20/02/2009 – Medici-rabbini, un convegno a TorVergata – Giorgio Coen

L’ argomento del convegno tenuto all’Università di TorVergata a fine settembre 2008 riguardava un tema di storia ebraica di grande rilevanza, concernente la figura del medico-rabbino nei secoli.
Il tema potrebbe essere scisso in due settori. Uno riguardante la grande importanza che la medicina ha sempre avuto nella cultura ebraica da tempi molto antichi e che si ricollega alla formazione intellettuale tradizionale. L’altro e’ lo studio delle eminenti figure di medici-rabbini del periodo medioevale, ma che volendo possono essere rinvenute quasi fino ai nostri giorni, personaggi celebrati e ricercati dagli stessi ambienti clericali che per altri versi erano in prima fila nel fomentare e tramandare la cultura dell’antisemitismo. Gli stessi medici rabbini erano personaggi accolti anche nelle corti dei regnanti e dei potenti d’Europa.

La prima parte attiene alla propensione per la prevenzione e la cura del nostro prossimo come si deduce dai testi biblici e postbiblici, dalla importanza dell’igiene, della purezza non solo spirituale ma anche corporea e fisica, tanto presente nelle normative dei precetti. Pertanto si può affermare che la medicina nasce come esigenza religiosa che regola i rapporti tra i singoli individui, come richiesto dal D-o unico e padre. Tuttavia non si può dire che esista una medicina specificamente ebraica.
Mentre esiste una visione ebraica dell’uomo e della vita umana, che sottende l’esercizio della medicina e la rende peculiare. Le norme di derivazione religiosa, tra cui quelle alimentari della casherut e quelle basate sul concetto di purità, in senso quantomai ampio, ma comprendente anche il netilat-yadaim, hanno costituito per secoli la premessa dell’igiene individuaIe e collettiva dell’ebraismo, elemento fondamentale della prevenzione in medicina.

Successivamente, nei secoli, gli ebrei dediti alla medicina, forti della loro cultura biblica e postbiblica, vennero in contatto con la medicina greco-romana, le cui figure cardine sono Ippocrate, Dioscoride e Galeno, assimilandone i contenuti spirituali e tecnici. E’ del II secolo il famoso Ben Sirah che nei suoi scritti aveva affermato che pur essendo D-o signore del creato e della salute di ognuno, tuttavia aveva anche creato piante medicinali con cui i medici avevano facoltà di curare. L’aiuto richiesto dal malato al medico era di usare i mezzi terapeutici disponibili, in nome di D-o. Da cui una legittimazione della fede unita alla ragione con una apertura all’approccio razionale alla medicina. In seguito gli ebrei assimilarono anche la cultura medica prodotta dal mondo arabo-islamico, in parte di derivazione greca, e come conoscitori della lingua e della cultura araba con cui convissero in relativa libertà, costituirono un fondamentale elemento di trasmissione del sapere medico scientifico verso il mondo europeo cristiano.

La convivenza feconda con il mondo musulmano durò alcuni secoli, durante i quali nel mondo cristiano vigeva invece l’editto giustinianeo del 537 che privava gli ebrei della libertà religiosa e dei diritti civili . Numerosi sono i personaggi di medici-rabbini che operarono in quei secoli. La scuola medica salernitana, in territorio dell’Italia longobarda specie nel sud, meno vessatoria per gli ebrei rispetto all’Italia bizantina, fiorì attorno all’anno 1000 e vide molte figure di medici ebrei tra cui Shabetai Donnolo, nato ad Oria dove da bambino era stato rapito da incursori saraceni e poi rilasciato. Per curiosità si ricorda anche come importante presenza della scuola salernitana, una donna medico, dal nome di Trotula, forse una tra numerose donne ebree che praticavano la medicina con particolare riguardo alla ginecologia ed all’assistenza al parto.

Una delle figure di medico-rabbino oltre che di filosofo di ampia cultura fu Maimonide (1135-1204), nato a Cordova in Spagna, ma che visse a lungo a Fez in Marocco e poi al Cairo, dove esercitò la professione medica ed allo stesso tempo scrisse importanti testi di esegesi biblica e di filosofia ebraica. Divenne medico del Saladino e da lui quindi nominato capo della comunità ebraica. La sua discendenza per alcune generazioni mantenne il prestigio culturale ed il ruolo istituzionale avito. La figura di Maimoide rimane fondamentale come di esempio di quelle virtù che hanno permesso al popolo ebraico di resistere a distruzioni e deportazioni, all’esilio in paesi lontani, perseverando nel trasmettere la propria identità, estendendo le proprie conoscenze, imparando ed insegnando i tratti fondamentali della propria cultura, cercando di dare un senso alla vita.

La vita dei medici ebrei nella Europa cristiana fu quantomai dura ed insicura per le legislazioni antisemite, fortemente limitanti di ogni diritto, con la necessità per gli ebrei di frequenti spostamenti da città a città, da paese a paese, quando le condizioni di vita divenivano intollerabili. Eppure i medici ebrei, spesso rabbini, seguitarono per molti secoli ad essere considerati e stimati ed accolti anche dalle alte cariche ecclesiastiche e dai potenti del tempo. Per alcuni secoli gli ebrei detennero la cultura derivante dalla conoscenza delle lingue fondamentali quali l’arabo e le lingue classiche. In quei tempi non era ancora iniziato il progresso scientifico e delle conoscenze in campo medico. Per cui detenere una cultura medica ed i testi in lingua originale dava una certa superiorità anche rispetto a chi poteva imparare frequentando le universita’. Gli ebrei non potevano andare all’università ed ottenevano il diritto ad esercitare la medicina sostenendo da esterni esami abilitanti. Ma almeno dal 1600 lo sviluppo scientifico era in atto e non potere frequentare corsi universitari era molto penalizzante. Malgrado ciò a lungo i medici ebrei erano i preferiti.

Ricordare i tanti nomi importanti della medicina ebraica non e’ possibile in questo breve scritto. Ma i nomi sono tanti, anche per l’Italia ed a Roma in particolare. Di questi vorrei ricordare solo alcuni. Durante la peste del 1656-57 operò a Roma il medico Yacob Zahalon che svolse una funzione importante nel ghetto di Roma e nel lazzaretto apposta creato per gli ebrei appestati, che vi morirono in grande numero. In Italia fino all’800, specie nello stato vaticano, l’università poteva essere frequentata solo per speciale concessione del papa. Come avvenne per il medico e rabbino, epidemiologo e pioniere della vaccinazione, Benedetto Zevi, laureatosi in medicina prima della caduta dello stato pontificio, laurea ottenuta come di consueto dopo aver giurato di assistere professionalmente solo i propri correligionari. Le somiglianze con le prescrizioni delle successive leggi razziali sono del tutto evidenti. L’ultima importante e luminosa figura di medico ebreo che ritengo giusto ricordare in questa sede e’ una donna, Lucia Servadio Bedarida, nata nel 1900 ad Ancona e morta a 106 anni. Laureatasi agli inizi dello scorso secolo in medicina, le leggi razziali la portarono lontano, nel Marocco dove esercitò la medicina nel mondo islamico di Tangeri, lasciando molti ricordi ed affetti. Un recente convegno durante la giornata della cultura ebraica ne ha celebrato il ricordo.

Giorgio Coen