino a quando non è impiantato nell’utero, non è considerato vita potenziale e che il feto nel corpo materno è considerato come parte integrante dello stesso e pertanto non ha una sua vita individuale.
Non và poi dimenticato che l’impegno scientifico deve essere sempre proiettato, soprattutto a salvare e salvaguardare la vita umana.
A proposito degli embrioni, si sostiene inoltre che la fecondazione omologa è consentita ma solo alle coppie sposate in difficoltà, anche allo scopo di salvaguardare la tenuta del matrimonio; che la fecondazione eterologa è generalmente vietata. Questa contrarietà nasce da una serie di motivazioni derivanti dalla difficoltà di attribuire la paternità.
Non si possono poi ignorare i problemi psicologici della coppia, quelli del donatore e, successivamente, quelli del concepito. Vi sono inoltre i problemi legati al divieto severamente sostenuto dalla tradizione ebraica relativamente all’incesto.
Restano poi da risolvere altri problemi secondari rispetto ai precedenti; quelli che, ad esempio, riguardano il diritto ereditario.
A proposito del riconoscimento di paternità e maternità va detto che se il seme è del marito, questi è considerato il padre a tutti gli effetti; cosa che non avviene se il seme è eterologo.
Altri problemi nascono dall’uso dell’ovulo di un’altra donna. un’altra donna. E’ posto il problema, non ancora risolto, se la maternità deve essere considerata ovarica oppure uterina.
La ricerca scientifica sugli embrioni per curare la sterilità è vista generalmente con atteggiamento permissivo. La normativa ebraica la consente, se questa avviene fuori del corpo umano, ma è vietata la produzione di embrioni esclusivamente per la ricerca. E’ permesso utilizzare quelli che risultano eventualmente in soprannumero. Comunque è sempre richiesto il consenso informato degli interessati ed è sempre necessario provvedere ad effettuare controlli molto severi.
E’ consentita la ricerca scientifica finalizzata alla prevenzione e alla trasmissione di malattie genetiche. Qualche breve cenno sull’aborto. Nelle fonti tradizionali sono numerose le osservazioni sull’argomento. Per la normativa è proibito causare la morte di un feto mediante pratiche abortive, ma questo non rientra comunque nella categoria dell’omicidio poiché i diritti dell’essere umano in quanto tale si determinano solo al momento della nascita. Il feto è considerato dal punto di vista legale ebraico come parte organica della madre, per cui l’aborto può anche avere conseguenze giudiziarie in chi lo pratica per le eventuali lesioni causate alla madre.
La Mishnà, compendio di norme successivamente commentate dal Talmud, parla di aborto per motivi medici e sostiene che, se una donna ha difficoltà nel partorire e rischia la morte, si può intervenire sopprimendo il feto perché la vita di lei è considerata come certa e prevale sulla vita del feto che, invece, è soltanto una vita in potenza. Questo a condizione che il bambino non sia fuoriuscito in gran parte dal corpo materno.
Vorrei concludere ricordando che la normativa ebraica tutela la vita fin dalle origini, ma il livello di rispetto varia a seconda delle circostanze e dei tempi. E’ solo con la nascita che si può parlare di vita effettiva e non di vita in potenza.
Le problematiche, come s’è accennato, sono molteplici e complesse e vanno affrontate con rigore, competenza e cautela.